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Commissioni miliardarie Tornando entro le mura, a questo punto bisogna sciogliere il nodo della doppia rogatoria. Si preparano subito le risposte a entrambe. Facendo collimare entrate in Cct e bonifici con i ritiri effettuati in contante da Bisignani. Le bozze sono pronte dal 14 febbraio 1994 ma si attende. Dal processo Cusani potrebbe arrivare qualche novità a smentire la tesi dei prelievi in contanti. Così, il 17 febbraio Caloia manda a Sodano «la bozza della eventuale risposta alla Procura di Milano, da confermare o meno alla luce di quanto eventualmente emergesse nella seduta odierna del processo Cusani». Il finanziere, unico imputato, non serba fuochi d'artifìcio difensivi e si allinea sulla posizione ufficiale della Santa Sede: «Lo Ior? Una scelta obbligata». È di buon umore e gli scappa persino la battuta: «Lo Ior? Una soluzione che sembrò arrivare dalla Provvidenza. Avevamo quella montagna di titoli di Stato, l'urgenza di monetizzarli e trasferirli all'estero». La banca del papa, poi, per Cusani era ignara di tutto. Non conosceva finalità e retroscena dell'operazione: «A de Bonis spiegai solo che quei titoli erano di Gardini e andavano trasferiti all'estero. Lo Ior ci appariva come una fortezza. Il costo della provvigione fu di 7 miliardi».42 In realtà la somma precisa rimarrà segreta ai giudici e al grande pubblico: «In prima approssimazione oserei dire - scrive Caloia a Sodano — che la cifra reale è dell'ordine di circa 3 miliardi, avendo purtroppo avuto il rimanente solo destinazioni personali ("Roma" e Bisignani)». Tradotto: lo Ior non ci ha guadagnato, de Bonis e Bisignani hanno fatto cassa. Del resto anche Bisignani in aula aveva difeso la banca del papa: «Mi consenta signor presidente, dottor Di Pietro, di dire una cosa che io sento profondamente nella mia coscienza. Al di là del mio stato, pesa veramente su di me il fatto di aver indotto, sia pur involontariamente e nella più assoluta e totale buona fede, lo Ior in una vicenda come questa. Io mi sono limitato a portare una decina di volte i plichi allo Ior. Dentro c'erano dei bigliettini con i riferimenti ad altri conti». E Andreotti?, butta là l'avvocato di Cusani. «Con lui avevo un rapporto di amicizia antico - risponde Bisignani - che nasce dall'amicizia che lui aveva con mio padre. All'interno del gruppo lui aveva rapporti con l'ingegnere Garofano per Montedison. Aveva quindi fonti più dirette per avere notizie. Devo dire che Andreotti aveva certamente un atteggiamento ostile nei confronti di Gardini.»43 Così il dibattimento del processo Cusani permette allo Ior, il 22 febbraio 1994, di spedire in tranquillità anche l'ultima risposta ai magistrati milanesi: il rimanente, in tutto 14 miliardi e 600 milioni, è stato ritirato da Bisignani in contanti. La conseguenza non si fa attendere. L'8 marzo 1994 Bisignani viene riarrestato per ricettazione ma nega tutto: di que sti soldi ulteriori non sa nulla. In realtà nessuno dice tutta la verità: Bisignani ha compiuto numerosi prelievi in contanti per somme rilevanti, il Vaticano con i suoi prelati ha guadagnato commissioni miliardarie. L'unico che non crede alle bugie che si specchiano è il gip Italo Ghitti, giudice terzo in quel periodo burrascoso. Dopo dieci giorni scarcera Bisignani: non può aver ritirato tutte quelle somme cash. «Il Vaticano non è credibile», sostiene il giudice, che chiede ai pm di presentare un'altra rogatoria per sapere i nomi dei funzionari dello Ior che hanno trattato tutti i bonifici e gli incassi e ricostruire la verità. Ma non se ne farà nulla. Nessuna opera di carità Questa storia è infatti segnata da silenzi, omissioni e menzogne. Imbarazza la Santa Sede al punto che non bisogna solo limitare lo spettro investigativo della magistratura italiana, ma anche decidere cosa rispondere a chi dall'interno del mondo della Chiesa chiede ragione di quanto accaduto. Così Castillo Lara, presidente della Commissione di vigilanza, torna a invocare la verità. Che lo faccia per amor di giustizia o strumentalmente, come in passato, non è dato sapere, ma il 23 febbraio 1994 decide di mettere nero su bianco le richieste già avanzate a Caloia. Vuole un dossier sul caso Ferruzzi. La Commissione di vigilanza, secondo quanto scrive il cardinale venezuelano, «desidera ricevere con sollecitudine una relazione completa ed esaustiva sul conto dei Ferruzzi presso lo Ior: quando fu aperto? Chi ne autorizzò l'apertura e quale giustificazione per farlo, tenendo conto che il cosiddetto "Fondo san Serafino" fu aperto dopo che il conto era già in atto e si facevano dei trasferimenti all'estero? Chi diede l'ordine per le diverse operazioni?». Insomma, tutto. La reazione di Dardozzi è disarmante. Il monsignore alle 8.30 del 28 febbraio 1994 manda un fax al penalista Grande Stevens con la bozza del report sulla vicenda Ferruzzi/Enimont da consegnare ai porporati. Dal breve messaggio sulla copertina del fax già si capisce l'intenzione: «Carissimo avvocato, ecco una bozza. Sulla opportunità di dire o non dire decidi tu». Il documento elaborato con il presidente Caloia fotografa la strategia usata, fissa in 2.918.941.871 lire le commissioni guadagnate dal Vaticano nell'operazione mentre «non risulta che qualche somma sia stata devoluta a "opere di carità"»: L'Istituto nelle risposte alle rogatorie non ha perciò precisato né il numero dei conti né l'intestatario degli stessi su cui l'introito dei Cct è stato depositato. Con ciò l'Istituto ha avuto cura di non implicare il nome di persona alcuna dell'Istituto stesso, senza cioè descrivere la procedura intermedia fra la consegna dei Cct e la destinazione del controvalore su banche estere, limitandosi a dire che i Cct sono stati consegnati da Luigi Bisignani. A questo punto per un'ampia necessaria informazione alla Eminentissima Commissione si ritiene opportuno quanto segue. Quattro sono i conti presso l'Istituto su cui è stato depositato l'equivalente controvalore dei Cct presentati: Bisogna lasciare all'oscuro la Commissione di vigilanza su uno dei punti più delicati della vicenda (vista dall'interno della Romana Chiesa). Ovvero quanto de Bonis ha guadagnato sull'operazione. Sui giornali e anche in Tribunale circola con insi stenza la cifra di 10 miliardi. Che in realtà corrisponde a quanto incassato proprio dall'ex prelato: «Quattro miliardi a conti intestati a "Roma" - scrive in un appunto privo di data Dar-dozzi -, (3 più 4 = 7, somma indicata da Cusani) e ulteriori 2,5 miliardi a favore del "Charity Fund" (da riferirsi a "Roma") e poi destinati (sempre su ordine di "Roma") altrove. Per cui 3 più 4 più 2,5 = 9,5 somma di cui si mormora». Lo Ior è anche pronto a coprire de Bonis: «Va da sé che fermo restando le considerazioni di non implicare il nome di persone dell'Istituto - prosegue lo scritto di Dardozzi - lo Ior si fa carico delle somme trattenute al di là dei circa 3 miliardi. Questo potrebbe valere nel caso in cui intervenisse ulteriore rogatoria da parte della Procura di Milano intesa a conoscere l'entità delle somme trattenute in occasione delle operazioni in esame». Vengono predisposte quindi prima tre bozze di elenchi, come scriverà Caloia a Sodano il 1° marzo 1994. Quello completo di cui all'allegato A, quello ridotto di cui all'allegato B, quello ancor più ridotto che, nella versione B, tralascia di spiegare perché si parli di 10 miliardi o di 7 miliardi. Eminenza Rev.ma, Le rimetto per ogni sua più valida indicazione la bozza di risposta (allegato A) alla lettera del cardinale Castillo Lara. [...] Tale bozza, frutto di accurato lavoro ricostruttivo, contiene informazioni da considerarsi estremamente riservate, come sottolinea l'avvocato EG.S. La delicatezza dei contenuti mi ha indotto, dopo ulteriori riflessioni, a formulare una variante, meno ampia dell'informativa e più aderente alle specifiche domande postemi dal cardinale Castillo Lara (allegato B). Ho dovuto pur sempre esplicitare il problema delle somme eventualmente trattenute dallo Ior, rendern-do palesi i perché delle cifre che si fanno altrove. Chi dice 10, chi dice 7, i dati inerni dicono che l'effettiva commissione [...] ammonta a 2 miliardi e 918 milioni circa. Il di più di cui si vocifera va riferito a somme cui può rispondere solo «Roma». Tutto ciò premesso attendo da Lei un consiglio su quale documento inviare al card. Castillo Lara (mi sono impegnato a consegnarlo nella tarda mattinata di mercoledì 2 marzo, cioè domani). [...]