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Caratteristiche e funzioni dei mediatori analogici Tutti i mediatori riescono a operare nella direzione dello sviluppo di rappresentazioni, ovvero della potenzialità nel rappresentare o far rappresentare la realtà alla quale si riferiscono, oppure di simulazione, vale a dire costruire un’altra realtà, immaginata e verosimile. Il soggetto dovrebbe essere sempre consapevole di questa differenza tra reale e immaginario, sa di attuare un particolare processo di finzione che gli consente di “essere o fare” ciò che non potrebbe essere o fare nel reale. I mediatori analogici trovano la loro espressione principale nei giochi di simulazione nei quali la verosimiglianza (sembra vero ma si sa che non lo è) è fondamentale per coinvolgere pienamente il soggetto. Si ispirano a questo principio molti videogiochi. La necessità di ricorrere ai mediatori è dovuta all’inettitudine umana di far fronte al carico degli stimoli del mondo circostante, soprattutto nel bambino piccolo. Ecco la necessità del gioco, “risposta creativa al problema posto dall’immaturità alla nascita. Ed è consentito dalla attitudine fondamentale della competenza metaforica: la capacità di spostare il dato di fatto in un altro ambito, più accessibile e più controllabile, eppure sempre connesso alla realtà” (Damiano, 2013, 187)1.I mediatori analogici 2 Il gioco È un comportamento che permea tutto l’arco della vita nelle sue varie forme e consente all’umano di fare continue esperienze, pur se in modo diverso e in situazione non reale. La difficoltà di definire il gioco è dovuta all’amplissima gamma di azioni che esso supporta. Si ritrovano diverse categorizzazioni, non mutuamente esclusive, ma che aiutano a individuare quali siano le particolarità, e di conseguenza le potenzialità didattiche, che ciascuna tipologia di gioco propone. temporalità (prima e dopo), elementi di causa ed effetto, ruoli, creano un intrigo tra i personaggi. La narrazione co-costruita come principio didattico è presente nella Didattica per sfondo integratore (Zanelli et al., 1988)5 che si autoalimenta attraverso le tracce lasciate dai bambini, in particolare della Scuola dell’Infanzia, attraverso il gioco e opportunamente raccolte dagli insegnanti per far procedere l’attività didattica partendo proprio dagli interessi e dalle scoperte dei piccoli. Giochi per imparare, di intrattenimento: la sfida è parte integrante del piacere di giocare, da soli o con altri. Una famiglia particolare di questi giochi è data dai Serious Games (Anolli, Mantovani, 2011)6 il cui utilizzo sembrerebbe alimentare il potenziale della “mente simulante”, ovvero quel particolare processo, sviluppato soprattutto nelle generazioni che utilizzano fin dall’inizio le tecnologie esistenti. so I mediatori analogici Sono moltissimi i videogiochi che possono essere inseriti nella categoria dei Serious Games, anche se è tutta da analizzare e verificare la correttezza delle informazioni che in essi sono contenute. L’aspetto che comunque li contraddistingue è chiaramente visibile nella suddivisione operata da Andrzej Marczewski riportata qui sotto. I Serious Games vengono progettati in base ad un obiettivo di apprendimento, si configurano come gioco, a differenza di molti altri tipi di simulazioni va ampio spazio in molti giochi che divengono strumentali a far acquisire anche competenze professionali. Si pensi ad esempio, a tutti simulatori di volo, o alle simulazioni di guerra, o più recentemente, alle simulazioni che si ritrovano in ambito medico attraverso le quali si sperimenta l’uso di tecnologie per la chirurgia, consentendo così ai tirocinanti di acquisire abilità tecniche e competenze nell’affrontare le situazioni professionali. Nella scuola si ritrovano situazioni nelle quali si può vedere la realizzazione di role play. Il canovaccio sul quale si articola può essere strutturato, o libero, e l’impegno dei partecipanti è volto a costruire argomentazioni, a convincere gli altri, a dibattere su temi cercando di rispettare i diversi ruoli che vengono assegnati dal formatore, dal docente. A livello didattico i role play sono particolarmente efficaci per far approfondire, ad esempio, un determinato evento storico. La condizione affinché questo avvenga è quella di preparare accuratamente il role play: solo una conoscenza approfondita del contesto, delle situazioni nelle quali l’evento si è dato, consente di non far trascorrere del tempo scolastico solo come se fosse intrattenimento o, peggio ancora, un’occasione per legittimare la manifestazione di conoscenze ingenue, l’esplicitazione di concezioni personali non supportate. La simulazione costituisce uno dei riferimenti fondamentali presenti nella Didattica Professionale, prospettiva che unisce i saperi della didattica, dell’antropologia e della psicologia dell’apprendimento (Pastré et al. 2006; Pastré, 2011)8, per supportare da un lato l’analisi dell Come si è potuto comprendere, i mediatori analogici costituiscono un vero e proprio ‘arsenale’ diversificato per tipologia, portata e rapporto tra tempi-spazi-obiettivi. Dal punto di vista didattico è però opportuno fare alcune considerazioni, evidenziando quali siano gli elementi di efficacia e quali altri invece creino delle difficoltà, o almeno resistenze al loro impiego. Un primo aspetto rilevante è il loro potenziale in termini di motivazione: coinvolgono il soggetto, lo mettono nella condizione di dover agire e di indirizzare la propria azione verso uno scopo. Sia che si tratti di apprendimento di contenuti prettamente disciplinari, sia che sia rivolto alla formazione professionale, colui che ne è fruitore deve attivarsi e così facendo, recuperare le sue risorse. La specificità della situazione da affrontare ce viene proposta permette di ridurre la complessità che vi sarebbe nella realtà: il contesto d’azione è chiaro, ben identificato e questo determina una facilitazione nella realizzazione di quell’azione che è strettamente connessa al mediatore analogico e senza la quale rischia di perdere tutta la sua portata didattica. Si tratta del debriefing: “senza questo rientro la simulazione resta solo un’evasione o un’illusione che può gratificare emotivamente, ma spreca la sua pregnanza di esperienza dell’altrove” (Damiano, 2013, 185). Generalmente, la situazione di confronto aiuta anche processi di ascolto, empatia, immedesimazione nella visione dell’altro. Non mancano però anche le problematiche insite nell’uso dei mediatori analogici. La semplificazione: vi è il rischio reale, soprattutto quando non vi è un’accurata progettazione e una reale partecipazione, di semplificare o banalizzare i contesti, le azioni e La neutralizzazione degli errori. Il poter agire “in sicurezza” caratteristico dei processi di simulazione, può condurre a non rilevare né la natura né la portata dell’errore. Per tale motivo è di fondamentale importanza il supporto del formatore (insegnante, educatore) per ritornare sull’esperienza e porre in evidenza quello che si è perso nel flusso dell’azione. La distorsione della rappresentazione ludica rispetto ai contesti reali, fino a offrirne solo una versione divertente e irrealistica. Per quanto riguarda i Serious Games non hanno ancora trovato un adeguato posizionamento nella didattica, anche in virtù di quel processo di separazione tra reale e virtuale (il primo ormai idealizzato, il secondo imputato di tutti i mali sociali) che attualmente pervade in taluni casi la comunità scientifica e, in modo molto evidente, il senso comune. Due aspetti risultano particolarmente differenti tra le pratiche didattiche tradizionali e l’impiego di questi mediatori analogici. Nell’immersione che questi mediatori analogici attivano, i soggetti tendono a sviluppare strategie differenti da quelle previste dal canonico insegnamento scolastico: un primo esempio è dato dal procedere per prova ed errore, aspetto che è tipico dell’agire quotidiano e risponde alla logica ‘dell’iniziare subito’, dell’apprendere facendo. Ad esempio, la reticenza, ormai diffusa, di leggere le istruzioni per far funzionare un dispositivo che non si conosce, e di procedere vedendo “che cosa succede se...”, per poi apportare dei correttivi, risponde proprio a questa modalità per prova ed errore. Solitamente la scuola impone invece di osservare, delineare il problema, intervenire in conseguenza alle previsioni effettuate. Agire per tentativi non viene spesso ritenuto un buon procedere e la concezione dell’errore stesso è più negativa perché si fa riferimento a un risultato “giusto”. Un secondo aspetto che crea diffidenza in parte della popolazione dei docenti riguarda la quasi totale scomparsa della linearità e della successione nell’apprendere. Di fronte alla situazione simulata il soggetto si trova a dover affrontare “tutto e subito”, agendo inizialmente secondo schemi conosciuti e apprendendo, in base ai feed back che riceve, quali siano le azioni più opportune. Un videogioco di tipo strategico (es. Total War Rome) presenta obiettivi da raggiungere, strategie possibili, variabili multiple: il giocatore deve quindi cimentarsi con continue prese di decisioni per avanzare nella conquista dei territori. Offre così opportunità per sviluppare un pensiero più complesso, attento al sistema, e quanto più il giocatore diventa abile, quanto più sviluppa potenzialità di simulazione, cercherà di prevedere quali