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In quei giorni il torrente diventò il mio terreno di esplorazione. C'erano due confini che mi era vietato superare: in alto un ponticello di legno, oltre il quale le rive si facevano più ripide e si stringevano in una gola, e in basso la boscaglia ai piedi della rupe, dove l’acqua proseguiva verso il fondovalle. Era il tratto che mia madre riusciva a controllare dal balcone di casa, ma valeva un intero fiume. Il torrente veniva giù a balzi, all’inizio, cadendo in una serie di rapide schiumanti, tra grandi massi da cui mi sporgevo a osservare i riflessi argentati del fondo. Più in là rallentava e si diramava, come se da giovane che era diventasse adulto, e tagliava isolotti colonizzati dalle betulle, dove potevo attraversare saltando fino alla sponda opposta. Oltre ancora un intrico di legname formava uno sbarramento. In quel punto scendeva un canalone, ed era stata la slavina, d’inverno, a tirar giù tronchi e rami che ora marcivano nell’acqua, ma io di queste cose all’epoca non sapevo nulla. Per me era il momento della sua vita in cui il torrente trovava un ostacolo, si fermava e s'intorbidiva. Ogni volta finivo per sedermi lì, a guardare le alghe che ondeggiavano appena sotto la superficie. C’era un ragazzino che pascolava le mucche nei prati lungo la riva. Secondo mia madre era il nipote della nostra padrona di casa. Portava sempre con sé un bastone giallo, di plastica, dal manico ricurvo, con cui spronava le mucche su un fianco per spingerle in giù verso l'erba alta. Erano sette pezzate castane giovani e irrequiete. Il ragazzino le sgridava quando se ne andavano per conto loro, e capitava che all'una o all'altra corresse dietro imprecando, mentre al ritorno risaliva il pendio e si voltava a chiamarle con un verso così : Oh, oh, oh, oppure Eh, eh, eh, finché loro, controvoglia, lo seguivano in stalla. Al pascolo si sedeva per terra e le controllava dall'alto, intagliando un legnetto con il coltello a serramanico. Non puoi stare lì, - mi disse, l’unica volta che mi parlò. Perchè ? - chiesi. Pesti l’erba. E dov’è che posso stare ? - Di là. Indicò l’altra sponda del torrente. Non vedevo come arrivarci, da dov’ero, ma non volevo chiederlo a lui né negoziare un transito sulla sua erba. Così entrai in acqua senza levarmi le scarpe. Cercai di star dritto nella corrente e di non mostrare alcuna esitazione, come se guadare i fiumi fosse cosa di tutti i giorni per me. Attraversai, mi sedetti su un masso con i calzoni fradici e le scarpe che gocciolavano, ma quando mi voltai il ragazzino non badava più a me. Passammo dei giorni, in quel modo, lui su una riva e io sull’altra, a non degnarci di uno sguardo.