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Un autore molto apprezzato dai posteri Virgilio fu un autore molto apprezzato sin dagli anni immediatamente successivi alla sua morte: fu studiato nelle scuole e le sue opere furono a lungo proposte come modello di stile e di poesia. Per questa ragione, nell'antichità circolavano humerosi riassunti o commenti ai suoi scritti, così come biogratie dell'autore. Quel la plu famosa fu composta nel Il secolo d.C. da Svetonio, all'interno di una raccolta al vite di poeti illustri (De poetis). Il testo non ci è giunto, ma possediamo la trascri- Zione che ne fece un grammatico del IV secolo d.C., Donato, Vergilii vita secundum Donatum, ed è appunto questa l'opera oggi più accreditata dagli studiosi per rico- struire le vicende biografiche di Virgilio. I primi anni e la formazione filosofica Publio Virgilio Marone nacque nel 70 a.C. nella cittadina di Andes, identificata con l'odierna Pietole, nei pressi di Mantova. La sua famiglia possedeva alcune terre vicino al fiume Mincio e, pur essendo di condizioni modeste, permise al figlio di studiare prima a Cremona, poi a Milano e quindi a Roma. Secondo la tradizione, Virgilio avrebbe dovuto completare gli studi di diritto e diventare avvocato, ma il suo carattere schivo gli impedì di dedicarsi alla professione forense ed egli si orien- tò piuttosto verso la poesia e la filosofia. Il luogo più importante per la sua forma- zione culturale fu Napoli, città da lui molto amata per il clima mite e per il legame con la cultura greca; qui studiò la filosofia epicurea presso il maestro Sirone e strinse amicizie, che sarebbero durate per tutta la vita, con Vario Rufo, Plozio Tucca e con il poeta Orazio. La perdita delle terre mantovane e le Bucoliche Gli anni più difficili per Virgilio turono quelli successivi al 42 a.C.: le sue terre mantova- ne, come quelle di molti altri cittadini romani, furono infatti espropriate e date come ricompensa ai veterani dell'esercito di Ottaviano, che a Filippi avevano sconfitto i re- sponsabili della morte di Cesare. In un primo tempo, alcuni amici potenti (Asinio Pol- lione e Cornelio Gallo) erano riusciti a esentare Virgilio dalle requisizioni forzate, ma ben presto anch'egli subi lo stesso destino di altri piccoli proprietari. La malinconia e il senso di precarietà provate dal poeta per tali eventi si riflettono appunto nell'opera che egli scrisse tra il 42 e il 39 a.C., le Bucoliche o Ecloghe. Si tratta una raccolta di dieci componimenti in versi esametri che hanno come protagonisti i pastori. I temi sono le sofferenze amorose e la vita dei campi, ma sono presenti in forma allegorica anche riferimenti ad argomenti politici e sociali, come l'esilio e le querre civili. I luoghi sono reali (pascoli, fonti, boschi) ma trasfigurati e idealizzati, come in un sogno (ad esempio elementi della campagna mantovana sono fusi insieme con particolari del paesaggio siciliano, perché l'iniziatore del genere bucolico cui si rifà Virgilio, cioè Teocrito, era siracusano). L'incontro con Mecenate e la composizione delle Georgiche Le Bucoliche ottennero un notevole successo e permisero a Virailio di essere introdotto nel circo- lo di Mecenate. Questi era il potente segretario e consigliere di Ottaviano Augusto, che aveva radunato intorno a sé i più dotati intellettuali del tempo, come Livio, Orazio, Ovidio e Virgilio stesso, e, da abile politico, consentiva loro un'adeguata libertà di pensiero e di espressione, ma stimolava anche una produzione in linea con la politica imperiale. Mecenate insistette affinché Virgilio componesse le Georgiche, un'opera didascalica in quattro libri, sempre in versi esametri, riguardante la coltivazione e l'allevamento. In essa Virgilio non volle fornire nozioni tecnico-pratiche a contadini e allevatori, ma celebrare la piccola proprietà ei valori della tradizione (mos maiorum), come frugalità e laboriosità, messi in crisi dalle guerre civili. L'Eneide Dal 29 a.C., anno in cui lesse con successo le Georgiche a Ottaviano Augusto, Virgilio lavorò al- l'Eneide fino alla morte, avvenuta nel 19 a.C. Il carattere estremamente scrupoloso gli impediva di essere soddisfatto del proprio lavoro ed egli tornava spesso su episodi già scritti per correggerli e rielaborarli, leggendo di volta in volta alcuni passi a piccoli gruppi di ascoltatori. Secondo Donato, proprio per raccogliere materiali per la revisione del poema, Virgilio intraprese un viaggio in Grecia, restando vittima di un'insolazione nella città di Megara; durante il ritorno in Italia, sentendosi morire chiese ripetutamente agli amici gli scrinia (i cofanetti) che contenevano il testo dell'Eneide, per distruggerlo in quanto incompiuto. Vario e Tucca si opposero alla richiesta e Virgilio affidò loro i versi chiedendo di rendere note solo le parti da lui stesso riviste. Per ordine di Augusto, invece, l'opera fu pubblicata integralmente, compresi i pochi versi incompiuti disseminati nel poema. Virgilio morì a Brindisi e fu sepolto vicino a Napoli; secondo la tradizione, la sua tomba riporta- va un'epigrafe dettata da lui stesso: Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Partheno- pe; cecini pascua rura duces, "Mantova mi generò, i Calabri mi rapirono dalla vita, Napoli ora mi possiede: cantai i pascoli, i campi, i condottieri".