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Monet decide di realizzare il cospicuo ciclo delle Ninfee scegliendo di dipingere su tele di grandi dimensioni. Istanti mutevoli come il riflesso di luce su uno specchio d’acqua, una particolare condizione del cielo, il movimento del mare in tempesta, costituiscono dei soggetti instabili, sfuggenti: “istanti fugaci” che richiedono una rapida “cattura” del momento e l’utilizzo di tele di piccole dimensioni. Nei suoi atelier, ispirato dalle innovazioni della nascente fotografia, Monet riusciva a frammentare le sue impressioni, per poi ricomporle in una sequenza di attimi, in una visione unica. Le ninfee fioriscono solo nel periodo estivo, ma Monet, tuttavia, non rinuncia alle sue Ninfee neanche in inverno e decide di lavorare in due stagioni distinte con l’aiuto dei cavalletti mobili: Nel periodo estivo, Monet dipingeva “en plein air” cercando di catturare scorci, dettagli e particolari, posizionando il suo cavalletto di fronte alle rive del giardino delle ninfee. Nel periodo autunnale e invernale, il pittore terminava le tele all’interno del suo grande atelier riuscendo ad avere una visione d’insieme dell’opera. Il dipinto non veniva mai iniziato e terminato sul posto. Dividendo il lavoro in due momenti, la continuità viene interrotta: tra il momento vissuto e la fase di esecuzione su tela, si frappone una rappresentazione mentale di quello che si è visto. Ciò che si dipingerà, sarà il ricordo di quell’immagine, il ricordo confuso di quei colori, ma soprattutto il ricordo delle emozioni che il paesaggio suscita nel pittore. È possibile notare come Monet, durante il progetto e la realizzazione delle Ninfee, abbia ridotto sempre di più i dettagli delle figure, avvicinandosi alle forme dell’Astrattismo. Monet utilizzava un tratto più disteso per realizzare lo specchio d’acqua attraverso le tonalità che vanno dall’azzurro al blu scuro e una pennellata nervosa, rapida, irruenta, per realizzare i fiori delle ninfee.