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San Francesco e la truffa del secolo Non solo prestiti senza garanzie, eredità contese e tangenti, ma anche autentiche truffe chiamano in causa esponenti del Vaticano che utilizzano impropriamente vere o apparenti «fondazioni». E sicuramente il caso dello scandalo esploso nel 1999 quando lo spregiudicato finanziere Martin Frankel, classe 1954, fugge a Roma dopo aver trafugato, secondo l'autorità statunitense, circa 450 miliardi di lire (pari a 215 milioni di dollari) dalle casse di sette società di assicurazioni. Aziende prima acquistate e poi depredate sino a una bancarotta da quasi 1500 miliardi di lire. Per anni Frankel si sottrae alla giustizia americana. Quando la vicenda finisce in prima pagina, sbarca a Ciampino con un volo privato. In stiva un bagaglio di tutto rispetto: solo due valigette zeppe di banconote, nove passaporti e 547 diamanti. Fino agli inizi del 2001 di Frankel non si sa più nulla, inseguito dalla polizia di mezzo pianeta. Poi all'improvviso in Germania, grazie anche alle informazioni dell'Interpol e del Bundesamt fùr Verfassungsschutz, i servizi segreti tedeschi, il faccendiere viene arrestato ed estradato negli Usa. Il crac assume presto dimensioni senza precedenti. I media americani parlano subito del Vaticano, anche se le prime informative che giungono alla Santa Sede sulla vicenda rimangono abbastanza generiche. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti Frankel, con la complicità di un monsignore, ha millantato legami con la Romana Chiesa, indispensabili per portare a termine la truffa del secolo. Innanzitutto ha creato la «St. Francis of Assisi Foundation», che giocherà un ruolo centrale nel crac. L'ente infatti nasce formalmente per aiutare i poveri, quando in realtà è solo lo strumento finanziario per arrivare al controllo delle imprese assicurative senza comparire in prima persona. Proprio in questa fase di acquisizioni entra in scena un sacerdote assai conosciuto nei sacri palazzi. Si tratta di monsignor Emilio Colagiovanni che offre a Frankel quella credibilità indispensabile per mettere le mani sulle aziende senza incontrare eccessive difficoltà. Tra larghi sorrisi e modi convincenti, Colagiovanni sostiene che i capitali che finanziano la «St. Francis of Assisi Foundation» provengono dai forzieri del Vaticano e da solide associazioni cattoliche in cerca di dividendi da redistribuire ai poveri. Assicura che le disponibilità del fondo sono considerevoli, oltre 2000 miliardi del vecchio conio. Fatti risultati poi tutti falsi, ma che si traducono in un ottimo biglietto da visita per un'operazione finanziaria che ostenta un'apparente regia della Santa Sede e del mondo cattolico. La credibilità di Colagiovanni è fuori discussione. Molisano di Baranello, classe 1920, ordinato presbitero nel 1944, Colagiovanni fino al 1994 è membro della Sacra Rota, ricoprendo prestigiosi incarichi a Roma. E il classico monsignore al di sopra di ogni sospetto. Direttore della prestigiosa rivista di diritto della Santa Sede, la «Monitor ecclesiasticus», è da tutti considerato uno stimato giurista pontifìcio con amicizie influenti tra le gerarchie vaticane. Questo almeno fino a quando, nell'agosto 2001, a ottantun anni viene arrestato a Cleveland, incriminato per truffa e riciclaggio nel caso Frankel. Nei primi giorni da detenuto si professa innocente. Nega di aver commesso alcun reato. Anzi sostiene di essere a sua volta vittima delle truffe del faccendiere americano. Poi, dietro le sbarre del carcere a Hartford nel Connecticut, ci ripensa. Senza protestare paga la cauzione fissata in un miliardo di lire e torna in libertà condizionale. Non può viaggiare. Non può fuggire perché è il primo monsignore obbligato a infilarsi il braccialetto elettronico al polso per segnalare la propria presenza. E rischia una pena massima di vent'anni per il riciclaggio e di altri cinque anni per la truffa. Le truffe alla Frankel risalgono agli anni Novanta quando le attività finanziarie del Vaticano sono assai «allegre» tra i blitz finanziari dello Ior occulto di de Bonis e i finanziamenti senza garanzie elargiti con sorprendente facilità dalla banca del papa. Negli Usa, Frankel acquista una lussuosa villa con parco a Greenwich, trasformandola nel suo quartier generale. Sceglie l'ostentazione e il lusso con auto fuoriserie, guardie del corpo e segretarie reclutate su siti porno. Tra antenne paraboliche e telefoni satellitari dalla casa nei boschi nel Connecticut punta a scalare alcune società quotate a Wall Street. Da quanto rico struito dagli investigatori, riesce a controllare rapidamente sette compagnie assicurative sparse per gli Usa, sfruttandone i fondi e usando altrettanti alias diversi. Pur privo di una licenza per l'intermediazione finanziaria, Frankel ha infatti convinto sette compagnie di assicurazione - tre nel Mississippi, una in Arkansas, una nel Tennessee, una nell'Oklahoma e una del Missouri - ad affidare i capitali raccolti alla Liberty national security, la sua società di investimenti. Alcune somme le investiva a Wall Street, senza mostrare particolare fiuto o fortuna, ma la gran parte dei capitali veniva semplicemente sottratta, nascosta o bruciata tra donne e lusso.