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Premessa di una storia italiana e di un diario infedele A considerarla nell’intima essenza, sfrondata dalle giustificazioni interessate e dalle condanne aprioristiche, la vicenda biografica di Galeazzo Ciano rivela la sua genuina natura di “storia italiana”, connotata da quel “familismo” (immorale), che tanto ha condizionato e, ancora oggi, tanto pregiudica la vita del nostro Paese. Quella di Ciano è, infatti, una vicenda pubblica dove le grandi decisioni della politica non sono mai prese alla luce del sole, nei luoghi deputati del potere ma piuttosto nella penombra, al fioco lume dei focolari di nuclei domestici nei quali forte aleggia un odore di chiuso impastato del sentore graveolente di rivalità e di beghe di famiglia. A vederlo, nelle foto e nei filmati dell’epoca, il figlio di Costanzo Ciano può apparire il perfetto prototipo della Strenuous Life dei ruggenti anni Trenta. Nulla, apparentemente, gli mancò per ricoprire quel ruolo. Galeazzo è giovane, intraprendente, persino affascinante, per i canoni del tempo, ricco di una fortuna mal acquistata ma considerevolissima, provvisto, fin dai suoi primi esordi, di una posizione politica privilegiata nelle strutture del regime e presso i “poteri forti”, economici e finanziari dell’Italia fascista. Dotato di un innegabile coraggio fisico, è temerario pilota di bombardieri, spericolato guidatore di vetture di gran turismo, raffinato protagonista della vita mondana internazionale, irresistibile tombeur des femmes. Gran lavoratore, buon conoscitore delle lingue, provvisto di indubbie doti organizzative, egli si ritrovò, almeno formalmente, alla guida della politica estera italiana che, presa fin troppo sul serio l’esortazione del conte di Cavour (« E ssere presenti sempre e dappertutto! ») proiettò, dopo il 1930, il suo dinamismo dal Mediterraneo al Mar Rosso, dai Balcani al Danubio, dall’Egitto al « G rande Medio Oriente », dall’Afghanistan ai confini dell’India, dall’Asia orientale all’America meridionale. Eppure i venti del cambiamento e della modernità, che certo aleggiarono impetuosi sul capo del consorte di Edda Mussolini, furono sempre destinati a smorzarsi all’interno di una struttura sociale arcaica, quasi tribale, le cui dinamiche si muovevano in ambienti che, in senso proprio o fi