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Tangenti al posto della beneficenza Ecco come funzionava il sistema: prendiamo il caso del conto «mamma Roma» alimentato nel 1989 con 200 milioni di lire che provengono dal deposito del celebre avvocato e docente di diritto romano Cesare Tumedei e da sua moglie. I coniugi avevano lasciato allo Ior i loro averi per opere di beneficenza. Invece allo Ior, senza alcun titolo, qualcuno dirotta quei fondi nella disponibilità diretta del prelato della banca. Chi è quel qualcuno? Pellegrino de Strobel, ragioniere capo ai tempi d'oro di Marcinkus e suo fedelissimo. Anche per lui i giudici milanesi avevano disposto l'arresto nell'inchiesta sul crac dell'Ambrosiano per venire poi stoppati dalla Cassazione. Il ragioniere lascia ora il testimone finanziario al fedelissimo monsignore e lo aiuta nelle prime operazioni. Si è quindi conclusa la fase della staffetta con la gestione Marcinkus. Il suo ex segretario ha preso il comando, riannodato le relazioni, gestito il patrimonio. Sono diciassette i conti principali sui quali de Bonis «opera sia per formale delega - si legge nel report inviato da Caloia a Wojtyla nell'agosto del 1992 - sia per prassi inveterata». Tra l'89 e il '93 su questi depositi vengono compiute operazioni per oltre 310 miliardi di lire, circa 275,2 milioni di euro. Solo in contanti i movimenti, secondo una stima prudenziale,2 superano i 110 miliardi. Ma è soprattutto l'intensissima movimentazione di titoli di Stato a preoccupare la Commissione segreta. In appena un biennio su questi conti riservati transitano fra i 135 e i 200 miliardi di lire in Cct. E si tratta solo di stime indicative. Ancora oggi non si ha certezza alcuna su quanto questo sistema parallelo abbia realmente movimentato negli anni in cui la finanza «allegra» spadroneggiava nello Stato pontifìcio. Nell'archivio compaiono due distinti documenti con stime sugli importi gestiti. Nel primo, stilato proprio da monsignor Dardozzi e datato 12 novembre 1993, vengono indicati Cct per 200 miliardi di lire, «inviati a banche dal 1991 a oggi». Nel secondo documento, privo di data, per il triennio 1990-1993 si riporta la somma di 135 miliardi di titoli movimentati in riferimento all'esame solo di cinque dei diciassette conti gestiti da de Bonis (san Serafino, Louis Augustus Jonas Foundation, Fondo Domenico Bonifaci, Cardinale Spellman e Fondo cardinale di Jorio). Ma, più che di proiezioni realistiche, si tratta di proiezioni dettate dall'ottimismo e dalla paura che possano tornare i fantasmi del passato. Nell'autunno del 1992 si scoprirà che i primi conteggi sono molto imprecisi. Il prelato è infatti assai capace a mimetizzare le sue attività segrete. E, soprattutto, assai più abile, spregiudicato e previdente nel proteggere i suoi affari di quanto nei sacri palazzi si possa immaginare. Nessuno sembra averlo previsto, sebbene la storia del monsignore arrivato dalla campagna della Basilicata sia stata in apparenza sotto gli occhi di tutti. Il banchiere dalla lunga tonaca ha raccolto e coniugato gli insegnamenti ricevuti sia da Marcinkus sia dal predecessore cardinale Alberto di Jorio, che aveva servito per vent'anni come segretario nella banca vaticana all'epoca delle prime operazioni d'ingegneria finanziaria. De Bonis è cresciuto, lasciandosi presto alle spalle le esperienze di gioventù, quando era stato alunno, professore e infine vicerettore del Pontifìcio seminario di Potenza, direttore di centri giovanili, assistente diocesano e persino guida spirituale di associazioni culturali. Ora si è fatto scaltro. Solo prevedendo di annoverare dei nemici tra le mura vaticane, ha creato una doppia copertura al sistema di conti. Ha costituito uno scudo, uno schermo invulnerabile che nessuno sarebbe stato in grado di superare agevolmente e che gli è tornato utile per posticipare la sua inevitabile fuoriuscita. In pochi lo sospettano, in pochissimi nei sacri palazzi conoscono la sua attività. Nel circuito di conti correnti allo Ior il prelato ha organizzato un comparto completamente occulto. Fuori dai bilanci ufficiali, dalla movimentazione ordinaria. Il prelato utilizza canali extracontabili per gestire i Cct più imbarazzanti e mettersi al riparo da qualsiasi controllo. Secondo un report riservato di fine 1993, in quasi tre anni sono stati inviati all'incasso fuori contabilità titoli per oltre 16,6 miliardi. «Il sospetto è che vi sia stata una movimentazione di titoli e/o cedole - si trova costretto a scrivere Dardozzi - verso banche esterne, effettuata spendendo il nome dello Ior ma con conta bilizzazione inesistente o incompleta all'interno dell'Istituto.» Si profila un vero e proprio «Ior parallelo», dalla doppia contabilità, con il prelato che ha piegato a proprio vantaggio le finalità stesse dell'Istituto pur di garantire filtri all'indispensabile riservatezza dei suoi illustri clienti. Nello statuto della banca si contempla la beneficenza e il culto, destinando parte delle somme che lo Ior riceve e gestisce proprio per le opere di religione. Il regista del sistema modula queste finalità trasformandole in una formidabile occasione per mimetizzare le proprie operazioni fra quelle tradizionali, meritorie, per elemosine e carità nel mondo. Infatti, non solo i depositi sono attribuiti a fondazioni inesistenti, ma spesso la scelta delle intestazioni è dettata dall'ipocrisia e dal cinismo. Si pensi al conto «001-3-15924-C» che il prelato dello Ior ribattezza «Fondazione mamma de Bonis, lotta alla leucemia» o quello «Louis Augustus Jonas Foundation» che un carissimo amico del prelato e di Andreotti, il lobbista Luigi Bisignani, apre indicando l'«aiuto bimbi poveri» nelle finalità. Su quei depositi, in realtà, più che oboli transitano soprattutto cospicue tangenti. Oltre ai primi diciassette, la ricerca interna farà emergere altri depositi sempre della galassia occulta dello Ior, che vengono indicati nelle relazioni raccolte da Dardozzi. Correntisti che estendono quella rete di pertinenze intestate magari a fondazioni, a paravento di civili insospettabili, amici degli amici. Nel documento sono elencate le intestazioni di quelli più significativi con il saldo, in lire italiane o dollari, e tra parentesi la relativa pertinenza senza i nomi di battesimo, circostanza che impedisce l'immediata riferibilità ai titolari: - Fondo Carità S. Dino 1.658.979.000 (E. Viola) - Fondo S. Giuliano 11.045.437.000 (Geronzi) - Madonna di Lourdes $ 1.172.500 (Vetrano) - Fond. Cesare Peruzzi 700.000.000 (Buratti) - De Guida Canori 3.620.000.000 (De Guida) - Fondo S. Luigi $ 1.090.700 (Manguso) Il segretario del papa e i pazzi di Bisceglie Indebolire questo sistema di potere significa puntare innanzitutto a isolare de Bonis con la cosiddetta tecnica del carciofo: individuare i punti deboli degli alleati del prelato per metterli poi nella condizione di scaricarlo. Si parte quindi proprio dai conti: la clientela speciale coltivata dal monsi gnore è di primissimo piano, molti sono gli amici di un tempo di Marcinkus.