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Se come sembra qualcuno ha anche fornito alle autorità inquirenti i numeri dei certificati di credito del Tesoro non è da escludere che attraverso il canale bancario (Credito Italiano) si possa giungere all'Istituto (ovvero lo Ior). Da tempo la stampa dà notizie inquietanti: l'autorità inquirente è alla ricerca del destino di 50 miliardi, perché gli altri li hanno già localizzati. Le informazioni della stampa stanno diventando sempre più circostanziate e focalizzate verso un ormai quasi individuato obiettivo (lo Ior?). Si ha l'impressione fondata che «qualcuno» (Sama, Cusani e/o altre persone collegate) abbia indicato le piste (i numeri) delle serie di Cct incriminati e cercati. giornali fanno riferimento a bonifici e beneficiari che corrispondono a quelli emersi dalla contabilità del sistema offshore. Nessuno però ancora collega Enimont e i Cct al Vaticano. Così, oltre il Portone di Bronzo ci si divide. C'è chi minimizza parlando di «curioso riscontro» tra «le cifre indicate» dalla stampa e «gli importi che il prelato ha trasferito in Svizzera». I più, in realtà, raccolgono i segnali e scelgono una precisa strategia. Dinnanzi a questo imminente cataclisma prevale infatti la linea del basso profilo, attendendo gli eventi, senza cioè offrire a chi indaga preziose informazioni, evidenziate a Giovanni Paolo II ormai da più di un anno, dal marzo del 1992. Una scelta dettata da diversi motivi strategici. Implicazioni istituzionali inaudite I magistrati di Milano vanno avanti nelle indagini. Risalendo ai passaggi tra le banche italiane grazie alle confessioni del costruttore Bonifaci, ricostruiscono i movimenti dei Cct e individuano il coinvolgimento dello Ior. Così decidono di giocare in contropiede con un atto senza precedenti nelle relazioni tra Vaticano e Stato italiano. Piuttosto che mandare una rogatoria alla Santa Sede sui Cct delle tangenti elencate da Garofano e Sama, il 5 ottobre 1993 l'allora procuratore capo Francesco Saverio Borrelli alza il telefono e chiama direttamente Caloia. Un contatto informale, un breve colloquio per fissare un incontro. Lo scambio, o meglio il baratto, da come riferirà lo stesso presidente dello Ior nelle sue missive, è come sottaciuto: venite, raccontate, senza far clamore sui giornali, e noi andiamo avanti con le nostre indagini. Il presidente dello Ior ascolta la proposta. Cordiale ringrazia e riaggancia. Lascia la sua casa di Milano e si precipita a Lina-te. Sale sul primo volo per Roma. In un paio d'ore è in Vaticano. Chiede a Broglio udienza urgente con Sodano. Nell'attesa si consulta con i penalisti di fiducia, prende la stilografica e scrive proprio al segretario di Stato, il premier della Santa Sede, prospettando diverse strategie difensive: Il procuratore ha accennato a problemi concementi lo Ior (al termine del colloquio mi dirà trattasi di «titoli di credito incassati dallo Ior»). Al fine di evitare clamori, mi ha invitato a un colloquio infor male, apparentemente per rappresentarmi il merito dei problemi. Ho pensato che il colloquio fosse con lo stesso dottor Borrelli e, dopo aver premesso che dovevo sentire i miei superiori, ho accettato di fissare per giovedì 7 alle 16 l'incontro. In realtà mi è stato poi detto - da lui - che all'entrata del Tribunale di Milano, un carabiniere mi avrebbe accompagnato da due sostituti procuratori. Non ho esitato a prendere il primo aereo per Roma e sono tuttora in Vaticano in attesa di chiarire i comportamenti da tenere. Caloia interpella diversi avvocati. Grande Stevens sconsiglia l'incontro suggerendo la rogatoria; Giuseppe De Luca invece, sempre secondo quanto scrive il banchiere, «è parso più gravemente conscio della vastità e risonanza negativa della potenziale fattispecie (che si giudica però ormai conosciuta dagli inquirenti, in possesso di tutti i numeri dei titoli di credito afferenti la vicenda Enimont). [...] Sia che si vada al colloquio sia che non si vada il clamore ci sarà comunque ("L'espresso", "la Repubblica" ecc.)».16 Il presidente dello Ior indica a Sodano il fulcro delle accuse destinate alla prima pagina: Persona ben nota all'interno di un Istituto a servizio della Chiesa universale potrebbe aver operato in modo da cambiare somme formate da Cct, provenienti presuntivamente da tangenti di cospicuo importo, accreditando così l'immagine di un Istituto che continua a operare secondo i metodi del disastroso passato. Rifiutandosi di andare e chiedere la rogatoria, potrebbe non solo irritare ma suscitare ingiustificati sospetti sull'operato dell'intero organismo. In particolare, quando le somme cambiate fossero di notevole entità (come sarà certamente noto agli inquirenti) si rischierebbe di alimentare un coinvolgimento dell'intero Istituto nell'operazione potendosi configurare un reato di favoreggiamento reale. I giudici, tra l'altro, non crederebbero mai che non si conosca l'identità di quanti hanno portato titoli presso di noi.17 Forse, per la prima volta, Caloia avverte i rischi, ha paura. Paura di cedere. Se dovesse andare in Procura a Milano teme di tro varsi già «sulle spalle - prosegue nella lettera a Sodano - tutta la responsabilità della migliore rappresentazione di una situazione che sembra avere risvolti personali e istituzionali, nonché ecclesiali, di dimensione inaudita». In altre parole, se venisse interrogato si potrebbero «aprire voragini non controllabili». I risvolti istituzionali riguardano la «Fondazione Spellman», che agita il vertice della banca e la segreteria di Stato. Quelli ecclesiali avrebbero effetti dirompenti per la sola esistenza di uno Ior parallelo. Meglio allora la rogatoria: «Mette la Santa Sede in grado di conoscere in anticipo cosa vogliono i magistrati e di avere il tempo necessario per operare tutti gli accertamenti necessari». Se la richiesta di Borrelli cadrà quindi nel vuoto è solo perché si rivelerà assai più efficace prendere tempo, cercando di limitare l'azione della magistratura. Al tempo stesso si cercherà di «attutire l'eventuale irritazione» dei magistrati offrendo comunque la propria disponibilità. L'invito viene così rispedito al mittente, con una cordiale, velata e appena criptica breve lettera che Caloia invia a Borrelli, anticipata con una calorosa quanto inutile telefonata. Il presidente, annullando l'appuntamento, si dice comunque «attento a offrire la massima collaborazione all'interno delle diverse forme di interlocuzione che saranno seguite».18 Ma ben altro si prospetta.