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«Suona il citofono. Una voce di ragazza chiede “Mi può aprire? È un’inchiesta sulla lettura”. “Venga, primo piano”. Apro la porta sulla scala semibuia. La ragazza, bionda, con i jeans, attraente, è già sul pianerottolo. Appoggia una scheda su una cartella rigida. “Non vuole entrare?” le chiedo. “No, facciamo qui” mi risponde lei, svelta. “Ci sbrighiamo subito”. Deve avermi scambiato per un metalmeccanico in pensione. Quando lavoro in casa indosso la tuta e il fisico non è di quelli che si definiscono emaciati. Allargo le braccia: “Come vuole”. “Lei legge un libro all’anno?”. “Sì”, annuisco. “Regalato o acquistato?” chiede lei, pronta a segnare una crocetta sulla scheda. Non so che cosa rispondere. È una di quelle domande che un logico sceglierebbe per mettere in crisi un sistema. Regalato o acquistato. Lei non mi concede alternative, deve segnare una crocetta. “Facciamo regalato” taglia corto. Punta la penna sulla domanda successiva: “Ne legge almeno sei?” “Sì” annuisco. “Regalati o acquistati?”. “Tutte e due le cose.” Questa volta esita lei. Ignoro come siano fatti questi formulari. Devono seguire una logica binaria, che non prevede una terza via. Un po’ poco per una segnaletica della mente. “Facciamo acquistati” mi concede. È un po’ sorpresa. Passa alla domanda successiva: “Ne acquista più di sei?”. “Sì” annuisco. “Quanti?”. “Non lo so − esito. − Mi lasci pensare”. “Ci deve pensare?” si mette a ridere. “Certo” rifletto. “Diciamo almeno cento”. “Che cosa?” grida lei incredula. “In un anno?”. “No” le rispondo calmo. “In un mese”. Mi guarda sbalordita. Non sa se fidarsi o no. Chiede: “Mi fa entrare?”. “Gliel’avevo detto”, mi scosto per lasciarla passare. Lei si aggira trasecolata: libri in anticamera, libri in sala, libri in corridoio, libri per terra, libri aerei. Avanza nello studio presa dal panico: “Ma quanti libri ha?”. “Non lo so, ho affittato al piano di sotto un appartamento come questo per i libri”. Lei si porta la mano al viso. Cerco di rassicurarla: “È una pazzia, me ne rendo conto. In passato ho fatto molti debiti.” Mi chiede: “Posso sedermi?”. “Certo!”, le porgo una sedia. Si sta riprendendo. Osserva sgomenta le librerie: “Ma lei cosa fa nella vita?” Non so se è una domanda o un rimprovero. Le dico: “Leggo, come vede. E scrivo. Getta un’occhiata ai libri dietro ai vetri: “Sa che non ne ho mai visti tanti? Di solito le case dove vado non ne hanno. Questa mi fa paura!”. “Eppure dovremmo essere sulla stessa barca” le dico. “Infatti” annuisce lei. Non capisco che cosa voglia confermare con questa parola, ma intanto la accompagno in anticamera. Sulla porta si riprende. Sorride: “Sa che cosa le dico? Questa sera lo racconto alle mie amiche!”».