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Dall'analisi definitiva un costo importante lo aveva la manodopera, tuttavia non avendo altri documenti come quelli di Albenga in tutta la Liguria, è anche difficile il paragone. I lavori furono importanti e l'aspetto che aveva la fabbrica finita è rimasto sostanzialmente intatto fino ai giorni nostri. Resta esclusa dalla documentazione la guglia, che potrebbe essere fatta nei primi del quattrocento. Nel seicento un fulmine danneggiò in maniera poco significativa, ma venne ripristinato, mentre venne risistemato il sistema delle campane nel 1785 terminando nel 1790 con la rifusione della campana maggiore e la realizzazione di lavori murari legati alla cella campanaria e alla volta sottostante. Il 5 giugno del 1882 un fulmine si abbatteva sul campanile e nel 1888 si rinnovava la piramide con piastrelle bianche, rosse e verdi imitanti la dimensioni e colori di quelli precedenti. Qua le piastrelle vennero fatte a Milano dai Richard con materiali provenienti dall'Inghilterra. Terminato il campanile si inizia a lavorare sul nuovo coro, con impulso da parte del municipio, poiché si riteneva la chiesa estremamente degradata. Il 13 aprile del 1399 viene portato per la prima volta in consiglio comunale il problema della cattedrale, a già a fine di maggio lo stesso nomina due massari, che assieme a quelli della cattedrale, possano recuperare i crediti del capitolo stesso per riparare la chiesa. Non si conosce la volontà espressa in questi anni da parte del vescovo, rilevante il fatto che Girberto Fieschi che ricoprì la carica dal 1380 al 1419 governava solo tramite vicariati, lasciando il capitolo della Cattedrale a confrontarsi liberamente con il comune. Sopra il coro venne rifatta una parte di tetto, con il comune che concede un salvacondotto per acquisire dalla Riviera di Levante degli abayni (tegole di ardesia tipiche genovese). Avvennero anche altre trasformazioni, tanto che la cattedrale vende al comune una colonna e del legname per la costruzione della logga nel 1404. Tali lavori procedettero per diversi anni, tanto che nel 1420 Papa Martino V concesse al vescovo Antonio Da Ponte, la possibilità di vendere indulgenze durante le festività per riuscire a portare a termine la fabbrica. Dalla contabilità comunale risulta che dalle imposte del 1479 era stata prevista di investire la somma importante di 500 lire al massaro della Cattedrale Francesco Marchese se il capitolo avesse raddoppiato la somma investita nella cattedrale, tranne il caso che il municipio avrebbe potuto ritirare tale somma in caso di necessità, cosa che avvenne nel 1481 quando vennero edificate opere di difesa. Nel 1483 viene destinata la somma di 160 lire e 18 soldi pro fabrica ecclesie Sancti Michealis. C'è il bisogno di rifare la sacrestia, dove l'umidità non permetteva il mantenimento degli arredi e dei vestiti, ma il Comune non ci sente, anche se nel 1489 destina 20 fiorini per fare il progetto. Nel 1491 e nel 1499 se ne ridiscute, ma senza successo. In realtà dal Liber Massarie sappiamo che il comune destina fondi modesti, per i quali viene rifatta la porta di San Verano e per il borchono magno cioè la finestra tra le due lesene in facciata, oggi murata, dove nel 1509 vengono rifatti i vetri e la rete, assieme a due finestre del Sancta Sanctorum ad opera del frate Battista benedettino magister vitreorum; viene rifatto anche il portale della facciata. Solo nel secondo decennio del cinquecento viene rifatta la sacrestia, esattamente il 30 gennaio del 1513 il conto del capitolo prevede pro fabrica sacristie magne et parve et camararum dicti capituli. Il comune contribuisce con la somma di 500 lire con la clausola che nella nuova fosse installato lo stemma del comune. Nei restauri avvenuti nel 1989 che la portarono allo stato originale, comparvero sulla sommità da due chiavi di volta in ardesia uno con lo stemma del vescovo Marchese e l'altro con quello del comune. Nel portico della cattedrale erano presenti numerose tombe, come tra la cattedrale e il battistero e dietro l'altare maggiore, dove è stato identificato il cimiterum puerorum o paraize (paradiso). Nella documentazione si parla anche della pigna anche se non si sa esattamente dove e cosa fossa. Con Napoleone Fieschi si ha la realizzazione di un nuovo altare dedicato a Sant'Ampelio e la traslazione delle reliquie di San Verano avvenute nel 1460. La famiglia ingauna dei Cepolla si inserisce in questo nuovo fervore per il culto di San Verano, andando a realizzare una nuova cappellania con il contributo anche del Comune per 80 lire nel 1488 in laborerio troinarum Sancti Verani che prova abbellimenti e che ci spiega che la forma era come un avancorpo all'interno della navata laterale. All'epoca la città era divisa in associazioni di arti e mestieri, le caritates, in cui lo scopo era quella di darsi soprattutto reciproca assistenza, ognuna di queste aveva un altare di riferimento in cattedrale: i notai erano devoti a San Marco, i mercanti alla Trinità, gli orefici e fabbri ai Santi Eligio e Ampelio, osti e fornai a Sant'Antonio, mentre calzolai e conciatori ai Santi Crispino e Crispiniano. In quest'epoca il grande organo ebbe bisogno di un sostegno per evitarne il crollo e nel 1549 il capitolo acquistò una colonna che un secolo dopo venne demolita. Grazie alle molte testimonianze documentali, sappiamo una forte presenza di altari disseminati nelle ali laterali, ma che non uscivano da questi, alcuni avevano dei cancelli e una parte di strutture esterne rialzate o con colonnati e timpani, erano presenti dipinti e polittici, anche se non si trovano tracce di affreschi anche se questi sono presenti dietro l'altare maggiore e sono databili per quest'epoca; erano presenti diverse tombe vicino agli altari di riferimento, vicino all'altare maggiore, come in mezzo alla chiesa o vicino al coro. Solo con il rifacimento successivo, ad opera del vescovo Luca Fieschi, gran parte di queste letture artistiche si sono perse.