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PAUSA PAUSA PAUSA PAUSA PAUSA PAUSA PAUSA PAUS APUA SAPAUSA PAUSA PAUSA PAUSA PUAS APUAS APUAS PAUSA PAUSA PUAS APUAS APU. Se qualcuno mi chiedesse cosa rappresenta per me il cinema, la mia risposta sarebbe molto lontana dal "mio desiderio segreto" o dal "mio grande sogno americano". Sembrano retoriche sdolcinate, e a me non piace la retorica dei sognatori, specialmente di quelli che mentono a se stessi. Quello che so con certezza è che negli ultimi tre anni il Cinema è diventato il motivo del mio più grande entusiasmo artistico e umano, nei termini in cui sento il desiderio di affascinare qualcuno, di persuaderlo benevolmente e di esprimere qualcosa che potrei definire propriamente "il mio (e solo mio) Cinema". Potete star certi che non ha nulla a che fare con i capricci isterici di un ragazzo fissato. Tutt'altro. Fin dall'inizio il cinema non è stato il mio "santo graal", perché ho dedicato dieci anni di amore-odio al pianoforte classico, al conservatorio di Milano. Terminato il secondo anno, ero sempre meno attratto dai virtuosismi di Franz Liszt e sempre più affascinato dai gangster di Scorsese. Così ho iniziato a muovermi esclusivamente in questa direzione, facendo quello che qualsiasi autodidatta entusiasta farebbe in questi casi: guardando molti film, leggendo libri, ascoltando interviste a registi famosi, leggendo le sceneggiature dei miei film preferiti e provando a scriverne una io stesso. Niente di eccezionale, suppongo, ma c'è di più. Queste attività hanno innescato in me la connessione con i miei istinti primordiali, ed è strano, perché questo era accaduto solo una volta in precedenza: quando ero bambino, disegnando i miei fumetti e sognando ad occhi aperti che miei personaggi prendessero vita propria, seduto dietro un banco alle elementari. Quando ho lavorato come assistente di produzione sul mio primo set: un film di un regista italiano: Donato Carrisi, ho imparato per la prima volta a interfacciarmi con il mondo reale e a smettere di pensare come un romantico idealista in stato di grazia. Così ho iniziato a scrivere la mia prima sceneggiatura, mentre cercavo di mettere da parte i soldi del mio lavoro di cameriere per le riprese, impaziente di capire cosa avrei imparato dagli errori del principiante, e di mettere in piedi la mia "prima formazione cinematografica". Nel frattempo, a causa dei miei numerosi impegni extrascolastici, ho perso un anno di università. Innumerevoli volte ho pensato di abbandonare gli studi per dedicarmi esclusivamente alla sceneggiatura e alla regia, temendo di perdere tempo. Poi ho meditato sull'idea che il cinema e la musica sono del tutto complementari e ho imparato a leggere gli studi come parte essenziale del mio percorso. La musica classica mi ha tolto troppo in questi anni e ha represso i miei forti istinti naturali. Per questo credo che il cinema possa darmi la possibilità di sentirmi parte di qualcosa per cui valga la pena vivere. Credo fermamente nel grande beneficio dell'esperienza relazionale e nell'importanza di confrontarsi con persone che hanno lo stesso obiettivo, osservandone le stranezze e le tragedie. A proposito, non potrei essere più d'accordo con Bukowski. "Le persone sono il miglior spettacolo del mondo. E non si paga nemmeno il biglietto".