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Con la legge della confisca degli ori e argenti appartenenti alla Chiesa, nella Sacrestia di San Domenico vennero raccolte 102 libbre pari a 33 kg di preziosi, ma gran parte dei quali (66 libbre e 6 once) appartenevano alla confraternita del SS Rosario che aveva sede nella chiesa domenicana. Tuttavia la neonata Repubblica Ligure aveva bisogno di più e con la legge 120 ("intorno alla traslocazione e soppressione de' Conventi de regolare e delle Monache") le strutture ecclesiastiche dovevano essere confiscate, stimate e messe subito all'asta. In città la notizia si sapeva da prima, grazie a uno dei due cittadini municipalisti, Michelangelo Gianeri o Gianero, che erano stati eletti nel Consiglio dei Giuniori. Questo personaggio fu uno dei vertici politici dalla città per diversi anni, nato a Salea l'11 febbraio del 1759, figlio di Gio Battista Gianeri e di Maria Maddalena Durante, iscritto nel 1784 al collegio medico di Genova, durante l'antico regime Gianeri era stato più volte al servizio del comune come medico condotto e ricoprendo anche cariche pubbliche come rappresentante della città, allo scoppio della rivoluzione fu un entusiasta sostenitore e quando venne eletto si distinse durante le adunanze del Corpo Legislativo come uno dei più radicali contro la nobiltà e il clero da lui accusati di cospirare contro la Repubblica Ligure, anche se fu sempre estremamente cosciente nelle sue scelte, grazie anche ad amicizie nel Direttorio, dove venne nominato per pochi mesi nel 1799 e così aveva sempre notizie fresche da far arrivare ad Albenga). Ad Albenga si ci stava preparando per questa confisca, identificando in San Domenico il sito migliore dove concentrare tutti i monaci dei vari ordini presenti nella città "come più comodo per maggiori locali e confacente al culto divino"; tant'é che il 19 ottobre la municipalità inviò una lettera al Direttorio Esecutivo dove chiedeva il Complesso per tutti i frati. La legge era fatta che solo i complessi con più di 12 frati potevano restare aperti, considerando che c'erano in città e fuori, conventi con tre o quattro frati. Si procedette a fare la stima di tutte le proprietà, e tale valore doveva essere la base per l'asta di vendita. I Domenicani possedevano un valore complessivio di 63'500 lire, di a Vadino 12'366, la terra di San Pietro 1652 lire, la Morella 3013 lire, Massaro 1027 lire, il Chioso 700 lire e il prato dell'Acquafredda a Salea. Dentro le mura avevano un gruppo di case nel quartiere di Torlaro per un valore di 2000 lire. I primi di Gennaio del 1799 arrivarono in comune le prime offerte di appartenenti alla ex-nobiltà o alla ricca borghesia, quali Vincenzo Rolandi, Antonio ricci, Massimiliano Spelta e lo stesso Gianeri. La vendita fu complicata e si ci mise mesi o anche anni per arrivare alla fine, ma si arrivò al milione di lire che era l'obiettivo della Repubblica. Tuttavia per il direttorio non era abbastanza e il 2 luglio del 1799 arrivò la comunicazione che entro 15 giorni gli ultimi frati dovevano abbandonare il convento, cosa che avvenne il 20 dello stesso mese, con gli ultimi tre frati rimasti che abbandonarono il complesso per sempre, facendo ritorno alle proprie case o in altri conventi rimasti aperti. Tuttavia il Comune non lasciò proprio cadere l'edificio, ma diede la custodia della chiesa a Don Domenico Anfosso, parroco di Santa Maria in Fontibus che era stata occupata nel frattempo dall'esercito francese. L'immobile viene in parte acquistato dal Comune nel 1906 per 30'000 lire per diventare sede delle scuole elementari, che erano sparse in più zone delle città. Ma solo nel 1912 il prefetto di Genova autorizzò l'amministrazione comunale a procedere in tal senso. Nel 1913 iniziarono i lavori volti a rendere idoneo l'edificio ad ospitare le scuole, con la demolizione dell'avancorpo con terrazza su piazza San Domenico, la demolizione e realizzazione di nuove tramezze, la creazione di nuove latrine, aperte finestre più ampie. Da questo momento l'antico monastero diventa sede scolastica, mentre l'antica chiesa resta di proprietà privata. Vennero trasferite qui le scuole elementari maschili, ma solo per pochi anni, difatti nel 1913 arriva il titolo di scuola pareggiata per la scuola tecnica alla quale si doveva dare una degna sistemazione, che fino ad allora era in aule di fortuna all'interno del Collegio Oddi. La scuola tecnica, intitolata a Goffredo Mameli, aumenta gli iscritti in pochi anni arrivando ad occupare l'intero edificio, si rende necessario fare nuovi ampliamenti, e pertanto viene demolito l'antico chiostro verso le mura per costruire un fabbricato a due piani dove nella parte sopra era presente un'aula da disegno mentre al piano terra un magazzino destinato all'uso del Comune. La scuola tuttavia era senza palestra, e pertanto venne ipotizzata di realizzarne una all'interno del chiostro, cosa che non venne fatta, tuttavia questo veniva utilizzato per attività sportive e ribattezzato campo ginnastico. Solo nel 1968 il fabbricato costruito quarantanni prima venne trasformato realizzando una palestra. La Mameli fino al 1965 aveva sede in San Domenico, restando sotto vari nomi: nel 1923 era la scuola complementare, poi nel '28 scuola d'avviamento professionale e solo nel 1962 divenne scuola media unificata. Per la forte ondata migratoria dal sud Italia del dopoguerra, ad Albenga servivano nuovi spazi, pertanto i bambini delle elementari vennero trasferiti in San Domenico, mentre quelli delle scuole medie vennero mandati in affitto nei locali dei frati di Pongelungo. Nel 2012 presso San Domenico viene ospitata una scuola d'arte. Nel 2016 vengono ancora fatti dei lavori di manutenzione, e installato un nuovo ascensore per l'abbattimento delle barriere architettoniche ma a causa delle cattive condizioni e della mancanza di sicurezza, con alcune volte in canniccio che si sgretolano sotto il peso dei secoli, viene reso inagibile e chiuso. Nel 2021 vengono eseguiti i lavori di restauro delle facciate. L'edificio si basa sulle regole architettoniche emanate dall'Ordine, cioè caratterizzato da edifici semplici sviluppati attorno a una vita monastica. Il complesso viene generato nel corso dei secoli, con l'acquisizione delle aree nel XIII secolo e i successivi sviluppi storici che hanno portato ad accrescere il complesso. L'edificio si sviluppa attorno a un chiostro centrale, punto di passaggio tra la chiesa e le altre aule del monastero. Oggi il Chiostro è andato in parte distrutto e in parte è stato chiuso ma si vedono ancora le tracce delle colonne sulle pareti esterne. La Chiesa un tempo era girata nel verso opposto, ma nel corso del 1600 vennero realizzati importanti lavori per i quali venne cambiato il verso stesso della Chiesa. È ancora presente la torre campanaria, anche se abbassata a causa del terremoto del 1887 disegnato ancora da Clemente Rovere nel 1844. L'invaso della chiesa venne trasformato in complesso abitativo con la parziale demolizione delle mura, alcune delle quali vennero sopraelevate. Solo l'abside e la cappella laterale sinistra sono ancora parzialmente visibile. Viene invece conservato l'antico portale d'ingresso sull'omonima piazza. Alcune delle colonne interne della chiesa sono ancora parzialmente visibili anche se inglobate in murature costruite successivamente; in special modo sono ancora visibile due di queste all'interno di un locale, dove si vede il capitello in pietra di Cisano ornato con foglie a crochet. A seguito della confisca da parte della Repubblica Ligure nel 1798 il complesso viene convertito in abitazioni e magazzini e in parte ad uso del Comune come scuola, mentre il chiostro è utilizzato come parcheggio per auto. Gli interventi di manutenzione realizzati dopo il XIX secolo sono stati estremamente pochi, tanto che oggi è in una situazione precaria. Esternamente è presente una fontanella di acqua pubblica.