Read Aloud the Text Content
This audio was created by Woord's Text to Speech service by content creators from all around the world.
Text Content or SSML code:
Origini del nome Il toponimo Magenta è attestato fin dal XIII secolo nella forma Mazenta[5]. Il Salvioni lo associò a maggenga, con cambio di suffisso, in riferimento alla produzione di fieno[6]. L'Olivieri la mise invece in relazione al toscano Magento (nei dintorni di Montemurlo), da un nome di persona Maggente o Magentus (latino Magius), oppure al piemontese mazènt, da masentè, "fare il massaio di casa", derivato dal latino mānsum, "dimora" (cfr. magione e francese maison)[7] o anche "luogo di sosta" prima di attraversare il confine naturale del Ticino. Secondo altre fonti il nome avrebbe radice celtica nella parola Mag che significava "plaga paludosa" e quindi questo potrebbe ricondurre il toponimo al periodo gallo-insubre.[8] L'ipotesi tradizionale che il nome derivi dall'imperatore Massenzio è considerata paretimologica.[9] Dalle origini al Medioevo Da Magenta, in epoca romana, passava la via delle Gallie, strada romana consolare fatta costruire da Augusto per collegare la Pianura Padana con la Gallia. L'origine del paese va probabilmente collocata attorno al V secolo a.C. quando alcune tribù di Galli Insubri stabilì un proprio villaggio nei pressi del punto strategico del Ticino. Quando i Romani conquistarono il territorio nel 222 a.C., l'accampamento fortificato si trovava ad essere l'ultimo centro abitato prima del valico del fiume, in prossimità dell'allora vadum Tercantinum (Trecate). L'origine romana del primo centro abitato stabile di magenta sembrerebbe essere comprovata da oggetti rinvenuti durante i lavori di scavo e dissodamento eseguiti nel 1896 in località Cascina Bovisa (frazione Ponte Vecchio) con anfore, urne cinerarie e monete coniate sotto Tiberio, con la presenza quindi anche di una necropoli.[8] Dopo la parentesi delle invasioni barbariche, Magenta si trovò sotto il dominio longobardo e nel 569 subì come altri borghi nella zona il sacco di re Alboino, divenendo quindi dipendente dalla vicina Corbetta che svolgeva allora da centro essenziale per i vicini villaggi. Della signoria degli arcivescovi milanesi affermatasi nel X secolo dovette probabilmente risentire anche Magenta, anche se non ci è giunta alcuna traccia muraria della presenza di un castello, e solo studi successivi hanno fatto ritenere che una qualche fortificazione potesse situarsi presso l'area dell'attuale piazza Liberazione.[10] Nel 1162 la città venne saccheggiata da Federico Barbarossa e rasa al suolo come rappresaglia contro i ribelli comuni lombardi. Uno scenario analogo si ripropose nel 1356 quando le armate avverse ai visconti, saccheggiarono il villaggio.[11] Da segnalare nel 1310 la presenza dell'imperatore Arrigo VII (personaggio citato anche da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia[12]) sul suolo magentino, bloccato con la moglie Margherita secondo la leggenda popolare da una tremenda nevicata mentre si recava a Milano; a seguito della grande ospitalità accordata all'imperatore dagli abitanti del luogo, egli innalzò il luogo alla dignità di borgo coi privilegi di godere di una guardia armata e di istituire un mercato che, dal 1787, si svolge puntualmente ogni lunedì Dai Visconti alla dominazione spagnola Entrata Magenta nell'orbita del ducato visconteo di Milano, nel 1356 la città venne invasa e saccheggiata dai nemici dei Visconti per la sua posizione strategica al confine. Nel 1396 numerosi possedimenti terrieri della città furono donati da Gian Galeazzo Visconti ai monaci della Certosa di Pavia i quali si preoccuparono subito di migliorarne il rendimento agricolo e lo sfruttamento.[14] Anche Filippo Maria Visconti beneficò il borgo dichiarandolo "comune privilegiato per l'esonero del pagamento della gabella del sale".[11] All'estinzione della casata dei Visconti, il borgo passò col resto del ducato di Milano dapprima agli Sforza e poi a Carlo V d'Asburgo: Magenta, nel 1619, divenne feudo del conte Luigi Melzi (già dal 1572 si ricorda un tentativo di concessione al giureconsulto milanese Guido Cusani, che però aveva rifiutato la carica).[15] Il territorio comunale era all'epoca stimato in 32.333 pertiche milanesi con una popolazione di 1400 "anime da comunione" e 300 focolari (famiglie).[8] Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Conti di Magenta. Nel 1574 Enrico III di Francia, giunto in Italia col proprio seguito di cavalieri per la ratifica del trattato di Cateau-Cambrésis, fu ospite a Magenta per quattro giorni delle famiglie Crivelli e Mazenta, allora molto in auge. Fu memorabile in quell'occasione una partita di caccia al cinghiale svoltasi sulle boscose rive del Ticino (presso l'attuale riserva naturalistica La Fagiana)[8] Durante i secoli XVI e XVII, nel ducato di Milano imperversò la peste ed anche Magenta rimase colpita dall'epidemia, erigendo un proprio lazzaretto nella periferica località della campagna di Preloreto di Magenta, al confine con il comune di Corbetta. Dal dominio asburgico alla Magenta napoleonica Nel 1706 il ducato di Milano passò nelle mani degli Asburgo d'Austria, che lo tennero sino al 1859. Nel 1743, con solenne bolla pontificia, papa Benedetto XIV elevò la parrocchia di San Martino di Magenta a sede prepositurale non territoriale ed al titolo di collegiata con erezione di un capitolo composto da sei canonici, svincolandola così per sempre dalla giurisdizione plebana della vicina Corbetta da cui per anni aveva dipeso.[17] Nel 1786 Magenta fu inclusa nella provincia di Pavia e poi nel 1797 del dipartimento del Ticino. Alla prima era napoleonica (1809) risale invece l'inizio della costruzione di un ponte a dodici arcate in granito rosa di Baveno ancora oggi esistente sul Ticino, eretto di comune accordo tra il governo asburgico in Lombardia e quello sabaudo in Piemonte.[18] Su questo stesso ponte si svolsero alcuni brevi combattimenti all'indomani del crollo dell'impero napoleonico nel 1814.[8] Nel 1816, con la Restaurazione austriaca, venne di fatto soppresso il capitolo della collegiata, lasciando come puramente onorifica la prepositura.[17] Per risollevare le sorti della chiesa magentina, così lungamente e duramente provata, il parroco di allora, don Ruscelli, ottenne da papa Pio VII (su interessamento della contessa Lomeni) di poter traslare a Magenta il corpo di Santa Crescenzia, una martire romana di soli sette anni sepolta nelle catacombe. Il corpo della santa giunse in città nel 1817 ed ancora oggi è conservato nella chiesa prepositurale Dal Risorgimento al Novecento L'area del magentino venne rivalutata dal 1836 quando, con la costruzione di una dogana sul fiume Ticino, in prossimità del ponte napoleonico, nacque l'agglomerato urbano di Ponte Nuovo che venne ad unirsi a Magenta. Fu questo uno dei periodi di rinascita del comune di Magenta che sostituì gradatamente ma progressivamente gran parte dell'agricoltura con le prime industrie tessili ed alimentari. A dispetto di quanto si prospettasse, la città venne inclusa dal governo austriaco nella provincia di Pavia del Regno Lombardo-Veneto, anziché in quella della vicina Milano con cui il borgo aveva rapporti economici e sociali da secoli. Nel 1848, nel corso della prima guerra d'indipendenza, Magenta venne occupata dalle truppe di Carlo Alberto di Savoia che si dirigevano su Milano, iniziativa a cui diede grande e personale slancio il sacerdote dell'epoca, don Giuseppe Rossi, che tenne nella pubblica piazza magentina un discorso per poi incamminarsi con altri abitanti del borgo alla volta di Porta Vercellina sotto la bandiera di Gabrio Casati.[11] Magenta è soprattutto nota per la famosa battaglia che qui ebbe luogo il 4 giugno 1859, durante la Seconda guerra d'indipendenza, combattuta tra i piemontesi e i loro alleati francesi contro l'esercito imperiale austriaco; fu vinta dai franco-piemontesi e aprì loro la strada alla conquista della Lombardia e l'avvio del processo di unificazione nazionale. Alla fine del XIX secolo Magenta comprendeva già un ospedale locale costruito con la munificenza dei benefattori Giovanni Giacobbe e Giuseppe Fornaroli, a cui la struttura venne intitolata.[19] Entrambi furono successivamente fondatori di ben due istituzioni per l'infanzia a favore della città ancora oggi operanti sul territorio. Il 1947 vide Magenta elevata al rango di città, con decreto del capo dello stato Enrico De Nicola datato al 28 settembre, venendo incontro ad una richiesta avanzata dall'amministrazione comunale sin dal 1920.[20][21] Nel 1959 la città fu una delle sedi più prestigiose a livello nazionale per la celebrazione del I centenario della seconda guerra d'indipendenza italiana, con lo storico incontro in città tra il presidente della repubblica francese Charles De Gaulle, il presidente della repubblica italiana Giovanni Gronchi e l'arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini (poi papa Paolo VI). All'evento presenziarono tra gli altri il presidente del senato Cesare Merzagora, il presidente della camera Giovanni Leone ed i ministri Pella, Andreotti e Togni.