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Il portale d'ingresso è opera di Antonino Gambara, eseguito nel 1426 per l'incoronazione di Alfonso il Magnanimo, i cui battenti lignei sono di Francesco Miranda del 1432, occupa la porzione di spazio anteriore compresa tra la seconda cupoletta maiolicata con lanternino e la sesta, corrispondenti alle rispettive campate interne della navata destra. Il portico dalla conformazione a capanna, presenta l'accesso costituito da tre arcate ogivali corrispondenti a tre volte a crociera nell'interno, sorrette da capitelli fioriti e sostenuti da colonne provenienti dalla moschea, la prima colonna a sinistra reca scolpita un'iscrizione tratta dal Corano, nello specifico il versetto 54 della Sura 7, detta “del Limbo”, che recita: «Egli copre il giorno del velo della notte che avida l’insegue; e il sole e la luna e le stelle creò, soggiogate al Suo comando. Non è a Lui che appartengono la creazione e l'Ordine? Sia benedetto Iddio, il Signor del Creato!» L'arco centrale più ampio e più elevato presenta come i due laterali, una ricca decorazione tortile, l'insieme è riconosciuto come «Albero della Vita» o «Albero della Conoscenza». La trave di sostegno del timpano del portico è decorata da un arabesco nelle cui intercapedini è raffigurata una teoria di Sante Vergini, Profeti, Apostoli, Dottori della Chiesa, Evangelisti, alternata in corrispondenza dei vertici ogivali degli archi, dagli stemmi del Regno di Sicilia, del Senato Palermitano e da quello della cattedrale. Il timpano è caratterizzato dalla figura di Dio Padre, al centro della scena dell'Annunciazione, inserito in una trina scolpita raffigurante girali e fiori stilizzati dalla forte e complessa connotazione geometrica di matrice araba. Il portico è delimitato da piloni, ognuno contraddistinto da tre ordini decorati con monofore appaiate cieche e strombate. All'interno un portale di Antonino Gambara del 1426, ricco di figure floreali e immagini antropomorfe, chiuso in alto da un'edicola contenente un mosaico riproducente la Madonna, del XIII secolo; i due monumenti alle pareti commemorano l'incoronazione di Carlo III di Borbone del 1735 a destra quella di Vittorio Amedeo II di Savoia del 1713 a sinistra realizzata da Giovanni Battista Ragusa del 1714. Ai lati del mausoleo sono poste le statue provenienti dalla Tribuna di Antonello Gagini: San Giovanni, San Matteo, San Marco e San Luca, insieme a numerose targhe, epigrafi e steli marmoree. Il secondo ordine del prospetto meridionale corrisponde alle pareti della navata centrale, risale al periodo normanno ed è caratterizzato da una sequenza di monofore che si alternano aperte e cieche e dalle cupolette che danno luce alla navata laterale. La mole del transetto interseca il lungo parallelepipedo della navata centrale è sovrastato dal tamburo e dalla cupola di Ferdinando Fuga che domina il prospetto meridionale, opera realizzata durante il grande restauro del 1781 - 1801. A sinistra i volumi digradanti dei locali adibiti a Museo, sagrestia dei canonici, con la tipica decorazione a colonnine pensili, dominati dalla mole del corpo sovrastante il "Titulo e Antitulo", dalla torre dell'orologio di Vincenzo Gagini e l'iscrizione OPERIBVS CREDITE di sud - est e dal muraglione di raccordo con il corpo centrale. Tutte le pareti sono ingentilite dalla presenza di cornici e decorazioni dovute alla realizzazione di serie contigue di monofore aperte o cieche; ad arco, a ogiva con cuspide acuta, ad arco ribassato; lobate o strombate con più ordini di rilievi, per culminare nelle pareti absidali, con la presenza di monofore sovrapposte inscritte in monofore allungate, rispettando sempre criteri di raffinata simmetria. Come ogni capitale e città d'arte dell'antico continente, anche a Palermo si crea un clima di celebrazione personale: ciascuno alto prelato emula e si prodiga per superare in splendore artistico i predecessori, ogni arcivescovo o cardinale si spende per lasciare traccia indelebile del proprio operato, concorre per magnificare il sovrano o viceré di turno, contribuisce per osannare l'artista in voga. Spontaneamente si crea una competizione tra le commissioni dei principali monumenti cittadini nonché l'esibizionistica concorrenza tra capolavori nel regno, nella penisola e in ambito europeo. Nessuna fonte fa riferimento all'esistenza di una cupola anteriore al XV secolo, se non accenni alle calotte delle absidi orientali d'ispirazione araba, colorate con tinte vivaci, costruite come elementi decorativi alla stessa stregua di particolari architettonici presenti nei numerosi monumenti cittadini edificati in epoca normanna. Sarcofagi, portali, altari, torri, archi trionfali, piazze, dipinti, sculture, tribune, retabli sono elementi che arricchiscono nel tempo i locali della magnifica costruzione, tra essi manca la realizzazione di una vera e propria cupola, la cui costruzione nelle stime e progetti di massima, avrebbe comportato la ristrutturazione dell'impianto per la ridistribuzione del peso. Accanito promotore e sostenitore del progetto è l'arcivescovo Nicolò Puxades che trova una soluzione alternativa, al tempo stesso elegante, economica e originale, conciliante in termini di opere e costi: la messa in opera di una cupola in legno, posta internamente sotto il tetto, che copra l'area del coro senza comportare gravosi e pesanti interventi di stabilizzazione strutturale. Il manufatto così concepito è eretto sull'intersezione dei due bracci, il tamburo a base ottagonale è decorato con iscrizioni d'oro con caratteri gotici e la calotta, ridotta a causa della presenza della copertura. XVI secolo, L'esplosione delle correnti note come rinascimento e barocco in ogni nuovo cantiere ecclesiale cittadino, prevede la costruzione di una cupola provvista d'apparati decorativi di spessore, utilizzando le tecniche più diverse, ricorrendo ai materiali più disparati: marmo, intarsi, affreschi, stucchi, ferro per le armature, legno, oro, mosaici. In alternativa si fa ricorso a cupole fittizie realizzate con la tecnica del trompe-l'œil. La cattedrale con la primitiva impostazione presentava interni spartani anche se arditi e imponenti con ambienti scuri e spogli. Una approssimativa e grossolana intonacatura, successive imbiancature delle pareti ovviano temporaneamente il problema ma, non costituiscono la soluzione definitiva. Al duomo spetterebbe il primato della realizzazione più grandiosa e spettacolare che consenta contestualmente la soluzione dei problemi dell'illuminazione interna. I disegni di magnificenza coinvolgono Martín de León Cárdenas seriamente intenzionato nel demolire la cupola di legno ed erigere il manufatto in muratura, ma il costoso progetto è respinto dal capitolo della cattedrale il 20 settembre 1651. Il prelato abbandona il suo sogno e rivolge l'attenzione alla risistemazione e rimodulazione della piazza meridionale. 1781 20 febbraio - 1801 3 giugno, In seguito ai resoconti delle visite regie, delle verifiche di stabilità post terremoto del Val di Noto del 1693, dei progetti avanzati da Ferdinando Fuga, tra i lavori di consolidamento e i restauri, è finalmente realizzata la cupola. Con irrobustimenti le colonne e gruppi di colonne sono stati trasformati in possenti pilastri, le snelle arcate ogivali modificate in archi a tutto sesto. Gli interni perdono profondità e la lunghezza originale, con drastiche riduzioni delle superfici e dei volumi, risaltano le evidenti manomissioni sullo stile primitivo dei manufatti. Il portico settentrionale è appiattito sulla parete. Sul lato sud, i muri esterni delle cappelle espansi verso la piazza, sono allineati con la vecchia sacrestia. Di conseguenza, il triportico è accuratamente disassemblato e rimontato in avanti di circa sei metri.