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La ricerca motoria. Una esemplificazione esplicativa di quanto detto è la notazione che l’attuale dibattito sul tema centrale della disciplina, ossia la valutazione della competenza motoria, trova difficoltà a chiarire su quali basi /teoriche e/o strumentali) sia possibile definire una nuova metodologia per la rilevazione e la misurazione di detta competenza per una sua corretta valutazione (interpretativa e/o di applicazione pratica), stabilendo eventuali analogie o differenze con la tradizionale procedura orientata a misurare la performance quantitativa e qualitativa. La questione è riconducibile, probabilmente, non soltanto ad una mancata (e difficile) definizione epistemologica dei concetti chiave cui essa rimanda (abilità, capacità, competenza), ma anche alla molteplicità dei contesti in cui detti concetti trovano applicazione (formazione, potenziamento cognitivo e comportamentale, addestramento tecnico, pratica ludica e sportiva, etc.). È doveroso, quindi, precisare subito il significato con cui i predetti termini e quelli ad essi correlati vengono qui utilizzati. Termini quali "abilità", “capacità", “competenza”, “potenzialità” molto spesso sono utilizzati in forma ambigua, generalizzata, come sinonimi, seppure sia evidente il loro rimando a situazioni e a contesti esplicitativi di senso e di significato molto differenti tra loro. - È piuttosto frequente il rimando al concetto di "abilità" .Sono abilità motorie, secondo il significato anzidetto del termine abilità, i gesti della danza, dell’attività atletica, delle prestazioni acrobatiche e delle arti marziali, ecc., che si acquisiscono con l’esercizio e l’allenamento. Sono abilità motorie pure i movimenti coordinati della testa, dei piedi, delle mani, del corpo, in generale. Ed ancor più, i gesti della danza, dell’attività atletica, delle prestazioni acrobatiche, delle arti marziali, ecc. In realtà, le abilità motorie vanno ben distinte dalle competenze motorie, che rappresentano il corretto uso segmentario di una parte del corpo in contesti e situazioni generalizzate: ad es., della mano (nella scrittura o nel disegno), oppure dei piedi nella pratica sportiva individuale (nella corsa o nel salto) e in quella di gruppo (nel calcio, ad esempio). Come pure nell’uso coordinato di più segmenti corporei (corpo, mani e piedi) richiesto da molte pratiche sportive (tennis, pallacanestro, etc). L’efficienza e l’efficacia della pratica motoria, come espressione di abilità (ma anche di competenze), non sono casuali ma dipendono dal livello di acquisizione, mediante l’esercizio e/o l’allenamento, di schemi motori complessi e specializzati. È e “capacità coordinative”: e "capacità condizionali" sono quelle legate alla condizione fisica, e costituiscono l'insieme delle caratteristiche biochimiche e morfologiche che definiscono le potenzialità fisiche di un individuo. Esse dipendono dal grado di sviluppo degli apparati dell'individuo, e sono quindi "strutturali", cioè sono parte della struttura genetica. le "capacità coordinative", sono quelle che consentono all'individuo di calibrare e regolare la dose del movimento, ovvero di eseguire un gesto nella maniera più composta ed economica. Esse dipendono dal grado di efficienza del sistema nervoso e degli organi sensoriali, e sono pertanto "funzionali", ossia legate alla funzionalità del sistema nervoso. La pluralità di dette variabili e la molteplicità della loro combinazione, nella progettazione e nella gestione di atti motori, rendono abbastanza composita e problematica la possibilità di pervenire a una condivisa chiave di lettura e di interpretazione valutativa di detti atti, seppure di notevole aiuto, in questa direzione, sia la classificazione stadiale dello sviluppo umano (vedi ad es. la formulazione di J. Piaget). Una classificazione che consente di rapportare i modi e i tempi della maturazione motoria nel costituirsi della personalità nel corso dell’età evolutiva. Percorso di maturazione che aiuti a comprendere anche le dinamiche comportamentali dell’età adulta. Non c’è atto della vita che non sia legato al movimento, dal più semplice al più complesso. È il movimento a rappresentare la vita, a fornire indicazioni di presenza e di partecipazione, a declinare tutto ciò che avviene nello spazio e nel tempo, indicandone proiezioni, livelli di sviluppo, destinazioni. Nella sua pur estesa differenziazione di entità, il movimento non è mai estraneo alla vita dell’uomo, anzi ne è parte integrante, perché ne modifica la vita stessa, incidendo fortemente sui processi della sua crescita fisica, della maturazione psichica, della sua affermazione identitaria e professionale. La sua incidenza nella vita individuale, ma anche collettiva, dipende dal fatto che il movimento può essere rilevato (grazie ai recettori sensoriali), pensato (cioè rappresentato, interpretato, progettato e finalizzato), agito (grazie agli effettori), valutato (nella congruenza dei suoi esiti) ed, eventualmente, riadattato (in un nuovo percorso di sviluppo, per renderlo significativo e/o efficace rispetto alla sua destinazione). È con la rappresentazione mentale di esso, mediante l’esercizio di un sistema interattivo, complesso e integrato di coordinate (spaziali e temporali), che viene a definirsi e a declinarsi ogni condizione e stato dell’esistente, sia che questo riguardi il contesto della realtà empirica, sia le specificità individuali, come anche sistemi più o meno complessi, quali il gruppo, le comunità, il sociale. Il conoscere e i connessi processi di intelligenza sono legati all’esercizio del movimento, fin dai primi atti percettivi grazie ai quali prende avvio la rappresentazione mentale del sé e della realtà, come presenze attive nella loro straordinaria differenziazione. E anche laddove la realtà è necessariamente statica, la sua presenza viene colta grazie alla funzione vicariante del movimento oculare. Movimento non soggetto alla volontarietà e gestito autonomamente dal cervelletto. Senza il movimento oculare la mente umana sarebbe completamente cieca e non sarebbe in grado di cogliere la complessità e la varietà manifestativa dell’ambiente, nei suoi colori, nelle sue forme, nelle sue caratteristiche funzionali. È attraverso la rappresentazione e l’esplicitazione del movimento, dunque, che trovano esplicitazione forme e livelli differenziate d’intelligenza, come anche di intenzionalità e progettualità, emotività, affettività, modalità e livelli di aggressività e/o di difesa, paure e fobie, curiosità e fantasia, immaginazione, capacità e abilità organizzativa e gestionale, livelli di funzionalità segmentaria e/o globale del corpo, organizzazione e finalizzazione di intese di gruppo, caratteristiche di identità e di intenzionalità sociale. La rappresentazione della motricità e dei sui significati comunicativi ed espressivi è oggetto di variegate forme di indagine e di spiegazione, anche perché varie sono le sue componenti costitutive. Di essa si interessano tanto la psicologia, quanto la neurofisiologia, così come la sociologia, con le rispettive discipline “applicative” in campo terapeutico. Altrettanto interesse per essa esprime la ricerca pedagogica, soprattutto per ciò che concerne l’esercizio delle azioni educative, in generale, e della didattica, come atto dell’istruzione, in particolare. La motricità, di fatto, pur essendo connaturata con la specie umana, trova una progressiva definizione ed espressione nelle singole individualità, grazie ai processi mentali che ne favoriscono l’acquisizione e ne determinano la gestione in atti di esperienza. Ciò mediante un circolo vizioso, nel senso che l’esercizio della motricità favorisce la progressiva formazione degli apparati neurofisiologici e degli schemi interpretativi della mente, mentre questi, a loro volta, concorrono a perfezionare le forme stesse della motricità. Ciò a conferma della regola secondo cui la funzione determina la struttura e, viceversa, la struttura determina la funzione. La motricità, come espressione della individualità, è strettamente legata al maturare della struttura corporea e ai complessi meccanismi della mente che gestiscono il comportamento individuale, per cui è conformativa della personalità di chi la esprime. Il considerare la motricità come espressione e manifestazione della personalità individuale, la cui formazione è soggetta al maturare della mente e del corpo, oltre che dalla sua “sperimentazione” in Detta modalità di approccio (propria del campo pedagogico) consente, tra l’altro, “di superare il limite di un'analisi centrata esclusivamente sulla realtà della persona nel suo esprimersi come soggetto di relazione (compito, questo, della psicologia dinamica); analisi che non ci permetterebbe di spiegare l'origine e le ragioni della "dinamica relazionale", anche in funzione delle "condizioni d'ambiente" entro cui tale dinamica trova motivazione ed esplicitazione.3 Esigenza insopprimibile, questa, per cogliere il senso e la portata interpretativa della motricità nel costituirsi e nell’esprimersi della personalità (individuale e sociale).