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Edgar Morin. In Morin è anzitutto fondamentale la distinzione tra civiltà e cultura. La cultura è l’insieme delle credenze e dei valori caratteristici di una determinata comunità. La civiltà è invece il processo attraverso il quale si trasmettono da una comunità all’altra, le tecniche, i saperi, le scienze. Morin sostiene che “la cultura, ormai, non solo è frammentata in parti staccate, ma anche spezzata in due blocchi. da una parte la cultura umanistica “che affronta la riflessione sui fondamentali problemi umani, stimola la riflessione sul sapere e favorisce l’integrazione personale delle conoscenze. dall’altra, la cultura scientifica, che “separa i campi della conoscenza, suscita straordinarie scoperte, geniali teorie, ma non una riflessione sul destino umano e sul divenire della scienza stessa”. A ciò va aggiunta la sfida sociologica. “l’informazione è una materia, che la conoscenza deve padroneggiare e integrare”, una conoscenza “costantemente rivisitata e riveduta dal pensiero”, il quale a sua volta “è oggi più che mai il capitale più prezioso per l’individuo e la società”. Secondo Morin è necessario raccogliere queste sfide attraverso la riforma dell’insegnamento e la riforma del pensiero. Si tratta di una riforma non programmatica ma paradigmatica, poiché concerne la nostra attitudine a organizzare la conoscenza. Per spiegare questo concetto Morin, richiama una frase di Michel de Montaigne: “È meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”. Egli perciò distingue tra “una testa nel quale il sapere è accumulato e non dispone di un principio di selezione e di organizzazione che gli dia senso” e una “testa ben fatta”, che comporta un’attitudine generale a porre e a trattare i problemi. Secondo Morin, una “testa ben fatta”, mettendo fine alla separazione tra le due culture, consentirebbe di rispondere alle formidabili sfide della globalità e della complessità nella vita quotidiana, sociale, politica, nazionale e mondiale.