Read Aloud the Text Content
This audio was created by Woord's Text to Speech service by content creators from all around the world.
Text Content or SSML code:
Viene varata la «riorganizzazione completa del servizio interno, l'inizio dell'attività dell'ufficio interno di revisione».35 Nel gennaio del 1994 viene invece introdotto il servizio di Tesoreria unica, «responsabile del controllo delle fonti e degli usi della liquidità dell'Istituto», come si legge nelle tre pagine del documento di indirizzo del nuovo organismo stilate il 17 dicembre 1993. Si vuole voltare pagina con una regia unificata sulle attività finanziarie dello Ior. Il nuovo ufficio viene affidato a Mario Clapis, già capouffìcio titoli, che nella dolorosa vicenda Enimont si è mostrato in linea con il presidente dello Ior. La riforma coincide con l'assunzione di una decina di nuovi dipendenti e la vendita di beni immobiliari sulle colline di Frascati e Rocca di Papa considerati costosi e diffìcili da gestire. Il compito di Clapis è delicato: il tesoriere infatti «negozia per conto dell'Istituto e in stretto rapporto con il Servizio titoli per conto dei depositanti qualsiasi strumento finanziario o monetario più consono al mantenimento dell'equilibrio di liquidità o in relazione alle richieste dei depositanti».36 Il passo successivo sarà un collegamento dell'ultima generazione con i mercati borsistici di tutto il mondo. Per questo lo Ior chiederà al Governatorato di installare un'antenna satellitare del diametro di 85 centimetri in posizione bassa e nascosta sul balco ne prospiciente il Cortile del maggiordomo. Clapis a febbraio del 1994 riceverà il super computer con decodificatore satellitare e il servizio Money Center for Windows in collegamento con le borse Amex, Nyse, Nasdaq, Ceg, Cbt, Matif, sino alla Mercantile Exchange di Chicago, con un canone da 24 milioni di lire ogni sei mesi. Grandi manovre anche sul vertice della banca. Alla segreteria di Stato, infatti, ancora non si sono decisi se occupare la casella lasciata libera da de Bonis come prelato dello Ior. Tra i papabili eventuali lo stesso monsignor Dardozzi, attento conoscitore dei punti deboli della banca che conta tra i sostenitori sponsor di rilievo come l'avvocato del Vaticano Franzo Grande Stevens. A più riprese il penalista sollecita Dardozzi a candidarsi. Il 12 gennaio 1994 gli scrive: « 1 ) Nominare prelato integerrimo di sicura esperienza (R.D.?). 2) Nominare avvocato segretario del Consiglio e consulente legale dello Ior». «Ti ricordo - scrive il penalista in un'altra lettera a Dardozzi del 5 febbraio 1994 - che sarebbe opportuno che il prelato fossi tu e bisognerebbe concordare il nome del presidente del Collegio dei revisori.» Se il monsignore andasse a ricoprire il posto vacante, farebbe coppia con Caloia puntando sul rinnovamento. Ma il progetto naufraga. Le prime indiscrezioni sui giornali37 avevano già indicato assai forte la candidatura di monsignor Gianfranco Piovano, capo dell'ufficio amministrativo della segreteria di Stato. Per Dardozzi era stata una doccia fredda. Il monsignore aveva letto in alcune anticipazioni di stampa dei messaggi. Riteneva, infatti, «facile indovinare l'autore e/o l'ispiratore che crede sia giunto il momento di "giocare" a carte scoperte». E già il 28 dicembre 1993 aveva scritto a Sodano «con devozione e rispettosa affezione»: Forse egli già si è assicurato autorevoli garantite protezioni anche dalla segreteria di Stato. [...] Come prelato occorre scegliere non un operatore di banca ma una persona perbene che ne conosca il lavoro allo scopo di assicurare l'assoluta trasparenza sul piano del comportamento all'interno di un Organismo tanto delicato, purtroppo sempre «chiacchierato». E chiacchierato anche con ragione. Da troppi anni. Le connivenze varie che nell'Organismo hanno esercitato nefaste influenze hanno originato gli scandali noti. L'Organismo si è prestato non certo in misura trascurabile in operazioni al limite del lecito e anche oltre fino quasi al fallimento. La candidatura che si sta preparando subdolamente non è adeguata. È da scartare del tutto. Occorre una persona, un sacerdote che sappia stare al suo posto esercitando il suo munus specifico. La sostituzione del prelato è urgente perché se si tarda il «buco» appetibilissimo, verrà chiuso «male».38 Le pressioni su Sodano sortiscono l'effetto sperato, la candidatura di Piovano viene bloccata. La nomina del nuovo prelato è sospesa. L'incarico rimarrà vacante per molti anni.39 Il direttore generale Gibellini, invece, rimane al suo posto seppur ormai in un limbo, quasi esautorato. In questa operazione di pulizia Caloia e Dardozzi si affidano al suo vice, Lelio Scaletti. Altri grattacapi sono in arrivo dalla Svizzera. Su segnalazione dei colleghi milanesi, il procuratore pubblico del Canton Ticino Carla Del Ponte sequestra il conto «Charity Fund» acceso presso il Banco di Lugano nell'omonima città svizzera. Su quel deposito sono arrivati quasi 2 miliardi, che gli investigatori ritengono stornati da una tranche della mazzetta Enimont, agganciando il bonifico a due operazioni sporche del maggio successivo. La Del Ponte sospetta che si tratti della commissione pagata allo Ior dai Ferruzzi per l'opera svolta, pensando così di scoprire quanto la banca del papa abbia guadagnato in questa oscura vicenda. Tra l'altro, 2 miliardi è proprio la somma che corrisponde a quel 2 per cento indicato da Castillo Lara come normale commissione sui titoli.40 Ma il procuratore svizzero non conosce le informazioni che circolano nella Santa Sede e che Dardozzi gira subito via fax a Grande Stevens: «Il «Charity Fund» è un conto in Ior intestato al monsignore».41 De Bonis si sarebbe quindi servito di uno dei conti svizzeri del Vaticano, sul quale passano i capitali per gli inve stimenti nelle borse europee e le speculazioni sulle valute, per triangolare i soldi dei Ferruzzi. La Del Ponte nemmeno si immagina che quanto scoperto corrisponde quindi a una semplice compensazione tipica degli schemi per nascondere il denaro. Ai magistrati manca infatti un passaggio cruciale e cioè che, giunta la somma sul conto dello Ior in Svizzera, l'indomani importo analogo viene accreditato in Vaticano sulla pertinenza «Jonas Foundation» di Bisignani. Difeso dagli avvocati Fabio Soldati e Franco Felder, lo Ior chiede il dissequestro del deposito. Mancando infatti la compensazione tra la Svizzera e la banca vaticana, cade la possibilità che soldi in odor di tangenti transitati in maggio facciano parte della stessa provvista passata ben un mese prima sul Banco di Lugano. La scansione temporale e l'assunzione di paternità del conto da parte dello Ior convincono la Del Ponte, che il 15 febbraio dispone il dissequestro. E un fatto di una certa rilevanza: emersa la compensazione effettuata da de Bonis, si sarebbe imposta una nuova chiave di lettura e qualche magistrato avrebbe sicuramente potuto chiedere ragione di questi ulteriori trasferimenti di denaro a ritroso tra Svizzera e Vaticano.