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CAPITOLO 5. LA GRANDE CRISI: ECONOMIA E SOCIETA’ NEGLI ANNI ‘30 Gli anni dell’euforia: alla fine degli anni ’20 il mondo sembrava in una fase di distensione: i rapporti tra le potenze diventano tranquilli e l’economia cresce trainata dalla grandiosa economia americana 1. Primato economico degli Usa: durante la guerra gli Stati Uniti non solo avevano aumentato la loro produzione ma avevano anche garantito una serie di prestiti ai paesi europei diventando così il primo paese esportatore di capitali. Superata la depressione post-bellica, a partire dal 1921 gli Stati Uniti conoscono una vertiginosa crescita economica grazie anche all’applicazione dei principi di Taylor e della sua catena di montaggio mobile su larga scala. Allo stesso tempo, però, il numero dei disoccupati è in lieve aumento proprio a causa degli sviluppi tecnologici e la conseguente minor necessità di manodopera umana. Allo stesso tempo, però, aumentava il terziario ed il settore dei servizi: gli Usa sono il primo paese dove gli impiegati nel terziario sono più di quelli del secondario 2. Cambiamenti di vita quotidiana: si diffondono negli Stati Uniti le automobili e gli elettrodomestici come il frigorifero e la radio grazie anche alla vendita rateale che rende accessibile quasi a tutti questi prodotti 3. Politica repubblicana e questione sociale: gli anni ’20 sono politicamente dominati dal partito repubblicano che attuano una politica fortemente conservatrice abbassando le imposte dirette e mantenendo la spesa pubblica molto bassa investendo poco nel settore sociale. In questo periodo la distribuzione dei redditi era fortemente sbilanciata e larga parte della popolazione non poteva avere accesso a tutta una serie di servizi. Inoltre, vengono adottate tutta una serie di misure contro l’immigrazione per evitare il mescolamento etnico e la diffusione di idee sovversive provenienti dall’Europa. Sono anche gli anni del Ku Klux Klan e del proibizionismo, introdotto nel 1920 perché si era convinti che il bere fosse un vizio di neri e proletari in genere. 4. Speculazione finanziaria: sono anche gli anni delle prime speculazioni nella borsa americana. Facili guadagni si potevano ottenere comprando azioni per poi rivenderle ad un prezzo maggiore sperando in una loro costante crescita di valore grazie ad una costante domanda 5. Fragilità del sistema economico: ma le basi dell’economia americana non erano così solide. La grande diffusione di beni di consumo durevole aveva ormai saturato il mercato interno e in questo senso viene in aiuto l’Europa ed il suo mercato in crescita. In pratica gli Stati Uniti con i loro crediti aiutavano l’economia europea e l’Europa con l’acquisto di prodotti americani aiutava l’economia degli Usa. Ma la maggior parte dei finanziamenti per l’Europa provenivano da banche private che a partire dal 1928 preferiscono sempre più investire nelle speculazioni a Wall Street che non in prestiti oltreoceano. Immediatamente l’economia europea rallenta e calano di conseguenza anche le esportazioni dell’industria americana. Ottobre 1929: all’inizio di settembre i titoli in borsa raggiunsero il loro massimo. Seguono giorni di incertezza in cui gli speculatori tendono a vendere per realizzare i guadagni fin lì ottenuti. Questa corsa alle vendite, che si verificò soprattutto alla fine di ottobre, causa il crollo dei titoli e di conseguenza la rovina di molti investitori. Le conseguenze sono diverse: 1. Ceti ricchi e benestanti: sono i primi ad accusare il colpo. I loro consumi quindi diminuiscono e ciò causa un forte rallentamento dell’economia americana con conseguenze su tutto il mondo 2. Protezionismo Usa: il governo americano cerca di correre ai ripari proponendo misure protezionistiche per proteggere la loro economia. Cessa anche l’erogazione di crediti all’estero. 3. Recessione globale: gli effetti del crollo di Wall Street si fanno sentire in tutto il mondo. Ovunque le fabbriche chiudono perché non hanno più commesse, i dipendenti vengono licenziati, il mercato interno diminuisce a causa delle ristrettezze economiche. 4. Europa: alla crisi produttiva e commerciale si aggiunge anche una crisi finanziaria. Molte banche di Germania ed Austria, infatti, sono costrette a chiudere e crolla anche la moneta nazionale. a. Gran Bretagna: il tutto a danno anche della Gran Bretagna che aveva investito molto in quei paesi. Le banche inglesi dovettero far fronte alla ingente richiesta di ritiro di capitali stranieri e alle molte domande di riconversione della sterlina in oro. Nel 1931, finite le riserve auree, si passa alla svalutazione della sterlina per cercare di facilitare le esportazioni. Il premier laburista Mac Donald decide di intervenire tagliando, tra le altre cose, il sussidio di disoccupazione. Ciò provocò le proteste di buona parte del suo partito. Mac Donald allora si accorda con liberali e conservatori formando un governo nazionale. la sterlina viene svalutata e si attuano misure protezionistiche che favoriscono il commercio nei paesi del Commonwealth. L’Inghilterra esce dalla crisi a partire dal 1934, in anticipo rispetto gli altri paesi b. Germania: la situazione non andava meglio, anzi perché si trattava di un paese legato ai prestiti internazionali. Il nuovo governo ottenne nel 1932 la sospensione del pagamento delle riparazioni che non vennero più pagate in seguito. c. Francia la crisi arrivò dopo ma durò più a lungo, fino al 1937 quando finalmente si decise di svalutare anche il franco. New Deal: nel novembre del 1932 il democratico Roosevelt vince le elezioni. Il suo programma non è chiaro ma il nuovo presidente ha capito che per vincere le elezioni bisogna diffondere un senso di ottimismo e di speranza nella popolazione. Roosevelt annuncia così il New Deal, più che un programma definito una nuova forma di governo che prevedeva una maggior presenza dello Stato nell’economia. Il tutto per migliorare sia l’economia che le condizioni sociali 1. Primi cento giorni: il dollaro viene svalutato per favorire le esportazioni, aumento dei sussidi di disoccupazione, ristrutturazione del sistema creditizio, concessione di crediti ai cittadini indebitati per estinguere le ipoteche sulle case. 2. Agricultural adjustment act (Aaa): si assicuravano premi in denaro a coloro che riuscivano a limitare la loro produzione agricola fermando così il fenomeno della sovrapproduzione. 3. National industrial recovery act (Nira): imponeva una concorrenza meno accanita ed un maggior rispetto dei diritti e dei salari 4. Tennessee valley authority (Tva): è un ente che ha il compito di controllare i fumi della valle del Tennessee per ricavarne energia idroelettrica a basso costo 5. Grandi opere pubbliche: con l’Aaa si arresta la produzione, calano i prezzi ma diventano molti i contadini disoccupati. Ecco allora che il presidente dà vita ad una serie di opere pubbliche per riassorbire in parte i disoccupati. È un gravoso impegno per lo Stato che aumenta così la propria spesa pubblica 6. Leggi sociali: a partire dal 1935 vengono varate una serie di norme per rendere più equa la società americana. Ecco allora l’assistenza statale per i più poveri e la pensione di vecchiaia per i lavoratori. 7. Limiti ed opposizioni al New Deal: la Corte suprema dichiara incostituzionali il Nira e l’Aaa ma Roosevelt, forte di una netta maggioranza fa passere comunque le leggi modificandole solo un po’. Per tutti gli anni ’30, comunque, l’economia americana non mostra grandi segni di ripresa e la iniezioni di denaro pubblico si fanno sempre più ingenti. Intervento dello Stato nell’economia: fino ad ora lo Stato era intervenuto nell’economia ma in conseguenza di specifiche situazioni come l’organizzazione della produzione in tempo di guerra. Ma a partire dal 1929 lo Stato si fa carico di nuovi oneri non solo come provvedimenti doganali e controllo dei prezzi ma anche come soggetto attivo: 1. Diversi interventi: gli Stati Uniti si cerca di potenziare la domanda aumentando la spesa pubblica e in Italia lo Stato assume il controllo diretto di alcune industrie. 2. Capitalismo diretto: l’intervento statale non mette però in discussione il modello capitalistico che aveva come fine ultimo il profitto. Adesso l’iniziativa dei privati, limitata a causa delle condizioni economiche generali, viene aiutata dallo Stato senza intaccare il principio di profitto privato 3. Keynes: la crisi del 1929 permetto all’economista di confutare alcuni dogmi economici precedenti in particolare il principio secondo cui il mercato raggiunge autonomamente un equilibrio tra mercato ed offerta garantendo la massima occupazione possibile. Keynes, al contrario, sostiene che il mercato da solo non è in gradi di raggiungere da solo questo equilibrio e per questo sono necessari una serie di interventi per limitare questa instabilità. È soprattutto lo Stato che deve aumentare la domanda espandendo la spesa pubblica abbandonando il mito del pareggio di bilancio ed utilizzando lo strumento del deficit di bilancio e con l’aumento della moneta circolante.