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prima, quindi un tantino pasticciata rispetto all'or- ganizzazione che è venuta dopo, ma dovevamo pur imparare. Insomma, li tirammo fuori dal campo di concentramento di Coreglia Ligure, dove i tedeschi imprigionavano coloro che erano destinati alla de- portazione. Li portammo in un convento di mona- che di clausura. Dopo una settimana, queste povere monache chiamarono il comandante: ' "Se li venga a riprendere, noi dobbiamo pregare, abbiamo le no- stre regole, questi litigano tutto il giorno e ci distur- bano". Così li smistammo, presso il comandante di Giustizia e Libertà di Piacenza e altrove, mettendo- li comunque tutti in salvo. I 24 aprile 1945 la Liberazione di Genova fu un caos spaventoso. Non c'era organizzazione, i parti- giani erano ancora in montagna, i pochi scesi in città erano andati a casa loro perché finalmente poteva- no mangiare un piatto di pastasciutta e dormire in un letto normale, com'è accaduto anche a me. Non ci fu nulla di trionfale. Le immagini che sono pas- sate alla storia sono di due mesi dopo, quando la stilata l'abbiamo fatta, bella disciplinata, tanto che le autorità militari alleate si sono congratulate per il nostro stile. Sembravamo militari di professione, invece eravamo raffazzonati, pochi di noi portava- no il fazzoletto al collo e avevano la camicia uguale. Appena finita la guerra tornammo a Chiavari, do- Vevamo pagare tutti i debiti che avevamo contrat- to con i commercianti: mese dopo mese, paga qui, paga là, fu un anno durissimo. Non ci fu alcuna rI-conoscenza da nessuno per quello che avevamo fat- to, solo i bottegai furono solidali. Sì, perché nel dopoguerra ho dovuto combattere molto di più che durante la guerra stessa. Durante, c'erano i nazisti con le mitragliatrici, sapevi cos' era. Dopo, c'era una forma di odio, di antipatia, mutrita più o meno di cattiva cultura, difficile da combatte- re. Gli anni successivi sono stati più squallidi e dif- ficili. La Resistenza non capivano neanche cos'era stata. L'opinione comune era che il fascismo fosse finito perché gli Alleati avevano fatto cadere Musso- lini. Non si accettava minimamente l'idea che ma- gari gli italiani si erano liberati da soli, che qualcu- no aveva avuto un sentire diverso. Da partigiana sognavo un'Italia democratica, sen- za sapere cosa fosse la democrazia. Non l'avevo mai conosciuta, ma l'istinto mi guidava, più forte di ogni altra cosa. Ed ebbi netta la sensazione che, alla mag- gior parte degli italiani, questo non interessava, nel modo più assoluto. In fondo il fascismo era como- do perché avevano un capo che risparmiava loo la fatica di pensare. Adesso che sono passati tanti anni e vedo questa Malia piatta, gretta, meschina e ignorante, oggi si che me lo chiedo se ne sia valsa la pena. Oggi, non allora. Allora, ero proprio convinta che quella los- je la strada giusta e, seguendo quella strada, la Via sarebbe esposa. Via non è esploso un bel niente.