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Nel medioevo i libri venivano scritti e trascritti a mano dagli amanuensi che, nella maggior parte dei casi, erano monaci o religiosi. I luoghi adibiti alla trascrizione dei codici erano gli scriptoria. Lo scriptorium era una grande sala illuminata da numerose finestre. I monaci lavoravano il più possibile vicino a queste per avere luce a disposizione. Gli strumenti di lavoro erano: stilus, penna, calamo, raschietto, atrametaio e inchiostro. Lo stilus – bastoncino piatto nella parte superiore e acuto nella parte inferiore che veniva utilizzata per graffiare il foglio – era usato per le rigature. Per scrivere veniva utilizzata la penna, solitamente di volatile. Il calamo era ricavato dalle canne vegetali che veniva intagliato. Con penna e calamo c’era anche il raschietto utile per cancellare gli errori. L’atrametaio era un vasetto che conteneva l’inchiostro nel quale veniva intinta la penna. L’inchiostro si ricavava dalla combinazione di alcuni elementi: nero fumo ricavato dalla cenere, metallo, gomma, noce di galla (prodotta dalla puntura di vari insetti sul tronco, sulle foglie o sulle radici di alcune piante), solventi. I colori si ottenevano con l’aggiunta di minerali tritati mescolati ai solventi e venivano usati per le miniature. Righelli e punteruoli servivano per tracciare linee dritte sul foglio come base per la scrittura. Il lavoro si svolgeva su un leggio con piano inclinato.