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Nei sacri palazzi diventa legge il proverbio «Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio». Così Caloia dispone un'imponente ristrutturazione di tutti gli uffici: la direzione generale dei servizi tecnici del Governatorato presenta un resoconto di quasi 10 miliardi di spese «esclusi i mobili, le forniture speciali, l'aria condizionata e le porte blindate».36 L'ingresso dello Ior dal cortile di Sisto V viene riservato «a una certa categoria di persone cui sarà attribuito un servizio altamente qualificato mentre l'ingresso principale sarà al piano terreno, sul lato nordest della torre, direttamente di fronte agli alloggi delle guardie svizzere» per i comuni mortali.37 Il filtro per la clientela è l'ultimo passo evidente della politica finanziaria che indirizza sempre più lo Ior verso il private banking su scala mondiale. E infatti, dal 1996, all'Istituto si studiano «le iniziative per estendere i servizi dello Ior alla Chiesa universale (diocesi e vescovi in tutto il mondo). [...] I membri del Consiglio forniscono alcune indicazioni che spaziano dall'invio del rapporto annuale alle diocesi in tutto il mondo alla possibilità di fornire ritorni migliori sui depositi e all'assicurazione di una più alta qualità del servizio».38 Il sogno di una banca mondiale Il sogno è davvero quello di creare una banca mondiale dell'unica teocrazia presente sul pianeta. Caloia sprona i suoi fedelissimi a «preparare il terreno: organizzando una divisione particolare per seguire la messa in atto dell'attività; facendo un inventario di tutte le entità religiose potenzialmente interessate ai servizi dello Ior; preparando i documenti e i questionari da presentare alle varie conferenze episcopali e illustrando una lista di tutti i servizi dello Ior».39 Insomma, una banca così è unica, non ha pari e non teme rivali. E i clienti ne apprezzano la riservatezza, i generosi interessi, l'inacessibilità dei conti. E non solo i clienti civili, ma anche ordini e congregazioni religiose, monasteri, ancelle e frati dediti alla povertà, che per altri motivi sono ben gelosi dei loro soldi. Come in ogni famiglia che si rispetti non vogliono far sapere a nessuno i propri conti. Tanto meno alle parrocchie e congregazioni vicine. Riprova di ciò è quanto accade il 17 gennaio 1996, durante un corso per 120 econome all'Usmi, la potente Unione supe riore maggiori d'Italia, che raccoglie le oltre 600 Congregazioni femminili, suddivise in oltre 10mila comunità con 90mila suore presenti nel paese. Ebbene, dopo la lezione di Caloia e del direttore generale Scaletti, il microfono passa alle presenti. Che sono ben consapevoli di cos'è lo Ior e, assai preoccupate, tempestano il presidente di domande. Le sorelle chiedono precise garanzie. Vogliono che allo Ior «non si realizzi il temuto pericolo di ingerenza di persone provenienti da altre esperienze bancarie». Caloia cerca di rasserenarle e «riguardo alla temuta violazione del segreto bancario e alla conservazione dell'anonimato, il presidente rassicura gli Istituti religiosi». Ma alle suore non basta: «L'assemblea sottolinea ancora che essendo lo Ior un ufficio atipico molto particolare e unico abbisogna di elementi provenienti dall'interno e non da altre esperienze diverse. Pertanto viene ribadito l'auspicio che nel futuro dello Ior ci siano persone provenienti dallo stesso Istituto».40 Più che una preghiera, un ordine. Il direttore Scaletti coglie i timori delle suore e li fa propri. Chiede una relazione della giornata e gira le sollecitazioni a monsignor Dziwisz, il segretario particolare di Giovanni Paolo II.Insomma, lo Ior deve ambire a diventare una banca dalle sconfinate dimensioni internazionali senza perdere la sua natura. Pronto ad affrontare ogni situazione e ogni problema sempre nella massima discrezione. Come il 6 novembre 1995, quando durante il Consiglio di sovrintendenza nel Torrione della banca, dopo tre ore di discussioni si materializza addirittura il segretario di Stato Angelo Sodano con il fido collaboratore Timothy Broglio. I banchieri presenti (dal numero uno di Ubs Philippe de Weck a José Angel Sànchez Asiaìn a Theodor Pietzker) salutano con deferenza e fanno uscire i manager presenti: «In seguito ha luogo - si legge nel verbale del Consiglio -una discussione su alcuni argomenti delicati» per un'ora con il braccio destro di Giovanni Paolo II. In definitiva, le vicende di Marcinkus-Sindona-Calvi prima e, almeno parzialmente, lo scandalo Enimont poi, hanno segnato il Vaticano. La discrezione diventa un'ossessione, la paura di imprevedibili danni d'immagine un incubo, la stampa va tenuta lontano. Lo si capisce bene dalla documentazione interna dello Ior negli anni 1995-1996, quando le sollecitazioni a mantenere un basso profilo sono assai insistenti. Vengono bocciati dépliant e fascicoli illustrativi sulla banca, cassati libri ideati per riabilitare l'immagine della finanza del papa. Ogni iniziativa viene bollata come «inutile propaganda» o «ancor più inutile messa all'aperto di ciò che già essenzialmente e con meditazione è scritto nello statuto. Occorre ricordarsi che l'Istituto deve seguire l'antica politica di operare "dietro le tendine", senza provocare, anche indirettamente e involontariamente, l'intervento della stampa».41 Il nodo è sempre quello: la banca lavora con «operazioni e procedure che, pur seguendo metodi bancari, "restano fuori" da circuiti pericolosi che in altri tempi, purtroppo, risultarono dannosi aH"'immagine" e anche sul piano economico. Il danno aH"'immagine" (giustamente e ampiamente a suo tempo criticato) è scongiurato».42