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Un argomento certamente molto discusso durante il weekend di MotoGP appena terminato è quello delle bandiere gialle. Infatti Francesco Bagnaia si è visto annullare per ben due volte il tempo per non aver rispettato il regime di bandiere gialle, quindi per non aver rallentato. Vengono esposte in seguito ad una caduta per segnalare ai piloti di rallentare in quella parte della circuito per evitare, cadendo, di travolgere il pilota già a terra. Le bandiere gialle sono state esposte in seguito alla caduta di Miguel Oliveira, appunto per questo. Lo stesso Bagnaia dichiara però di non aver visto la segnalazione da parte dei Marshall che, proprio a partire da questo GP, non sono sventolate dai commissari a bordo pista ma sono segnalate su tabelloni lampeggianti, in modo da rendere il sistema più veloce ed efficiente. Naturalmente per la Direzione Gara non aver visto la bandiera equivale ad averla ignorata e di conseguenza la penalità è stata comunque comminata. Però, osservando ľon board di Bagnaia, è molto chiaro come, effettivamente, gli fosse impossibile vedere la bandiera a destra mentre stava piegando a sinistra e, quindi, indirizzando lo sguardo da quella parte. Il pilota Ducati ha poi affermato che, se avesse visto le bandiere, avrebbe certamente rallentato e tentato l'attacco al tempo durante il giro seguente, in quanto non aveva ancora preso la bandiera a scacchi. Dopo questa dichiarazione possiamo essere abbastanza certi della buona fede del pilota ma questo episodio attira l'attenzione su questo argomento. È giusto cancellare un giro ad un pilota solo perchè ha avuto la sfortuna di passare su un tratto di pista nel quale è caduto un pilota? Mettendosi nei panni di Bagnaia verrebbe da dire assolutamente di no. Da un punto di vista più oggettivo si potrebbe affermare che, considerando un massimo di 5 giri completati da un pilota durante le qualifiche, e tenendo conto che mai più di 2 giri sono quelli fatti veramente spingendo al limite, possiamo dire che, se qualcuno si trovasse il tempo annullato per bene due volte come Pecco, la sua gara sarebbe irrimediabilmente compromessa. Ma, pensando a cosa potrebbe succedere se una moto particolarmente veloce colpisse in pieno un pilota a terra, non si può evitare di accettare quello che questa norme di sicurezza impongono. Uno degli ultimi esempi di una situazione simile è quello di Tito Rabat, ora in Superbike, mai pilota da prime posizioni in MotoGP ma autore nel 2018 di una buona crescita fino al GP di Silverstone. Lì, dove verrà poi annullata la gara, nelle FP4, dopo essere caduto, viene colpito dalla moto di Morbidelli che pochi secondi dopo è rotolata nella via di fuga. Si è rotto tibia, perone e femore, rovinando di fatto la sua carriera, ma, dopo essere stato colpito da una moto a più di 100 km/h poteva andare molto peggio. Quindi, per quanto questa norma di sicurezza possa togliere dello spettacolo, sarebbe meglio rispettarla, se non vogliamo trovarci a fare i conti con spiacevoli situazioni e poi essere costretti a parlare di regole che esistono ma non vengono rispettate.