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La possibilità che de Bonis venga sentito diventa più concreta se si considera che la Procura di Milano chiede in rogatoria di conoscere il nome della persona che ha portato i Cct in banca, cioè de Bonis: «E lui che ha presentato i titoli e ha firmato per quietanza le distinte. E lui che quasi sempre, tranne che per qualche prelievo negli ultimi tempi di Luigi Bisignani, ha ritirato le somme in contanti o disposto gli ordini di bonifico».10 Bisogna quindi escogitare una soluzione che tenga lontano l'ex prelato dagli uffici del Tribunale. Persino i suoi nemici sanno che loro malgrado ne esiste una sola: proteggerlo fin dove sarà possibile. La variante Andreotti Come se non bastasse, su tutto si staglia la questione più spinosa, portatrice di problematiche inimmaginabili, da tempo intuite da Caloia e dall'unità di crisi e sottoposte senza reazioni apprezzabili già nel marzo del 1992 a Wojtyla. È sempre il conto «Spellman» e il «coinvolgimento di Andreotti», come si legge nell'intestazione del paragrafo dedicato proprio all'ex premier Dc: Non abbiamo la certezza che la «Fondazione Cardinale Spellman» sia riconducibile alla persona di Andreotti. Non vi sono né il suo nome né la sua firma nell'intestazione. Vi è soltanto una disposizione di de Bonis che alla sua morte lascia tutto ad Andreotti [...] secondo la sua discrezione per proseguire le finalità del fondo. [...] Più complesso il caso della «Fondazione Spellman». I 4198 milioni derivanti dalla vendita o rimborso di titoli provenienti dalla «tangente Enimont» si confondono con numerosi altri movimenti relativi all'operatività normale del conto. Su questo deposito sono rilevabili facilmente almeno quattro operazioni di riciclaggio di titoli che, se rese note, potrebbero far aumentare i filoni di indagine. [...] Bisognerà sentire ciò che dirà de Bonis quando sarà interrogato. Il coinvolgimento di Andreotti potrebbe salvare de Bonis da più gravi conseguenze penali (non vi sarebbe appropriazione da parte sua per i 4198 milioni rivenienti dalla tangente Enimont), ma avrebbe ripercussioni clamorose. Finora Andreotti non è risultato implicato nell'affare Enimont. [...] De Bonis ha agito non come esponente dell'Istituto ma come rappresentante dei reali titolari dei fondi che non si sono mai presentati di persona. È stato un loro uomo di fiducia. Eventuali successive richieste della magistratura sulla movimentazione della «Fondazione Cardinale Spellman» potrebbero aprire nuovi filoni di inchiesta.11 La chiusura della relazione in previsione della rogatoria prospetta cupi scenari e detta la linea su cosa dire ai magistrati, come e quando. Nel formulare la risposta andrà tenuto presente che, se è vero che i titoli della tangente Enimont sono stati dati ad Andreotti da Garofano, come ha detto in un'occasione de Bonis, Garofano potrebbe aver già riferito questo fatto ai giudici milanesi.12 In realtà nessuno accusa il leader politico, né verrà mai coinvolto nell'inchiesta. Nelle indagini il suo nome emerge solo come capocorrente di alcuni democristiani accusati di aver percepito delle somme ma che verranno poi assolti al processo. I dubbi espressi nel report sul coinvolgimento di Andreotti vanno quindi superati. Così il 9 novembre, per conoscere la verità sulla «Fondazione Spellman», Dardozzi entra in banca. Si fa stampare al computer, con il sistema di ricerca contabile interna Key2, la scheda del conto «Fondo Spellman Francis». Non si fida delle voci, delle relazioni. Vuole sapere una volta per tutte chi è il beneficiario di quel conto che giustifica la paura e la prudenza delle lunghe tonache. L'amara e temuta sorpresa arriva in pochi secondi. Le firme autorizzate sono due: «de Bonis Donato» e «Andreotti Giulio». I rischi sono quindi davvero altissimi, con effetti dirompenti per l'immagine del Vaticano e per l'alleato più fidato e potente tra i politici italiani, da sempre vicino ai papi, rimasto finora lontano dalle inchieste e dai fulmini di Mani pulite. Sono ragionamenti e timori comuni nei sacri palazzi; anche Caloia li sviluppa in quei giorni, intravedendo la fine del CAF ovvero dell'asse Craxi-Andreotti-Forlani. Pensieri e preoccupazioni che condivide, come sempre, con Sodano in una lettera del 29 ottobre 1993 particolarmente illuminante sulla strategia da adottare per proteggere Andreotti e su cosa dire ai pm di Milano. Caloia adotta le solite prudenze e usa termini criptati già incontrati, dove «Roma» sta per de Bonis, «OMISSIS», scritto tutto maiuscolo, sta invece per l'ex presidente del Consiglio Andreotti e «Speli» per il conto intestato alla «Fondazione Spellman»: Eminenza reverendissima, qualche considerazione maturata a seguito del colloquio da lei concessomi la mattina del 27 v.s. e di ulteriori scandagli circa il materiale a disposizione. Un atteggiamento di responsabile collaborazione, al quale ci si è dichiarati disponibili pubblicamente (con eco positivo anche e soprattutto all'estero) non consente di evadere la domanda circa «chi materialmente» può avere consegnato a noi i titoli incriminati. Ne consegue l'impossibilità di tacere il nominativo di «Roma». Questo dal lato entrate. Dal lato uscite (mi riferisco ai trasferimenti effettuati sostanzialmente ancora da «Roma») le riflessioni ulteriori porterebbero a escludere il coinvolgimento dell'OMISSIS mentre si arriverebbe agli altri due componenti del cosiddetto CAP. L'OMISSIS potrebbe invece essere coinvolto per quanto è stato da «Roma» accreditato sul conto Speli. Qui «Roma» peccherebbe due volte: per aver portato materiale incriminato e per esserselo accreditato sul conto a suo nome (anche se fiduciariamente gestito per conto dell'OMISSIS)! Conclusivamente anche nel lato uscite non è prudente sottacere gli invii fatti all'estero per questi motivi: le rimesse, nei loro esatti termini, sono già comparse su «L'espresso»; esse non coinvolgerebbero l'OMISSIS; esse potrebbero essere rivelate (se già non lo sono state) dal processo in corso a Milano ove figura il personaggio regista dell'operazione incriminata e che aveva incarichi proprio dagli altri politici cui le rimesse potrebbero afferire. Sui bonifici esteri, in altre parole, si può informare la Procura perché gli stessi non sembrano destinati ad Andreotti e sono comunque noti ai magistrati essendo già apparsi sui giornali. Si impone invece massima attenzione sulle somme bonificate sui conti dell'Istituto. A iniziare dalla pertinenza «Spellman» che lega de Bonis ad Andreotti: Questo ruolo di rappresentanza di terzi potrebbe esporlo a conseguenze di ordine penale. Egli è cittadino italiano e potrebbe quanto meno essere chiamato a dimostrare la sua buona fede (in senso giuridico) per gli atti che ha compiuto. Se poi vorrà attribuirsi la pertinenza della «Fondazione Cardinale Spellman» dovrebbe dimostrare per quale ragione ha avuto titoli da cui ha ricavato 4198 milioni. Non vi sono evidenze certe che avrebbe ricevuto denari per sé (che sarebbero stati accreditati sulla posizione del «Fondo Cardinale di Jorio»). Titoli per nominali 300 milioni da lui cedutici in data 1o agosto 1991 hanno comunque una numerazione immediatamente vicina a quella di altri certificati presenti nell'elenco inviatoci dal Tribunale di Milano e nell'elenco consegnatoci da Domenico Bonifaci.13