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Il TOFET di Sant'Antioco, utilizzato a partire dall'VIII sec. a.C. e sino al I sec. a.C., si presenta come un'area all'aperto, ubicata all'estrema periferia settentrionale dell'abitato, che si appoggia ad una roccia trachitica denominata "Sa Guardia de is Pingiadas" (la guardia delle pentole) a causa della gran quantita' di urne cinerarie, oltre 3000, rinvenute nel corso dei secoli e fino ad ora recuperate. Ai piedi di tale roccia, verso sud, un recinto quadrangolare di eta' punica ne include uno piu' piccolo, di eta' fenicia, che indica il punto in cui sono state ritrovate le urne piu' arcaiche. Un recinto molto piu' grande, rettangolare, costituito da blocchi trachitici bugnati delimita l'intero TOFET: si tratta di un fortilizio di eta' punica edificato a difesa dell'area quando, nel IV sec. a.C., furono erette le fortificazioni monumentali all'abitato.  Le urne conservano ossa bruciate di bambini, talvolta di piccoli animali e qualche oggetto votivo. I resti ossei per lungo tempo sono stati attribuiti ad un rito sacrificale cruento, che prevedeva l'uccisione rituale dei primi nati, mentre oggi l'indagine osteologica testimonia che la maggior parte dei bambini cremati nel TOFET erano nati morti o deceduti per causa naturale in tenera età e che i resti animali erano una componente del rito stesso. Le urne, solitamente deposte tra le cavità naturali della roccia, sono spesso accompagnate da stele di pietra (ad oggi se ne contano circa 1.700, conservate nei musei di Cagliari e di Sant'Antioco) recanti immagini umane, simboliche e più raramente di animali connesse al rito che si svolgeva nell'area sacra.