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Dalla tragedia classica alla tragedia cristiana. Se Aristotele aveva raccomandato ai tragediografi di rappresentare eroi né del tutto colpevoli né del tutto innocenti, Manzoni supera questa impostazione tradizionale guardando a Cristo, vittima innocente, morta per redimere l’umanità. Così i protagonisti delle tragedie sono di fatto individui innocenti (Carmagnola, Adelchi, Ermengarda) la cui sventura terrena acquista un nuovo significato in prospettiva ultraterrena. Tratto classicamente tragico rimane però, per esempio, la vana lotta del Carmagnola contro il destino: tutte le sue azioni mirano a evitare la taccia di tradimento e la vergogna della morte sul patibolo, a cui invece finiranno fatalmente per condurlo. Quel che lo rende un eroe incompiuto è l’incapacità di riconoscere e accettare nella propria vita e nel proprio destino la volontà di Dio. Questo è invece il passaggio che riescono a compiere, nella seconda tragedia, Adelchi ed Ermengarda; in particolare la vittoria di Adelchi sulla tentazione del suicidio (troppo facile espediente, secondo Manzoni, tanto diffuso nelle opere tragiche del tempo) rappresenta la compiuta trasformazione del fato in Provvidenza.