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Le splendide vittorie ottenute sui Persiani avevano posto al sicuro la libertà della Grecia nei rapporti esterni; ma non poteva mancare che si risentisse il contraccolpo all'interno, dove pur sempre c'erano e vivevano i nemici della democrazia. Tuttavia Libertà ed Eguaglianza divenne la parola d'ordine di tutto il mondo greco, ovunque si reclamarono ad alta voce istituzioni più libere, e nessuno di quelli che durante le guerre persiane erano stati indecisi o addirittura nemici della democrazia poté - sincero o no- sottrarsi all'impulso di questa corrente. La guerra vittoriosa aveva provocato questi rivolgimenti. La tirannide si era tenuta in piedi ancora per poco nell'Asia Minore, ma era artificiale perchè aveva l'appoggio della signoria persiana; ma dopo la battaglia di Micale essa fu definitivamente abbattuta dappertutto. Per l'ulteriore trionfo dell'idea democratica fu poi decisivo il fatto che a capo della lega marittima si trovò Atene. L'esempio infatti della città predominante non poteva non esercitare un orgoglio negli ateniesi e una profonda influenza sulle città confederate; a mano a mano le loro costituzioni vennero sempre più ravvicinate a quella ateniese; anzi quest'ultima costituzione fu talora addirittura presa a prestito tale e quale. Atene naturalmente favorì in tutti i modi il progresso di questo movimento; era infatti chiaro che la comunanza di ordinamenti pubblici di carattere democratico avrebbe costituito il più saldo vincolo tra i membri della lega. Dopo Salamina e Platea, dopo l'annientamento dei Persiani, l'unità e la democrazia che avevano permesso queste vittorie, si diffuse in tutta la Grecia. Anche in Beozia, dopo la battaglia di Platea, cadde il governo aristocratico che aveva stretto l'alleanza con i Persiani e fu sostituito con un governo democratico. Ad Argo che non aveva partecipato ma che già possedeva una costituzione, e nella sostanza e di fatto era democratica, venne abolita anche qui la dignità regia che, per quanto con poteri assai limitati, si era retta fino alla guerra persiana. Sull'esempio di Argo poi la democrazia fu introdotta anche nell'Elide ed in Arcadia, ed in seguito a tale trasformazione quest'ultima regione si staccò da Sparta per passare dalla parte di Argo. Sparta non potè a meno di rimanere semplice spettatrice di tutti questi avvenimenti, perché aveva preoccupazioni urgenti in casa propria. Si era venuto manifestando un fermento fra gli iloti; e chi fomentava in segreto questo movimento era né più ne meno che lo stesso reggente Pausania di cui abbiamo già parlato, compresa la sua misera fine. Ma qui a lui dobbiamo tornare. Già reggente di suo cugino Plistarco, il figlio minorenne di Leonida immolatosi alle Termopili, dopo la vittoria di Platea, quello strepitoso successo aveva conferito a Pausania una autorità, quale nessun re di Sparta aveva mai goduto: con l'aiuto di essa Pausania concepì la speranza di restaurare la dignità regia in tutta l'antica pienezza di poteri e liberarla dalla soggezione alla tutela dell'eforato. Con questi disegni in cuore, l'anno dopo Platea, egli assunse nel 478 il comando della flotta alleata ellenica; ma la ribellione degli Joni lo fece presto cadere dalla sommità cui era giunto. Fu - come abbiamo già narrato- richiamato a Sparta ed accusato d'alto tradimento per pretese connivenze col re persiano, nulla però si riusciva a provare a suo carico e il tribunale lo assolse. Lui tornò sull'Ellesponto, e soltanto quando fu cacciato da Bisanzio dagli Ateniesi gli efori spartani gli impartirono l'ordine di tornare nuovamente indietro. A quel punto egli concepì una insurrezione di iloti; ma gli efori lo prevennero. Solo rifugiandosi nel tempio di Atena Pausania potè sottrarsi alla cattura e a una sentenza di morte per cospirazione; gli efori non osarono violare il sacro luogo ma fecero murare l'ingresso, ed il vincitore di Platea vi trovò una fine ingloriosa: la morte per fame (verso il 470).