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Sono stati anni intensi, impegnativi ma ricchi di soddisfazioni. Quando ho accettato l’incarico di Amministratore delegato nel 2013 ero consapevole di dover affrontare una sfida non semplice. Un insieme di fattori critici stava mettendo a rischio la sopravvivenza di un’azienda editoriale di tradizione più che centenaria, un simbolo dell’eccellenza italiana. Ma la crisi economica e le profonde trasformazioni che la tecnologia stava causando, proprio nel settore dell’editoria, imponevano un cambiamento radicale. Il nostro modello di business, fino ad allora saldamente fondato sull’attività dei magazine, doveva essere modificato spostando il baricentro economico dell’azienda sull’attività dei libri, un business più resiliente. Questo ha significato sacrifici e rinunce, cessione di attività non fondamentali, riduzione drastica dei costi, ma anche operazioni di acquisizione strategiche, come Rizzoli nell’area libri e Banzai nel digitale. È stato un processo articolato in più fasi ma alla fine il risultato è un’azienda compatta, sana, oserei dire migliore sotto molti punti di vista, e soprattutto con tutti i numeri per poter crescere nel prossimo futuro. Le decisioni prese per garantire la stabilità economica della Mondadori hanno avuto sicuramente un impatto sulle persone che lavorano in e per Mondadori. E questa è stata una delle preoccupazioni principali durante il mio mandato. Era necessario rafforzare il senso di comunità già presente – c’è sempre stato un forte senso di appartenenza alla Mondadori – ma bisognava fare qualcosa di più e di meglio, perché i cambiamenti sono stati tanti e profondi. Era fondamentale far sentire tutti protagonisti del cambiamento, anche attraverso occasioni di puro intrattenimento tra di noi, perché abbiamo lavorato tanto ma ci piace stare insieme anche in momenti più distesi. Alcune occasioni si sono presentate anche in relazione a eventi e iniziative di valorizzazione della sede principale della Mondadori, il palazzo ideato da Oscar Niemeyer. Può sembrare paradossale ma un’architettura così iconica è in grado anche di rinsaldare il senso di appartenenza. Ma soprattutto abbiamo pensato alla qualità della vita lavorativa e all’equilibrio tra questa e la vita privata delle nostre persone, migliorando servizi e dotazioni e introducendo nuovi strumenti all’avanguardia per la gestione del rapporto di lavoro e il welfare. Certo, l’ultimo anno è stato molto complicato a causa del virus, ma devo dire che lo abbiamo affrontato e lo affrontiamo ancora oggi tutto sommato abbastanza bene, sia dal punto di vista della gestione economica sia per quanto riguarda le nostre persone. E questo grazie al lavoro svolto in questi otto anni. Sì, non è così che vorrei salutare e ringraziare tutti voi; davvero vorrei poterlo fare stringendo mani e brindando ai risultati che abbiamo raggiunto insieme. Senza di voi tutto questo non sarebbe stato possibile: grazie per l’impegno, la passione, la professionalità. Non avrei potuto chiedere compagni migliori in questa straordinaria avventura. Voglio ringraziare anche il nostro Presidente, Marina Berlusconi, che ha creduto nel nostro lavoro e mi ha sostenuto in questa impresa; grazie anche ai membri del Consiglio di amministrazione che in questi anni hanno collaborato fattivamente alla trasformazione dell’azienda. A tutti un saluto e un abbraccio, non un addio ma un arrivederci a quando, spero presto, potremo tornare alla convivialità che abbiamo sempre conosciuto.