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La scusa della beneficenza Con la scusa di voler versare qualche miliardo a istituti di beneficenza cattolica, Frankel stabilisce un contatto con Thomas Bolan, già consigliere di Ronald Reagan e uno degli avvocati che negli anni Ottanta ha assistito Michele Sindona. Bolan conta da sempre su ottime entrature alla Santa Sede e aiuta il faccendiere a creare nel paradiso fiscale delle British Virgin Islands la «St. Francis of Assisi Foundation». Il piano è preciso: entrare in contatto con i due prelati che ha individuato, monsignor Emilio Colagiovanni e padre Peter Jacobs, sacerdote liberal newyorkese, per affidare loro l'ente con il compito occulto di mettere al sicuro il denaro truffato fìngendo di compiere opere di carità. Secondo una dettagliata ricostruzione de «L'espresso», nell'ottobre 2002 Frankel, attraverso Bolan e Jacobs, entra in contatto con Colagiovanni. Il monsignore, di fronte a 40mila dollari cash e alla promessa di donare altri 5 milioni alla «Monitor ecclesiasticus» in cambio di una collaborazione, accetta l'accordo: dei 55 milioni di dollari promessi da Frankel, 5 li può tenere la Santa Sede e gli altri 50 li gestirà lui per comprare le assicurazioni. Colagiovanni va a Roma insieme a Bolan e pro pone la cosa all'arcivescovo Francesco Salerno, al tempo segretario della prefettura Affari economici, il principale organo di controllo sulle finanze pontifìcie. Salerno in un primo momento approva, ma dopo un incontro con Sodano, assai dubbioso sull'operazione, fa un passo indietro. Bolan e Colagiovanni ci riprovano quindi con monsignor Gianfranco Piovano, responsabile dell'Obolo di san Pietro, già presente nella vicenda Eni-mont come papabile sostituto di de Bonis allo Ior. Piovano però ribadisce le perplessità di gran parte degli inquilini dei sacri palazzi. A questo punto Colagiovanni mette a disposizione la propria fondazione, la «Monitor ecclesiasticus», informando Piovano, Salerno e il cardinale Giovanni Battista Re, allora sostituto per gli Affari generali della segreteria di Stato. Jacobs avvisa e coinvolge anche Pio Laghi, ex nunzio apostolico negli Usa.19 Infine lo Ior consegna a Frankel una missiva firmata dal direttore Scaletti, che conferma i buoni rapporti fra l'Istituto e la «Monitor ecclesiasticus». Di sicuro Colagiovanni si presta alle attività spregiudicate di Frankel: il monsignore fornisce infatti le garanzie necessarie per il trasferimento ai Caraibi di ingenti somme di denaro. Mentre rimane ancora incerto l'utilizzo di conti dello Ior per portare fuori dagli Stati Uniti i soldi della truffa. Secondo il «New York Times»,20 la «"St. Francis of Assisi Foundation" era riuscita ad avere accesso a un conto dello Ior, di solito off-limits per gli stranieri», lasciando così dedurre che il legame con i banchieri del papa era diretto. Colagiovanni firma degli affidavit, garanzie in cui sostiene che la fondazione di Frankel è coperta finanziariamente dallo Ior. Così Frankel ottiene il credito per frodare le autorità statunitensi. Non solo. Il faccendiere avrebbe ricevuto da Colagiovanni alcune attestazioni in cui si conferma che la fondazione opera con il sostegno del Vaticano. In realtà, per gli affari di Frankel non sono individuabili responsabilità dei sacri palazzi se non quelle, magari, di un mancato controllo sull'insolito iperattivismo finanziario di al curii monsignori. Attivismo che sta provocando incalcolabili danni d'immagine alla Chiesa negli Stati Uniti. Nel luglio del 1999, per ridimensionare la vicenda e prendere le distanze, Sodano decide di reagire. Il portavoce Navarro-Valls precisa che né la «Fondazione Monitor ecclesiasticus» né la «St. Francis of Assisi Foundation» «hanno personalità giuridica vaticana e non sono iscritte nei registri delle persone giuridiche vaticane». La dichiarazione riletta oggi suscita una riflessione: questi «enti» assomigliano molto a quelli utilizzati nello stesso periodo dallo Ior parallelo per movimentare le tangenti Eni-mont. Sia perché la «St. Francis of Assisi Foundation» è una fondazione fittizia, sia perché indica pompose opere di bene come obiettivo, sia perché in realtà viene utilizzata come stru-menro per movimentare fondi riservati. Navarro-Valls è comunque categorico. Prende le distanze sia da Colagiovanni sia dal reverendo Jacobs.21 Colagiovanni agirebbe quindi in totale autonomia. Mente quando spiega ai rappresentanti dello Stato del Connecticut che la «Monitor ecclesiasticus» ha ricevuto ben un miliardo di dollari dal Vaticano. Soldi che il monsignore avrebbe poi girato sul conto della «St. Francis of Assisi Foundation» di Frankel. Il faccendiere avrebbe quindi usato la fondazione per comprare le assicurazioni, promettendo, come se non bastasse, che i profitti sarebbero stati destinati a opere di beneficenza. L'epilogo risale al maggio 2002, quando Frankel si dichiara colpevole di ventiquattro capi d'accusa che gli vengono contestati dalla giustizia federale, tra cui truffa e frode. Rischia 150 anni di carcere e una multa di 6,5 milioni di dollari. Confida in uno sconto. L'accusa, infatti, punta soprattutto a recuperare una parte dei 200 milioni di dollari sottratti alle casse di cinque Stati. Monsignor Colagiovanni si dichiara invece colpevole di frode e riciclaggio e ammette di aver aiutato Frankel davanti alla corte federale di New Haven, Connecticut. Riconosce di aver dichiarato il falso, affermando che il denaro della fondazione di Frankel proveniva dalla propria fondazione. Nel settembre 2004 il monsignore viene condannato a pagare una multa di 15mila dollari e a cinque anni di libertà condizionata. Tre mesi dopo tocca a Frankel: sedici anni e sei mesi di carcere.