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Personalmente non credo nel destino. Il cosiddetto “Fato” esiste nel senso che le nostre future azioni sono conosciute dall’Onnisciente: non vi è modo di sfuggire a questo copione, né tantomeno di cambiarlo. È tuttavia erroneo presupporre che l’essere umano debba assumere un comportamento passivo davanti a questa evidenza incontrastabile. Lo stesso Fato che Dio conosce è infatti quello che stiamo incidendo noi, adesso, con fuoco e lacrime, sulla grande lapide dell’universo. Siamo noi gli artefici del nostro destino e del romanzo della nostra esistenza. E, ripensandoci, la vita non è poi così diversa da un libro, di cui noi siamo autori e allo stesso tempo protagonisti, ogni qualvolta scegliamo di esserlo. Immaginando quindi quanto potesse divertirsi Dio a leggere tutte le nostre storie, ho provato a dipingere cosa sarebbe potuto succedere se si fossero invertiti i ruoli, a cosa sarebbe accaduto se, per una volta, fosse stato Lui a scrivere il nostro racconto: ecco allora una recita paradossale sul palcoscenico del cosmo, in cui gli attori, volteggiando sulle note cangianti di un Scherzo poliedrico, sollazzano allegramente ed esplodono in danze, convinti di stare interpretando una commedia Plautina, ignari completamente del suo finale Shakespeariano. Non potendo, tuttavia, per motivi strettamente tecnici, interpretare il ruolo dell’Altissimo, in questo romanzo mi limiterò a fare da burattinaio, a creare personaggi che seguano un destino da me prestabilito e che agiscano secondo la mia volontà: non uomini ma marionette, in balia dei miei più variopinti capricci infantili. Come un bravo burattinaio, macchinerò da dietro le quinte, nascondendo i fili che strangolano le mie sagome, celandovi la loro natura vitrea e giocando in questo senso a fare Dio. In mancanza di anime sacrificali, questo perverso teatro si nutrirà di fantasia, di pensieri, di desideri, di passioni, di sentimenti, di umori, di istinti, di sensazioni, di impulsi e, per finire, di travagli interiori. Tutto quello che vedrete e udirete non sarà altro che una quasi innocua finzione, ombre del vaso di Pandora della mia mente, pennellate di creatività sulla tela ecumenica della parola. Vi chiedo, dunque, di stipulare con me questo muto contratto, di concedermi, almeno per oggi, questo innocente delirio di onnipotenza. Posate la penna del vostro destino, riponete con cura il calamaio della vostra mente, ed entrate senza timore nel mio mondo di bambole e fantocci, nella speranza che possa darvi qualche spunto su come continuare la vostra storia.