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Il complesso di San Domenico è un gruppo di edifici di Albenga, sviluppatisi a partire dal 1200 dove era presente un antico monastero, diventato poi convento e infine istituto scolastico. È stato il terzo insediamento in Liguria dai parte dei frati domenicani dopo quelli di Sarzana e di Genova, fondato intorno al 1288 per cinque secoli è stato un centro di spiritualità e di cultura, dove avevano cappelle le importanti famiglie cittadine, e dove gli stessi seppellivano i loro defunti. La presenza di un'intensa attività culturale arriva dalle figure di Santi affrescate, da una Madonna con Bambino, bassorilievo marmoreo, il raro incunabolo della Naturalis Historia di Plinio, oggi alla Biblioteca Universitaria di Genova, esternamente sono state riportate alla luce e restaurate nel 2009 degli affreschi: il fondatore S. Domenico, il beato Guido Maramaldi da Napoli e S. Margherita d’Ungheria. La struttura è complessa attualmente, dovuta a un processo edificatorio lungo secoli, con la realizzazione di una chiesa e di un palazzo per la residenza dei frati, collegati da un chiostro sui 4 lati, oggi andato in parte perso, ma del quale se ne può trovare tracce dalle arcate chiuse. Il complesso è sorto all'interno dell'antico quartiere di San Siro, addossato alle mura della città, dove sorgeva già un'antica chiesa medievale a tre navate, orientata ad est con quattro ingressi, due sul chiostro per l'ingresso dei frati e due sul lato opposto per il popolo. Nel XVII secolo vengono fatti importanti trasformazioni, l'altare maggiore venne trasferito ad ovest vicino alla mura cittadine, in testa alla navata cioè rivolo su piazza San Domenico viene realizzato un rosone, vennero realizzati due tiburi di cui uno andato distrutto, venne realizzato un nuovo portale rivolto ad est con due colonne di granito di reimpiego, che ancora sono presenti nell'attuale San Domenico, e venne realizzato un nuovo coro nel 1653 andando ad appoggiarsi alle mura cittadine. Era presente anche una torre campanaria, con una trifora che la si può vedere in molti dipinti, ma tuttavia mozzata a seguito del terremoto del 1887. Fino al 1703 all'interno del chiostro era presente un cipresso che secondo la tradizione era stato piantato dal fondatore dell'Ordine stesso durante il suo pellegrinare per l'Europa, oltre che essere legato alla cittadina in quanto uno dei fondatori dell'Ordine Domenicano in Lombardia, nella basilica di Basilica di Sant'Eustorgio era Robaldo da Albenga. Si sa della presenza certa dei Domenicani in città nel 1286, quando nell'elenco dei debiti del fu Tomaso Carlo, signore di Ortovero, manca un'oblazione ai fratribus predicatoribus. Nel 1287 i Domenicani di Albenga, ricevono una casa nel quartiere di Turlata (oggi Torlaro) da testamento di Berta de Iustenice, che ci indica la presenza ormai in pianta stabile e comunitaria in città da parte dei frati. Tale casa è venduta l'anno successivo per dieci lire, al fine di ampliare la loro sede ad Albingana. Nel 1302 ai Predicatori e ai Francescani viene concessa un'oblazione annua di 20 lire. Nello stesso anno Giovanna, vedova di Leone Trincheri, lascia in testamento a fra Bonifacio, guardiano dei frati predicatori, la somme di 30 soldi per una capa e 7 soldi e 6 denari pro missis canendis, questo è importante perché evidenzia la presenza in città di un luogo di culto usato dai frati per cantar messa; come diviene anche evidente dalla presenza del priore di Albenga nel 1303 al capitolo provinciale, stante a significare la presenza di un convento in pianta stabile. Nel 1363 si sa che è il cantiere per l'edificazione del nuovo luogo di culto è nel vivo, dove si annota il consumo di molto vino, a testimonianza di un gran numero di operai. Si trattava dell'innalzamento della chiesa oggi conglobata nelle abitazioni civili, dove restano visibili le colonne originarie e alcune tracce, è possibile che tale edificazione sia avvenuto sopra l'antico luogo di culto. Nel Comune di Albenga dall'inizio del 1407 si denota il pessimo stato di conservazione dei propri archivi, con documenti strappati, atti ufficiali portati a casa dai notabili, oltre che una parte mal tenuta, così si decide di creare una canzeleria comunale, anche questa con molte problematiche. Così nel 1514 durante la predica della quaresima, che era stata affidata a un frate Domenicano, si propone di istituire una libreria comunale, chiedendo al Consiglio una elemoxina per tale fine; si prodigano diversi cittadini, sopra tutti Paolo Costa, Gio Battista Ricci e Emanuele della Lengueglia. Il 8 novembre la domanda di ubsidium et ellemoxinam viene ripetuta dal Priore e così il 10 dicembre il Consiglio decide di concedere il sussidio di 12 lire, molto modesto. Il 29 novembre del 1539 il Consiglio Comunale presieduto dal commissario Stefano Cattaneo impone ai cittadini di depositare in San Domenico i protocolli dei notai defunti, i libri e le carte dove erano riconosciuti dei diritti o dei valori; questo permetterà di conservare l'archivio, che verrà trasferito in parte, ma che permette ai Domenicani di avere un'entrata fissa da parte del comune e far vivere il convento di vita propria, anche se la libreria non troverà così tanta fortuna. Nel XVI secolo il Convento diventa centro culturale, grazie a fra Gio Giacomo Salomonio che assieme ad altri intellettuali iniziò un percorso di ricerca e scoperta delle antiche epigrafi e della storia antica di Albenga e della Liguria. Nel chiostro di San Domenico si tiene l'11 febbraio 1545 la prima assemblea dell'Ordine Primo, o dei mercatores, cioè l'Ordine dei Nobili ingauni, probabilmente per la presenza del frate Salomonio e della cerchia culturale e di nobili che aveva fatto crescere attorno a sé. Morirà il 16 gennaio del 1572 venendo sepolto nella chiesa di San Domenico. l problema dell'archivio comunale non smette di assillare la città, che ha ancora una parte dei volumi conservati all'interno del piano terra della loggia del Palazzo del Comune; nel 1602 i frati si lamentano perché non hanno più spazio per contenere gli archivi, allora in accordo con l'Amministrazione Comunale, versa al Capitolo Domenicano 100 scudi, con i quali viene rifatto il tetto e viene aumentato lo spazio per gli archivi, di quella parte che allora era conservata nella sacrestia della Cattedrale e per la quale il comune pagava un contributo. Parte di tali archivi era spesso soggetta a attacchi di roditori o anche alla forte presenza di umidità. Nel 1653, durante la fase di lavori per il capovolgimento della Chiesa viene in vista il superiore Provinciale dell'Ordine, che decide di abbattere la scala che era stata appena costruita che dal chiostro accedeva ai nuovi locali dell'archivio. Questo fu un segno di rottura tra comune e convento, tant'è che l'amministrazione mise subito in mano la mossa di ritirare gli archivi e di sospendere qualsiasi tributo ai Frati. Intervenne il Generale dei Predicatori, la demolizione venne sospesa con il ritorno al programma di sistemazione della stanza dell'archivio, di cui se ne occupa il capomastro Benedetto Amerigo, che si era già occupato di trasformare il Palazzo Cazulini sorto sul Castrum medievale, nel monastero di San Tommaso, e che verrà pagato dal Comune per in constructione archivii in conventu Sancti Dominici. Il problema degli archivi si protrae e nei libri del Comune si vede sempre questa problematica tra gli archivi siti in San Domenico e quelli situati in altre parti della Città. Questo deposito di documenti viene spostato nel 1780 dalla antica sede alla sacrestia vecchia, ma in seguito alla confisca dei beni ecclesiastici durante l'epoca napoleonica, l'archivio viene spostato in Comune.