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ZYGMUNT BAUMAN - LA SOCIETA' DELL'INCERTEZZA. INTRODUZIONE - IL DISAGIO DELLA POSTMODERNITÀ. "Il disagio della civiltà" di Sigmund Freud :il libro riguarda la storia della modernità; solo la società moderna era in grado di pensare se stessa come fermento «culturale» o «civilizzatore» e di agire sulla base di questa autocomprensione producendo gli esiti che Freud si proponeva di indagare; per questo motivo, l'espressione «civiltà moderna» è pleonastica.) Nello scambio, qualcosa si guadagna e qualcosa va irrimediabilmente perduto. Come «cultura» o «civiltà», la modernità ha a che fare con la bellezza, la pulizia e l'ordine. Gli esseri umani non hanno alcuna predisposizione «naturale» a ricercare e preservare la bellezza, a fare le pulizie e ad osservare la routine dell'ordine. Si tratta sempre di una inclinazione inventata, acquisita e "coltivata" a seguito di un processo di incivilimento. Gli uomini devono essere costretti a rispettare e ad apprezzare l'armonia, la pulizia e l'ordine. La loro libertà di agire sulla base di impulsi deve essere limitata e sottoposta a restrizioni che offrono protezione alla sofferenza ma generano ulteriore tormento. «La civiltà è costruita su una restrizione delle pulsioni». La civiltà, «impone grandi sacrifici» alla sessualità e all'aggressività dell'uomo. La vita civile, così dice Freud, propone in una unica soluzione, piaceri e sofferenze, soddisfazione e disagio, obbedienza e ribellione. La civiltà è un compromesso continuamente messo in discussione e da rinegoziare. Il principio di piacere è in questo caso ridotto in funzione del principio di realtà, mentre le norme definiscono chiaramente ciò che si deve intendere per «realtà». Ci sono alcune difficoltà intrinseche alla natura della civiltà in grado di resistere a qualsiasi tentativo di intervento. Freud parlava dell'ordine in termini di «coazione», «regolazione», «soppressione» o «rinuncia forzata». Il disagio, profondamente intrecciato alla modernità, nasceva da un «eccesso di ordine» e dalla sua inseparabile compagna: la morte della libertà. Esposta alla triplice minaccia della caducità del corpo, dell'incontrollabilità della natura selvaggia, e dell'aggressività del prossimo, la condizione di sicurezza richiedeva il sacrificio della libertà: prima di tutto, della libertà individuale di procurarsi il piacere. In una civiltà ripiegata sulla sicurezza, maggiore libertà significava minore frustrazione. In una civiltà che sceglie di limitare la libertà in nome della sicurezza, l'incremento dell'ordine implica la crescita della frustrazione. Il nostro, però, è un tempo di "deregulation". La coazione e la rinuncia combattono oggi la loro battaglia contro la libertà individuale senza avere garanzie di successo. Settant'anni dopo la stesura de "Il disagio della civiltà", la libertà individuale regna sovrana; gli ideali di bellezza, pulizia e ordine, oggi, come allora, devono essere perseguiti – e realizzati - attraverso sforzi, percorsi e volontà individuali. La modernità si propone di fondere il prezioso metallo di un «ordine puro» e di una «pulizia meticolosa» estraendo direttamente la materia prima dalla umana (troppo umana) ricerca di piaceri, sempre più numerosi e sempre più appaganti - una ricerca che un tempo era del tutto screditata e condannata come autodistruttiva. La libertà individuale, un tempo un peso e un problema (forse "il" problema) per tutti i costruttori dell'ordine, è diventata il vantaggio e la risorsa maggiore nel continuo processo di auto-creazione dell'universo umano. Nello scambio, i guadagni e le perdite hanno invertito le loro posizioni: "gli uomini e le donne postmoderni scambiano una parte delle loro possibilità di sicurezza per un po' di felicità". Il disagio della modernità nasceva da un tipo di sicurezza che assegnava alla libertà un ruolo troppo limitato nella ricerca della felicità individuale. Il disagio della postmodernità nasce da un genere di libertà nella ricerca del piacere che assegna uno spazio troppo limitato alla sicurezza individuale. Ogni valore per poterlo ottenere, si devono abbandonare e sacrificare altri valori. D'altra parte, quanto meno un valore è disponibile e tanto più si fa intenso il suo bisogno. Noi siamo fatti in tal modo da essere in grado di ricavare un piacere intenso solo dal contrasto e molto poco dal normale stato delle cose, perché «ciò che chiamiamo felicità [...] deriva dalla soddisfazione (di solito improvvisa) di bisogni che sono stati "accuratamente repressi" e per sua natura è possibile solo in quanto fenomeno episodico». Il valore della libertà esercita il fascino maggiore quando deve essere sacrificata sull'altare della sicurezza. Una condizione di libertà senza sicurezza non assicura felicità maggiore rispetto ad una sicurezza senza libertà. La rivalutazione di tutti i valori è un "momento" felice ed esaltante, ma i valori rivalutati non garantiscono necessariamente uno "stato" di beatitudine. Non ci sono guadagni senza perdite. Ogni accordo deve cercare l’equilibrio ottimale tra i due.