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Tre Bambini Con loro c'era una bambinetta minuta. La fronte aggrottata, in quel momento stava studiando un foglietto spiegazzato, incurante della massa di gente che sciamava frettolosa lungo la via, urtandola senza troppi complimenti con borse e sacchetti della spesa. «Abbiamo tutto, mi pare» annunciò Vespa con quella sua voce sommessa, lievemente roca. «Ci mancano solo le batterie di Mosca. Come ce le procuriamo?» Prosper esitò un istante passandosi una mano sul ciuffo. «Là dietro, in quel vicolo, ho visto un negozio di elettricista» disse alzando il bavero a Bo. I quettro si fecero largo tra la folla e si avviarono. «Vespa?» disse Bo, prendendo la bambina per mano e regalandole uno dei suoi sorrisi più belli. «Mi compri uno di quei dolcetti là?» Vespa gli diede un pizzicotto affettuoso sulla guancia, ma scosse la testa. «No» lo liquidò, tirandolo per la manica. La rivendita di materiale elettrico che Prosper aveva visto era una bottega minuscola. Esposti in vetrina c'erano alcuni piccoli elettrodomestici: caffettiere, tostapane e persino qualche giocattolino a pile da cui Bo rimase affascinato. «Ma io ho fame» piagnucolò, premendo il viso contro il vetro. «Se fosse per te, mangeresti di continuo» lo rimproverò bonariamente Prosper aprendo la porta. I due fratelli rimasero sulla soglia, mentre Vespa entrava. «Buongiorno» disse alla vecchia negoziante che le dava la schiena, intenta a spolverare la mercanzia sugli scaffali. «Mi servono delle pile. Due. Sono per una radiolina.» La donna le incartò e le mise sul banco, aggiungendo di suo una manciata di caramelle. «Ma che bel bambolotto» osservò, strizzando l'occhio a Bo. «Biondo come un angelo. È il tuo fratellino?» «No» rispose pronta Vespa. «Loro sono i miei cugini. Non vivono qui, sono venuti a trovarmi.» Prosper spinse Bo dietro di sé, ma questi gli s'intrufolò sotto il braccio e sgattaiolò a prendersi le caramelle. «Grazie!» disse con uno dei suoi sorrisoni, saltellando indietro verso Prosper. «Un vero angioletto!» ripeté la donna, mettendo i soldi in cassa. «Ma la mamma dovrebbe rammendargli i pantaloni. E fargli mettere qualcosa di più pesante. Sta arrivando l'inverno.» «Glielo diremo senz'altro» tagliò corto Vespa forzando l'involto nel borsone già pieno. «Arrivederci.» «Angioletto!» esclamò Prosper una volta fuori, sogghignando. «Mi sai dire perché tutti si fanno fregare dalla tua faccia, Bo?» «Va' piano, Bo» lo ammoni Prosper. A Vespa invece veniva da ridere. «E lascialo, dai!» intervenne. «Non preoccuparti, non lo perdiamo. È là davanti.» «Quante volte ti devo dire che non devi lasciarti fotografare!» gli sibilò all'orecchio. «Uffa, lo so» ribatté Bo. «Ma questi erano... come si chiamano? Cinesi? La zia mica si andrà a vedere le foto dei cinesi, no? E poi ormai sarà andata a prendersi un altro bambino, l'hai detto tu.» Prosper annui. «Si, anche questo è vero» mormorò. Vespa lo aveva notato. «Pensi ancora a tua zia, vero?» chiese a bassa voce anche se Bo, lontano com'era, non poteva certo sentirla. «Dimenticala. Non vi cerca più. E comunque non qui.» «Probabilmente no» bisbigliò. «No di certo» insistette Vespa. «Smettila una buona volta di preoccuparti.» Prosper le fece un segno d'intesa. «Ehi, Prosper» gli disse Bo. «Guarda che cos'ho trovato.» Prosper glielo strappò di mano e lo tirò da parte sotto un'arcata buia. «Dove l'hai preso?» lo interrogò serio. Bo sporse il labbro inferiore con ostinazione e appoggiò la testolina contro il braccio di Vespa. «Ho detto "trovato". È scivolato dalla tasca a un tizio. Un ciccione con la testa pelata. Lui non ci ha fatto caso e io l'ho raccolto.» «Dai, non ti agitare così, Prosper» intervenne Vespa, stringendo a sé Bo. «Ti sta dicendo che non l'ha portato via a nessuno... Il proprietario l'ha perso e, ormai, chissà dov'è. Vediamo almeno cosa c'è dentro.» Prosper esitava. Prosper si mise a frugare negli scomparti del portafoglio: un paio di scontrini accartocciati, tre ricevute di ristorante, un abbonamento per il vaporetto, scaduto, e qualche euro. Tutto qui. «Sarebbe stato bello» sospirò Vespa senza nascondere la propria delusione quando vide Prosper gettare il portafoglio in una cassetta vuota. «Siamo rimasti quasi a secco. Speriamo che il Re dei Ladri riesca a racimolare un po' di grana entro stasera.» «Certo che ci riesce!» replicò Bo. «E un giorno di questi gli darò una mano anch'io. Diventerò bravo come Scipio. Ci penserà lui a insegnarmi!» «Dovrà passare sul mio cadavere» ringhiò Prosper spingendolo fuori dal portico. «Ma dai, lascialo parlare!» sussurrò Vespa. «O hai paura che Scipio se lo porti dietro davvero...?» Prosper fece segno di no, ma gli si leggeva in faccia che si tormentava. «Gli altri ci staranno già aspettando.» La voce di Vespa lo riscosse così bruscamente dai propri pensieri che per un attimo non capi dove si trovava. «Già. E poi dobbiamo ancora mettere a posto. A Scipio non piace se lasciamo in disordine» ricordò Bo. «Saresti tu quello che tiene in ordine?» lo prese in giro Prosper. «E ieri, chi ha rovesciato il secchio pieno d'acqua?» «E chi sparge dappertutto pezzettini di formaggio per i topi?» aggiunse ridacchiando Vespa, mentre Bo le assestava una gomitata nelle costole. «Le loro cacchine sono la cosa che Scipio odia di più. Purtroppo il nascon-diglio che ci ha trovato ne è pieno. Ed è anche difficile da scaldare. Sarà anche bello, non dico di no. Forse, però, un posto meno pretenzioso e più pratico sarebbe andato meglio.» «Non è un "nascondiglio". È la "Grotta delle Stelle", così lo chiama il capo» la corresse Bo. Vespa alzò gli occhi al cielo. «Attento, Prosper. Tra un po' esisterà solo Scipio. Mi sa che non ascolterà più neanche te» gli bisbigliò. «E allora? Che ci posso fare, io?» ribatté seccato Prosper. Man mano che i quattro ragazzini camminavano, le vie si facevano sempre più strette e silenziose. E presto si trovarono nel cuore nascosto e poco frequentato della città. I quattro procedevano rapidi inoltrandosi nei meandri più reconditi, sconosciuti alla maggior parte delle persone. E finalmente eccolo là, il loro rifugio. L'ampia entrata era chiusa da una saracinesca arrugginita. Sopra, mezzo storta, pendeva un'insegna luminosa, che di luminoso non aveva più niente, spenta com'era da molti anni. STELLA: questo era il nome del cinematografo abbandonato. Vespa lanciò un'occhiata circospetta in giro e Prosper si assicurò che nessuno li stesse guardando, magari dietro i vetri delle abitazioni vicine. Poi tutti e quettro, uno dopo l'altro, scomparvero dietro l'angolo, a pochi metri dall'ingresso principale. Erano finalmente a casa.