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Seguendo l'asse longitudinale della navata principale della Chiesa, è possibile identificare le scene della Creazione che cominciano all'estremità orientale della parete destra con gli episodi legati al Paradiso terrestre per poi terminare con l'episodio della lotta di Giacobbe con l'angelo all'estremità orientale sinistra. Nel transetto è invece rappresentata la vita di Cristo: il corpo centrale è dedicato agli episodi della sua infanzia, mentre il braccio destro e quello sinistro sono rispettivamente dedicati alla sua vita pubblica e alla sua Passione con annessi gli eventi dell'Ascensione e della Pentecoste. Al termine delle due navate, lo sguardo dell'osservatore è inevitabilmente attirato dall'immensa raffigurazione del Cristo Pantocratore che occupa interamente il catino absidale. Nel santuario e nella solea, l'immagine del Cristo Pantocratore è circondata dai membri eletti della sua corte celestiale: La Vergine, gli angeli, gli apostoli, alcuni Santi (tra i quali San Cesario diacono e martire di Terracina, molto venerato dai monaci benedettini) e re e profeti dell'Antico Testamento. L'organo a canne della Cattedrale è stato costruito tra il 1957 e il 1967 dai Fratelli Ruffatti di Padova. Il progetto è stato ideato sotto l'episcopato dell’Arcivescovo Francesco Carpino; ha partecipato alla progettazione Mons. Antonino Orlando, all'epoca organista titolare. Il concerto inaugurale ebbe luogo il 24 aprile 1967 e venne eseguito da Fernando Germani. Lo strumento si compone di 121 registri per poco più di 7.000 canne suddivise in tre corpi sonori: dietro l'altare maggiore, senza mostra, si trovano le canne del Positivo aperto e del Solo espressivo (rispettivamente prima e quarta tastiera) con la relativa sezione del Pedale; nella crociera, sul lato sinistro, con mostra "ad ali" e cuspide centrale, si trovano le canne del Grand'Organo e dell'Recitativo espressivo (rispettivamente seconda e terza tastiera) con la relativa sezione del Pedale; nella crociera, sul lato destro, con mostra "ad ali" e cuspide centrale, si trovano le canne dell'Organo antico espressivo e dell'Eco espressivo (rispettivamente quinta e sesta tastiera) con la relativa sezione del Pedale. La consolle di comando, la più grande in assoluto al mondo fra quelle spostabili, è costituita da un mobile in legno decorato con rilievi scultorei, è collocata nella parte sinistra del presbiterio ed è dotata di 6 tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note, 195 placchette per il comando dei registri posizionate "a terrazza" sui due lati della consolle, 4 commutatori di staffa per le espressioni e uno per il crescendo, un centinaio di comandi posizionati sotto le tastiere e sopra la pedaliera. Nella cappella di San Castrense si trova un secondo organo a canne, a trasmissione meccanica e 5 registri, costruito dalla ditta Francesco Zanin nel 2017 ispirandosi agli strumenti del XVIII secolo. Duomo è affiancato dal chiostro dell'antico monastero benedettino, realizzato sul finire del XII secolo. Si tratta di una costruzione prettamente romanica, a pianta quadrata di 47 metri di lato, con portico ad archi ogivali a doppia ghiera e con singolarissimo “toro” nell'intradosso. Gli archi sono sostenuti da colonne binate, di ornamentazioni alterne, talune intagliate ad arabeschi ed altri con intarsi a mosaico. I capitelli sono istoriati con scene bibliche. Nell'angolo meridionale vi è un recinto quadrangolare delimitato da tre arcate per lato. Al centro è una fontana la cui acqua scaturisce da una colonna riccamente intagliata a forma di fusto di palma stilizzato, con figure in piedi, teste foglie a rilievo. L'acqua fuoriesce in sottili getti da bocche umane e leonine. Le basi delle colonne del chiostro raffigurano un'amplissima varietà di motivi: foglie stilizzate, rosette, zampe di leone, teste di fiere, gruppi di uomini e animali, rane e lucertole. La loro esecuzione presenta grandi differenze con quella dei capitelli, tanto da far supporre che sia stata affidata ad artigiani subordinati. I capitelli dei gruppi di quattro colonne d'angolo sono particolarmente curati. Diverse sono le origini degli artisti, da Ile-de-France a Provenza, dalla Longobardia alla Puglia, realizzato in periodi differenti. I restauri delle coperture lignee furono effettuati dall'arcivescovo Paolo dei Lapi intorno al 1400 circa, seguiti da quelli di Giovanni Ventimiglia mezzo secolo più tardi. Nel 1515 il sopralluogo del regio visitatore Pietro Pujades aveva disposto un nuovo restauro. Nel 1542 il regio visitatore monsignor Francesco Vento sollecita i lavori, lo stato dei tetti era talmente compromesso che rischiavano di crollare. I lavori furono eseguiti dal 1544 al '54 sotto il mandato di Alessandro Farnese. Due secoli dopo il problema si ripropone, ad affrontarlo il munifico Francesco Testa che 16 luglio 1772 dispone di rifare le coperture ripristinando gran parte delle opere murarie, con particolare riguardo alle superfici musive, alle colonne, ai capitelli, aggiungendo al complesso numerosi corpi di fabbrica.