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Lo scandalo esplode La notizia della rogatoria finisce su tutte le prime pagine dei giornali. «In Vaticano mazzette Enimont», titola in prima pagina il «Corriere della Sera» il 16 ottobre 1993. E l'indomani: «Lo Ior apre ma i conti non tornano». Il quotidiano di via Solferino è una lama affilata, chi scrive è Gianluca Di Feo: Tutte le strade portano a Roma. E tutti i grandi crac portano al Vaticano. [...] Ma chi ha studiato l'«Operazione Vaticano» aveva in mente gli schemi classici del riciclaggio. Nel gergo dei lavandai di denaro si chiama «guado del pellerossa»: un passaggio non registrato che fa perdere le tracce agli inseguitori, come gli indiani camminavano nei torrenti per non lasciare impronte. Un sistema che richiede però canali bancari molto, molto affidabili. E al di sopra di ogni sospetto. Cosa meglio dello Ior? Chi ha convogliato verso le mura leonine il fiume di Cct contava su una tradizione di silenzio, ben collaudata durante lo scontro tra Santa Sede e giudici milanesi per il crac dell'Ambrosiano. Allora tutte le porte furono sbarrate. Oggi invece la situazione potrebbe essere cambiata. Dalla Città del Vaticano arrivano segnali di pace: forniremo i chiarimenti richiesti. L'ordine è trasparenza. Non si poteva pensare altro. I comunicati stampa «ben congegnati», per ripetere le parole di Caloia, enfatizzano la volontà di collaborare. Il cardinale Martini fa arrivare ai pm di Milano segnali distensivi e d'apertura. Passa il messaggio che Wojtyla ha chiuso il periodo Marcinkus introducendo verifiche allo Ior e nuovi organismi come la Commissione cardinalizia. Sempre il «Corriere della Sera» ricorda nei titoli che lo «Ior è garantito da un duplice controllo».21 Insomma, riflette Caloia scrivendo a Sodano: «Gestita con la più grande positività possibile la fase del clamore, mi pare che le reazioni dei giornali siano state tutto sommato di rispetto per la dichiarazione a collaborare con la giustizia italiana».22 Purtroppo le cose non stanno così. Sono due le anime che in Vaticano si scontrano apertamente avviando contraddittorie e autonome iniziative. Caloia sfiora la rottura con Castillo Lara. Si rafforzano i suoi dubbi sulla trasparenza del capo dei controllori dello Ior. La guerra tra Caloia e Castillo Lara si fa aperta. Su pressante consiglio del presidente della Commissione cardinalizia, il direttore Gibellini in rotta con il presidente della banca lascia Città del Vaticano e va a chiedere lumi su come muoversi nella vicenda Enimont addirittura in Italia, all'allora governatore della Banca d'Italia, il potente e cattolicissimo Antonio Fazio. L'iniziativa manda su tutte le furie Caloia, che informa immediatamente Sodano chiedendogli di intervenire: Le preoccupazioni non finiscono mai! [...] L'improvvida e a questo punto veramente intollerabile intromissione del cardinale Castillo Lara, che direttamente gestisce l'attività del direttore generale, ha già propiziato iniziative gravide di rischio e assolutamente devianti rispetto alla linea di attesa vigile, avallata in modo così autorevole dalla segreteria di Stato. Il dottor Gibellini, che si crede unico amico del dottor Fazio e lo va da tempo ridicolmente sbandierando (a chi poi interessi non si sa, né è bene che lo Ior si lasci monitorare da istituzioni estere quale la Banca d'Italia), ha preso l'iniziativa di andare a incontrare il governatore della Banca d'Italia. A parte lo spregio per ogni statuto e regolamento interno (che assegna al presidente ogni rapporto eventuale con enti e istituzioni esterne), a parte anche l'estrema delicatezza della materia eventualmente trattata nel colloquio da chi non ha né la conoscenza adeguata né informazione completa circa i risvolti di vario genere che la vicenda in atto reca con sé, pare che il Gibellini se ne sia tornato col «compito» di far avere al suo «amico» il dettaglio di ciò che eventualmente è accaduto presso di noi. [...] Il tentativo di Castillo Lara di spiegare gli eventi anche con nuove interviste e con l'invio di incauti esploratori alla Gibellini presso sedi esterne rivela un pericoloso tentativo di appropriarsi della gestione di una vicenda che invece richiede ben altre doti, equilibrio e saggezza.23 Caloia è furibondo. I motivi incalzano. Colpa anche di un'avventata, falsa e utopica intervista rilasciata dal venezuelano Castillo Lara che offre un'equivoca e non coerente linea difensi va: «Si è colpevolizzato l'Istituto come se avesse fatto del riciclaggio di denaro sporco. Cosa che è assurda: in una banca si presenta un signore, un grande industriale come Ferruzzi, che vuole depositare 50 miliardi di titoli di Stato italiani, perfettamente legali, e a un certo punto vuole liquidarne una parte. Un'operazione assolutamente normale che ogni banca fa ogni giorno».24 E la rogatoria? «Non copriremo - fa la voce grossa Castillo Lara - le eventuali responsabilità di nessuno, siano essi cardinali, vescovi o impiegati dello Ior.»25 Un'utopia. Stavolta però Sodano non tace e raccoglie le richieste di Caloia. Chiama Castillo Lara e cerca di fargli capire, con i toni smussati del linguaggio cardinalizio, come sia necessario lasciare al presidente dello Ior autonomia e mano libera su Milano. Il venezuelano ascolta, annuisce. Non commenta e torna in ufficio. Riflette e decide di cambiare strategia, rendendo lo scontro più sottile. Il 20 ottobre alza il telefono, chiama Caloia e lo invita a raggiungerlo. Dopo discussioni, dispetti, silenzi e tensioni, i due si vedono, a mezzogiorno, per oltre un'ora. L'incontro appare franco. Castillo Lara e Caloia concordano una strategia comune. Il cardinale vuole che sia lui solo, il banchiere laico, a preparare un dossier interno sulla situazione con l'elenco di tutti i titoli incamerati, quindi incassati o ancora giacenti in qualche cassaforte della banca. Ma il presidente dello Ior è guardingo. Già de Bonis dall'Ordine di Malta si era fatto vivo per incontrare Castillo Lara; Caloia teme una trappola o anche solo qualche fuga di notizie sui report, possibile in un momento di divisioni interne come questo e che sarebbe devastante per l'immagine della Romana Chiesa, per il futuro dello Ior e per l'opera di bonifica in corso. Meglio la linea attendista concordata con Sodano. Meglio aspettare la rogatoria dei milanesi. Poi Castillo Lara si lascia sfuggire una battuta ambigua, velenosa. Una frase che suona come un avvertimento. Sussurra a Caloia che lui stesso conosceva questa situazione, il sistema de Bonis, e che più volte l'aveva segnalato alla segreteria di Stato. «Oggi si vede che avevo ragione, è sembrato concludere il porporato - riporta Caloia dopo l'incontro per informare Sodano - e che avevo visto giusto». Il cardinale conosce i rapporti tra il segretario di Stato e Caloia e gli dice in faccia che aveva avvertito Sodano. Vero o falso? Il messaggio comunque è chiaro: se lo Ior parallelo crolla, si faranno male in tanti. La battuta rimane in sospeso. Castillo Lara è rapido. Passa subito ad altro. Ma la mina dello Ior parallelo rimane ancora lì, sotto un lembo di terra, inesplosa.