Read Aloud the Text Content
This audio was created by Woord's Text to Speech service by content creators from all around the world.
Text Content or SSML code:
1 Caratteristiche dei mediatori simbolici I mediatori simbolici si pongono al limite estremo della metaforizzazione perché ne costituiscono il coronamento “non solo perché alla massima distanza dalla realtà ma anche perché – rispetto alla realtà – i più convenzionali e pertanto più liberi da riferimenti fisico-sensoriali. Il pensiero ne costituisce lo scheletro, il linguaggio verbale – orale e soprattutto scritto – insieme a quelli massimamente simbolici dell’aritmetica, dell’algebra e della logica, ne rappresenta lo strumento di espressione e di comunicazione” (Damiano, 2013, 193)1. Sono i mediatori scolastici per eccellenza sia perché sono il risultato di una cultura alla quale lo studente si deve approcciare e di cui si deve impadronire per poter agire nel mondo, sia perché sono i più “economici”. La lezione, modalità di gestione dell’insegnamento più conosciuta e diffusa, si avvale pienamente della parola, accompagnandola ad altri mediatori. Essa presenta alcuni pregi e alcuni limiti. abbondante, in relazione ad altri approcci, per quanto più profondi, d’altrettantopiù lenti; B. Gli aspetti positivi della lezione riguardano anche la qualità del mediatore utilizzato, la parola: ovvero la sua capacità di attivare un mercato linguistico, dove i significati si scambiano e si condividono secondo regole di ‘convenienza linguistica’” (Damiano, 2013, 194). La parola ha un’efficacia rappresentativa, permette di operare distinzioni, di costruire legami e rimandi utili a costruire un processo di comprensione. Quando la parola è concetto essa si rivela uno strumento eccellente per coprire un territorio di riferimenti (quante case possono esistere nel concetto di “casa ed espresso con tale parola?); rimane uguale a se stesso pur in questa diversità di riferimenti perché distante dalla realtà; può fornire specificazioni ma anche sfumature; è facilmente memorizzabile e depositabile in una memoria semantica.Ma in che modo si costruiscono i concetti? Negli anni ’60 le ricerche di Bruner condussero a ipotizzare che i concetti consentissero di distinguersi largamente l’uno dall’altro, che le cose, come diremmo nel linguaggio usuale, fossero “o bianche o nere”. In realtà i concetti non sono tutto o niente. La vaghezza del linguaggio può essere anche un modo per rendere conto della complessità del reale, non per questo deve rinunciare deve perdersi nell’indistinto dei significati. I recenti studi sulle neuroscienze, in particolare la ricerca condotta da Caruana a Borghi (2016)2 ispirata anche dalle riflessioni di Murphy (2004)3, conducono verso una diversa interpretazione della costruzione dei concetti. Questi ultimi sono l’insieme delle esperienze motorie, percettive, cognitive e il ricordo che ognuno di questi “vissuti” ha lasciato aiutano a dare maggiore intensità al concetto stesso, non più e non solo rappresentazione, ma insieme di frammenti tenuti insieme da una sorta di “colla” (da qui la denominazione di concetti-colla) che consente di adattare questi concetti, plastici e dinamici, alle differenti situazioni della vita. 3 Il ruolo della discussione per l’apprendimento Si deve agli studi di Piaget e di Vygotskij l’analisi dello sviluppo del pensiero nel soggetto e tra soggetti. Se per Piaget lo sviluppo va dall’individuale al sociale, quindi dalle operazioni alle co- operazioni, per Vygotskij sono le relazioni sociali ad essere primarie e successivamente si trasformano in funzioni psichiche soggettive. A Vygotskij si deve la teorizzazione della Zona di sviluppo prossimale (o dello sviluppo prossimo), ovvero quell’area di funzionamento psicologico che è possibile al soggetto se è sostenuto dall’aiuto di un altro, e quindi da una interazione e regolazione. Di particolare interesse didattico è l’uso della discussione e del confronto tra pari per accrescere la conoscenza. Vi sono però delle condizioni specifiche per attivare tale confronto (Pontecorvo et al., 1991)4: un’esperienza comune, preliminare alla discussione, tale però da non comportare un’unica “lettura” della situazione: un discorso che rielabora l’esperienza e che si struttura come situazione di problem solving collettivo, in cui sia possibile negoziare significati, condividere e confrontare differenti soluzioni o interpretazioni di uno stesso materiale (es. di un testo scritto), o di una stessa esperienza (es. un’osservazione o un esperimento); un cambiamento delle usuali regole di partecipazione al discorso: i turni di discorso non debbono essere controllati dall’insegnante.Questa metodologia che un insegnante o un educatore potrebbero utilizzare in classe o in un qualsiasi gruppo, permette di sviluppare alcuni obiettivi didattico-educativi, quali il saper rispettare i turni di parola in modo autoregolato, saper esplicitare il proprio pensiero in modo comprensibile, saper ascoltare e rilanciare il discorso collettivo attraverso la ripresa e l’approfondimento del pensiero espresso dall’altro. Sono questi obiettivi altamente formativi e indispensabili per costruire una piena educazione alla cittadinanza e alla partecipazione. Dal punto di vista della costruzione della conoscenza il formatore (insegnante, educatore o altro) si trovano a dover porre attenzione a due processi che dovrebbero caratterizzare una reale situazione di costruzione di conoscenza: lo sviluppo e la pertinenza. Lo sviluppo: con sviluppo si intende “la dimensione che si manifesta nel fatto che il filo del ragionamento si mantiene in modo coerente nel passare dall’uno all’altro interlocutore, facendo collettivamente avanzare e procedere l’analisi, l’interpretazione, la chiarificazione dell’oggetto del discorso, attraverso l’introduzione di nuovi elementi e di nuove prospettive” (Pontecorvo et al., 1991, 77). La pertinenza: essa “permette di distinguere se il progredire (o meno) del discorso si colloca all’interno del tema proposto dall’insegnante (o altri) e condiviso dagli interlocutori o se ci 5 Per rispecchiamento si intende quel tipo di intervento in cui un interlocutore riprende il discorso effettuato da un altro per riformularlo e cercare di renderlo più chiaro, più comprensibile. Solitamente viene introdotto in questo modo: “se ho capito bene, quando hai affermato che....volevi dire che...è giusto? Ho capito bene?”4 I mediatori didattici a sistema La breve presentazione relativa al ruolo della discussione tra pari come occasione di apprendimento attraverso il mediatore simbolico (il linguaggio) mette però in evidenza un altro aspetto: l’incipit può essere dato da un altro mediatore simbolico (un testo) o da un mediatore attivo (un’esperienza comune). La spiegazione verbale supportata da immagini mette in evidenza, anch’essa, la necessaria interazione tra mediatori simbolici e iconici. Si profila quindi un sistema di mediatori che insieme si rafforzano al fine di consentire al soggetto di sviluppare un processo di appropriazione della conoscenza attraverso l’azione e la rappresentazione. Secondo Damiano (2013) tra i mediatori vige una regola di combinazione: i mediatori attivi che permettono di fare esperienza e di conoscere, anche in modo implicito, traggono vantaggio dall’essere associati ai mediatori iconici in grado di esprimere con efficacia la complessità e le relazioni delle informazioni, e ai mediatori simbolici, che aiutano ad esplicitare in modo socialmente riconosciuto, a comunicare; i mediatori analogici si associano ai mediatori simbolici per aumentare la possibilità di rendere esplicito il processo di conoscenza che si è verificato e con eventuali mediatori iconici per reificare quanto può trovare una forma di strutturazione in termini di nuova conoscenza. Creando due categorie di mediatori in base alla loro potenzialità nell’indurre motivazione e mobilitare risorse cognitive-affettive, si potrebbe dire che i mediatori attivi e analogici sono caldi, mentre quelli iconici e simbolici sono freddi, in quanto più deputati al decentramento, al fare sintesi, alla sistemazione e riorganizzazione.