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La notte del letale letame (ovvero La fine di una calda estate puerpera) 1 Una lettera dal passato Dagonfo Kruiser osservò la scena con disgusto crescente mentre fuori la pioggia scendeva con ritmo crescente su un sottofondo in la minore settima. Che lavoro di menta, pensò! Perché quella volta non ho scelto il corso di trapezismo acrobatico subacqueo invece di dedicare l’intera mia esistenza a questa causa senza requie? È una scommessa persa in partenza, e poi non si può sconfiggere il male definitivamente, lo dicono James Bond e Cujo e MCCC. Era quest’ultimo un ottimo romanzo che aveva fatto 25 € di incasso in tutto il mondo, lo avevano comprato solo tre tizi molto miopi che cercavano la biografia degli Acì Dicì, e che dopo essersi accorti dell’errore lo avevano usato come utilissima paletta per le mosche. Ma la gente non capiva niente. Quel romanzo era davvero buono, se si superavano le prime 520 pagine senza addormentarsi o senza assalire zia Caterina con un righello appuntito. Lui, Dagonfo Kruiser, era fortunato: mai avuta una zia Caterina (uno zio Caterino sì, un trans di mamma brasiliana che di notte batteva le rotonde e di giorno si faceva chiamare, all’inglese, Catering, e organizzava banchetti e buffet, il tre quarti delle volte con alimenti rigorosamente avariati, soprattutto Krapft. Ma lasciamo perdere il Catering, amico di tutti i busoni, e torniamo a Dagonfo e al libro). Il Kruiser teneva amorevolmente il libro sul comodino della camera da letto assieme all’incursore anale e alla foto di un’ombra proiettata sul muro, una silhouette di una persona seduta su una sedia con in testa una specie di elmo, ma non si capiva bene. La foto era accompagnata da una lettera misteriosa, che diceva più o meno così: