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Capitolo 8. Un dolore lancinante le colpì il polso, subito segnato da una striscia rossa che bruciava come il fuoco. Inspirò profondamente e cercò di sopportare stoicamente il dolore. Hazel si trovava in armeria, intenta ad allenarsi con la frusta, un’arma quasi nuova per lei, voleva imparare per seguire le orme della madre. “Quando sarai pronta, ciò che è mio sarà tuo” questo le aveva detto Isabel sua madre, qualche giorno prima. Era tutta mattinata che si allenava a colpire il bersaglio, indirizzando l’arma con precisione, e solo dopo ore di allenamento era riuscita nel suo scopo. Fece appena in tempo ad accennare un sorriso di soddisfazione che l’estremità della frusta tornò indietro colpendola. La più piccola distrazione le aveva fatto perdere il controllo dell’arma. Si accorse che erano passate diverse ore da quando aveva iniziato il suo allenamento speciale, lo stomaco iniziò a brontolare in segno di protesta. Le labbra le si incurvarono in una smorfia, se non si fosse accorta dell’orario probabilmente la fame non si sarebbe fatta sentire, proprio come a colazione. Decise di riporre la frusta, per tornare in camera e concedersi una doccia rilassante. L’acqua fredda scorreva sulla ferita, portando via tutto il calore e parte della sofferenza. Uscita dalla doccia decise di disegnarsi un iratze per far guarire più rapidamente la ferita. Si infilò il paio di pantaloni, neri in ecopelle, che aveva gettato con non curanza sulla sedia nell’angolo della camera qualche giorno prima e un maglioncino grigio che faceva risaltare il colore verde dei suoi occhi. Si diresse precipitosamente in cucina. Aveva tanta fame da non aver notato il ragazzo seduto sul tavolo, nel dirigersi al frigorifero. Aveva spalancato la porta, alla sua vista si presentarono solo pochi avanzi di cibo d’asporto riposti svogliatamente nelle confezioni del ristorante di provenienza, ne prese una e l’aprì, l’odore che ne fuoriuscì non era dei migliori e anche all’aspetto non si presentavano bene. Quasi come per protesta il suo stomaco iniziò a brontolare rumorosamente. Hazel fece una smorfia. Si voltò, per dirigersi verso il cestino dell’immondizia per gettare gli avanzi ormai scaduti, poco dopo si rese conto della presenza di suo cugino Elaigia. “Ciao Straniero! Andata bene la mattinata?”chiese lei. “Abbastanza bene direi, ho conosciuto una ragazza oggi al parco” Arrossì “Tu invece? Cosa hai fatto?” “Una ragazza? Uh racconta racconta com’è, com’è?Ti piace??” Chiese molto impaziente lei. “Si chiama Lexie, ha una voce molto rilassante, che infonde tranquillità, mi sembra una ragazza molto sensibile, è alta più o meno come te, ha una corporatura normale, direi, occhi a metà fra il castano e il verde, porta gli occhiali tondi, alla Harry Potter, e i suoi capelli sono color biondo fragola” Disse lui tutt’unfiato, per cercare di sembrare meno in imbarazzo. “AAA, allora ti piace! Elaigia e Lexie! Suona bene” Scherzò la ragazza. “Dai! Smettila! “ “Va bene, va bene, è come noi?” “Intendi una Shadowhunter? Non lo so, non ho visto marchi sulla pelle, dice di venire da lontano quindi potrebbe essere, dopo tutto era vicino al parco delle fate. “ Rispose lui. “Ma se non aveva le rune, non può essere come noi.” Sentenziò Hazel. “Magari usa delle rune, per nascondere agli occhi degli altri i suoi marchi, come faccio io.” Fece una breve pausa, si guardò intorno e poi continuò.” Cuciniamo noi oggi? Mi aiuti?” “Certo! “ I due si misero a cucinare per tutta la famiglia che da li a breve si sarebbe riunita come al solito. Jace era seduto a capotavola, Alec alla sua destra dopo di lui cera seduto Ridian poi Freya poi Max poi Hazel, Elaigia poi c'era Saimon poi Izzy poi Nicolas ed Evelyn e Mag nus e poi c’era un posto vuoto, per Clary, che arrivò poco dopo. “Ok, ci siamo tutti, possiamo iniziare !"Disse lo stregone sorridendo iniziando a servire il pranzo. “Menomale che c’è Elaigia, qui altrimenti non avremmo mai mangiato così bene, sopratutto se fosse stata zia Izzy a cucinare" Era stato Max a parlare. Tutta la tavolata rise, finalmente tutta quella tensione che si era accumulata nei giorni prima, sembrò scemare, riportando tutta la famiglia di Cacciatori a un ricordo di normalità. “Hazel, Nicolas, Maxwell come vi state trovando con i nuovi allenamenti ? “ Chiese tra un boccone e l’altro, Alec. “Bene direi, anche se vorrei allenarmi con voi come quando eravamo più piccoli, e non come ora, anche con tutti gli altri ragazzi.” Rispose il più piccolo fra gli Heron-dale. “Max, tu sei stato fortunato perché sei nato in questa famiglia, e quindi hai sempre avuto sin da piccolo, come tutti i tuoi cugini e fratelli, i migliori insegnanti privati in circolazione, fra i quali proprio i tuoi famigliari. L’affermazione che hai appena fatto è molto brutta. “ Lo rimproverò Izzy. Max abbassò la testa in segno di scusa, come se avesse compreso in ritardo, il peso delle sue parole. “Sapete che Elaigia ha conosciuto una ragazza oggi?” Fu Eis a rompere quel silenzio quasi imbarazzante. Il ragazzo in quel momento alzò lo sguardo dal suo piatto per fulminare la cugina. “Beh, dicci un po’ di lei!” Intervenne Clary sua madre. “Sono fatti miei, e la prossima volta quando faccio una confidenza a qualcuno, vorrei che rimanesse tale.” Disse lui in modo scocciato, alzandosi da tavola per dirigersi in camera sua. “Elaigia Stefan Heron-dale, torna qui, stiamo mangiando!” lo rimproverò il padre. “Io ho finito.” Disse sull’uscio della cucina dando le spalle a tutta la sua famiglia. Elaigia era un ragazzo molto riservato e odiava quando ciò che diceva a persone di fiducia, cadeva poi sulla bocca di tutti, che fossero parenti o estranei. Era una persona molto riservata, e introversa, che forse anche per via di tutto il bullismo vissuto nella prima adolescenza, aveva fatto crescere in lui, la paura di non essere mai all’altezza, e la paura delle cose nuove. “Vado io.” Alec si alzò in piedi, sapeva cosa stava provando suo nipote, perché erano le stesse emozioni che aveva provato lui da giovane. “Elaigia, posso entrare?” Chiese bussando alla porta della camera del ragazzo, sapeva quanto tenesse ai suoi spazi, quindi li avrebbe rispettati anche se la risposta alla sua domanda sarebbe stata negativa. “Chi c’è con te?” “Nessuno, sono da solo.” “Ok, entra. Sei qui per farmi la ramanzina? Per dirmi che dovevo restare a tavola? Beh puoi risparmiarmela.” Era a gambe incrociate sul suo letto, aveva un quaderno in mano, “Le avventure di Elaigia Heron-dale” era un regalo di qualche anno prima, fatto proprio da Alexander. Li dentro avrebbe potuto scrivere le sue emozioni, avrebbe potuto raccontarle a qualcuno che non le avrebbe mai dette a nessuno, Alec conosceva fin troppo bene il nipote, probabilmente perché aveva un carattere molto simile. “No Stef, non sono qui per farti la ramanzina, anche perché sono convinto che tu sappia già di avere sbagliato.” Disse avvicinandosi al nipote. Era l’unico che lo chiamava in quel modo, Stef era l’abbreviativo di Stephan il suo secondo nome, il nome di suo nonno. “ Sono qui, per chiederti come stai?.” “Come sto? Mi sento tradito zio, mi sento tradito, lo so può sembrare una sciocchezza, e forse lo è, ma quando io parlo con qualcuno, chiunque esso sia, che rispetti la mia privacy.” Il giovane cacciatore, rispose con enfasi. “Lo capisco, lo capisco davvero, ma sappi che per quanto tua cugina abbia sbagliato, non lo ha fatto di certo per ferirti, ti è chiaro questo?” Alec era estremamente cauto in queste situazioni, essendoci passato da giovane e a volte passandoci tutt’ora, si rivolse a suo nipote, come avrebbe voluto che si rivolgessero a lui. “Si zio lo so, ma mi da fastidio, io non voglio essere sulla bocca di tutti, non mi va, basta pettegolezzi, ne ho già sentite di voci di corridoio su di me, e non voglio che ricapiti più.” Elaigia aveva il magone, ciò che lo aveva portato a scattare pochi minuti prima, era stato il ricordo di anni passati, quando veniva deriso e preso in giro, quando ad ogni minima cosa che lui facesse, gli altri reagivano parlando di lui, disprezzandolo ed evitandolo. “Amore, guardami, guardami negli occhi, Hazel non ti farebbe mai del male, come nessuno in cucina ok? Ti vogliono bene, un bene dell’anima, non pensare neanche per un minuto che loro vogliano giudicarti. Se non vuoi parlare di determinati argomenti, limitati a dire, che non ne vuoi parlare. Loro capiranno. Ma se ti comporti come ora, a passare dalla parte del torto sarai tu.” Alec aveva abbracciato il nipote, che ormai era immerso in un pianto profondo. Restarono in quella posizione finché Elaigia non si calmò, dopo tornarono in cucina per finire il pranzo.