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Il santuario di Maria Santissima della Rotonda ('a Ritonna in dialetto albanense), anticamente noto come Santa Maria Maggiore, è un importante santuario mariano del Lazio, situato nella città di Albano Laziale, in provincia di Roma, nell'area dei Castelli Romani. Il santuario occupa un antico edificio rotondo di costruzione romana risalente al I secolo, ricollegabile alla villa di Domiziano a Castel Gandolfo, che fu anticamente un ninfeo o, secondo altre ipotesi, un tempio. L'edificio venne convertito ad uso cristiano all'epoca di Costantino il Grande o nel periodo tra il IX e l'XI secolo. Probabilmente gestito nei primi secoli della sua esistenza da religiosi di rito bizantino, fu retto da suore agostiniane dal Trecento fino al 1444 e in seguito venne assegnato ai religiosi girolamini della basilica dei Santi Bonifacio ed Alessio all'Aventino in Roma, che lo tennero fino al 1663, anno in cui il santuario fu acquistato dalla diocesi suburbicaria di Albano allo scopo di installarvi il seminario vescovile. Tra il 1708 ed il 1799 la direzione del seminario e del santuario passò ai padri Scolopi. Da allora, il santuario è di proprietà diocesana ed è aggregato alla parrocchia della basilica cattedrale di San Pancrazio. Oggi è schedato tra i monumenti architettonici tutelati del Lazio. L'edificazione dell'edificio a pianta perfettamente cubica all'interno della quale è inscritta una sfera, che in seguito sarà adibito a santuario, viene collocata da tutti gli studiosi in età imperiale, sotto il principato di Tito Flavio Domiziano (81 - 96). Tuttavia, sorgono divergenze sulla funzione che avesse questa struttura così imponente nel complesso della monumentale villa di Domiziano a Castel Gandolfo, che abbracciava praticamente l'intero cratere del Lago Albano ed aveva il suo centro residenziale in corrispondenza dell'attuale Villa Barberini, nel complesso extra-territoriale delle ville pontificie di Castel Gandolfo. La tradizione sosteneva che l'edificio fosse stato concepito come tempio dedicato alla dea Minerva, poiché l'imperatore Domiziano era molto devoto a tale divinità ed è attestato da alcuni autori classici che nell'Albanum Domitiani -ovvero nella villa domizianea- si celebravano le Quinquatria, solenni feste in onore di Minerva. L'archeologo Giovanni Battista de Rossi sostenne che l'edificio fosse un tempio dedicato al Sole ed alla Luna -Solis et Lunae-, ma lo studioso Giuseppe Lugli afferma che non aveva potuto appurare perché il de Rossi avesse fatto questa affermazione, ed in più sostiene che l'edificio non ha la pianta di un tempio romano ed inoltre non poteva neppure essere un impianto termale, ma, procedendo ad un confronto con altri edifici romani a pianta circolare inscritta in un quadrato, arriva alla conclusione che il santuario della Rotonda in età domizianea nacque come ninfeo. L'opinione moderna più comune, alla luce degli scavi archeologici e dei restauri del 1935-1938, è proprio che la costruzione sia stata un ninfeo isolato ai margini della tenuta imperiale. Con la fondazione dei Castra Albana (gli accampamenti fortificati della Legio II Parthica, sorti attorno al 197 durante il principato dell'imperatore Settimio Severo), l'antico ninfeo venne riadattato probabilmente a luogo di culto pagano: ciò sarebbe testimoniato da un'ara di culto in peperino ritrovata durante gli scavi del 1935-1938 al livello del pavimento severiano, leggermente rialzato rispetto a quello domizianeo. Dopo l'età severiana, con il crollo di alcuni edifici circostanti e l'abbandono progressivo, il futuro santuario iniziò ad interrarsi progressivamente. Nel corso dello sterro degli anni trenta, venne ritrovato uno strato di terra mista a semi di grano: ciò farebbe pensare ad una sopravvivenza di culto pagano negli ultimi secoli dell'impero ed escluderebbe che sia immediatamente avvenuta la consacrazione a chiesa cristiana al tempo di Costantino il Grande. Quest'ultima avrebbe avuto luogo solo più tardi, ad opera di religiosi orientali attorno all'VIII secolo. È opinione diffusa che il santuario cristiano venne fondato da religiosi di rito orientale dediti all'iconodulia fuggiti dall'Impero bizantino in un'epoca in cui imperversava l'iconoclastia. A tutti gli effetti, l'immagine della Madonna della Rotonda è un'opera occidentale databile tra VI ed VIII secolo o tra l'XI ed il XII secolo; e i primi reperti di età medioevale rinvenuti durante gli scavi archeologici nel santuario sono frammenti di decorazione marmorea a treccia riferibili al periodo tra il IX ed il X secolo. La prima consacrazione del santuario di cui si abbia memoria avvenne ad ogni modo il 7 dicembre 1060, regnante papa Niccolò II: la chiesa venne intitolata in greco antico alla Santissima Madre di Dio. Nella consacrazione, il cardinale vescovo Bonifacio con l'arcidiacono Gregorio si premurarono di far murare nell'altare maggiore del santuario un frammento di carta a memoria della consacrazione stessa, assieme a numerose reliquie appartenenti a san Savino, san Silvestro I papa ed ai santissimi Giovanni e Paolo. Il frammento cartaceo, assieme alle reliquie e ad una lapide marmorea con un'iscrizione in greco antico, venne rinvenuto durante la ricognizione dell'altare effettuata prima della seconda consacrazione del santuario, nel 1316. Tuttavia, il documento ufficiale più antico in cui viene menzionato il santuario di Santa Maria della Rotonda è una lettera di papa Celestino III del 16 dicembre 1195, nella quale si parla di un terreno «positi in territorio Albanensi in Caccabellis» confinante su un lato con «S. Maria Rotunda de Albano». Non è chiaro chi gestisse il santuario in questo periodo. Il Galletti ha ipotizzato con cautela che il santuario potesse essere appartenuto all'abbazia di Santa Maria di Grottaferrata, che aveva numerosi beni nel territorio albanense; tuttavia, stando al materiale di archivio superstite, si può pensare che la chiesa fosse retta all'inizio del Duecento da un arciprete alle dipendenze della diocesi suburbicaria di Albano e all'inizio del Trecento da un cappellano alle dipendenze delle suore agostiniane. L'8 settembre 1316 il santuario venne nuovamente consacrato, dietro richiesta della badessa del convento delle suore agostiniane, suor Agnese. La celebrazione, in occasione della quale venne effettuata una ricognizione delle reliquie poste nel 1060 all'interno dell'altare maggiore, fu presieduta da Nicola vescovo di Tortiboli. Il santuario, nel corso di tutto il Trecento, fu oggetto di abbondanti donazioni da parte di gente comune, ed anche di cittadini romani, che arricchirono indiscutibilmente la comunità di suore che lo reggeva. Fu così che nel 1369 sorse una controversia tra il libero comune di Velletri da una parte, e dall'altra i monaci guglielmini della chiesa di San Paolo e le suore agostiniane della Rotonda, appoggiati entrambi dal cardinale vescovo di Albano, Angelique de Grimoard de Grisac. I due conventi infatti accusavano i velletrani di averli saccheggiati -ignoriamo il motivo- e pretendevano un risarcimento. Papa Urbano V, da Avignone, nominò il cardinale vescovo di Sabina Guillaume d'Aigrefeuille il Giovane giudice commissario per indagare sulla vicenda: ignoriamo come sia terminata la controversia. Nel marzo 1436 -o 1435- Albano, assieme a Castel Gandolfo, Castel Savello ed il Borghetto di Grottaferrata - tutti feudi della famiglia Savelli - fu rasa al suolo dalle milizie pontificie comandate dal cardinale Giovanni Maria Vitelleschi, durante una delle guerre tra papa Eugenio IV e le famiglie baronali romane. Successivamente, il 15 giugno 1444, le chiese ed i conventi distrutti e abbandonati furono concessi dallo stesso Eugenio IV ai religiosi girolamini della basilica dei Santissimi Bonifacio ed Alessio all'Aventino in Roma: tra essi, risulta anche il santuario della Rotonda con tutti i beni annessi e connessi. Nei primi anni del Seicento, ci fu un grande fervore nel realizzare abbellimenti e nuovi altari nel santuario. Tuttavia, già durante la visita apostolica di monsignor Marco Antonio Tommasi, nel 1661, venne certificata una situazione di abbandono del santuario, la cui giurisdizione spettava ancora ai monaci girolamini della basilica dei Santissimi Bonifacio ed Alessio all'Aventino. Così il cardinale vescovo della sede suburbicaria di Albano Giovanni Battista Pallotta decise di impugnare la costituzione apostolica Instaurandae regularis disciplinae emanata nel 1652 da papa Innocenzo X -«super soppressione parvorum conventuum, ac prohibitione erigendi novos» (ovvero «sulla soppressione dei piccoli conventi e sul divieto di erigerne di nuovi»)-: pertanto il 6 agosto 1663 la Diocesi acquistò dai girolamini il convento ed alcune abitazioni circostanti al prezzo di 1250 scudi. Nel 1667 il cardinale vescovo Ulderico Carpegna fece spostare la sede del locale seminario vescovile presso gli edifici acquistati dalla Diocesi accanto al santuario della Rotonda, dopo alcuni lavori di restauro. Ulteriori lavori all'interno del santuario furono effettuati con il finanziamento del cardinale vescovo Virginio Orsini nel 1673, il quale fece edificare la lanterna sull'occhialone centrale della cupola e fece rivestire di piombo la stessa.