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Tutti i conti del presidente Alle persone (quasi tutti prelati e porporati) che aprono un conto allo Ior viene chiesto di lasciare in busta chiusa le proprie volontà ereditarie. Nel fascicolo Ior del conto «Fondazione Spellman», fotocopiato da monsignor Renato Dardozzi e custodito nel suo archivio, sono indicate quelle del suo «gestore», appunto de Bonis. Che con il classico pennarello nero a punta media ha indicato su carta a righe queste illuminanti disposizioni testamentarie: Quanto risulterà alla mia morte, a credito del conto 001-3-14774-C, sia messo a disposizione di S.E. Giulio Andreotti per opere di carità e di assistenza, secondo la sua discrezione. Ringrazio, nel nome di Dio benedetto, Donato de Bonis, Vaticano 15.7.87. Si tratta di un conto segreto di Andreotti gestito da de Bonis? O di una millanteria per proteggere affari poco limpidi? Tutti gli elementi fanno propendere per la prima ipotesi. Come la serie di lettere riservate sugli affari del prelato che negli anni seguenti il presidente dello Ior Caloia invia periodicamente al segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano. Non ultima quella del 21 giugno 1994 nella quale, a ormai sette anni dall'apertura del deposito, Caloia dà per scontato che «il conto della "Fondazione Cardinale Spellman" che l'ex prelato ha gestito per conto di Omissis contiene cifre dell'ordine di 4,5 miliardi che sono il risultato di titoli i cui numeri sono tutti compresi nella rogatoria della Procura di Milano». Omissis, come emerge chiaramente dalla documentazione conservata nell'archivio Dardozzi, è la sigla convenzionale utilizzata da Caloia e altri manager dello Ior per criptare proprio il nome di Giulio Andreotti. Per de Bonis, invece, è stato scelto il nome in codice «Roma». Per altri correntisti vengono concordati diversi nomi di città, come «Ancona» e «Siena», da usare sempre nelle comunicazioni scritte. Ancora oggi rimane sconosciuta, per esempio, l'identità di «Ancona». 52 Vaticano S.p.A. A chi vanno i soldi: nomi e cognomi Sul conto «Fondazione Spellman» gestito dal prelato dello Ior probabilmente per conto di Andreotti affluisce un'autentica valanga di denaro. Milioni di banconote, miliardi in contanti. Le contabili conservate nell'archivio Dardozzi ricostruiscono nel dettaglio tutte le movimentazioni. Il conto ha goduto di accrediti in Cct e in contanti. Dal 1987 al 1992 de Bonis introduce fisicamente in Vaticano cash per oltre 26 miliardi e li deposita tutti su «Fondazione Spellman». Con la rivalutazione monetaria la somma corrisponde a 26,4 milioni di euro di oggi.11 Più in dettaglio gli accrediti sul conto sono in crescendo fino a quando Tangentopoli non assume rilievo nazionale. Dal 14 luglio 1987 a fine 1988 vengono accreditati 2,5 miliardi in contanti, nel biennio 1989-90 la cifra quadruplica schizzando a quasi 10 miliardi, mentre nel solo 1991 vengono depositati altri 9,3 miliardi in contanti. Nel 1992 c'è un crollo delle operazioni: poco più di 4 miliardi in banconote. I liquidi non arrivano più allo Ior. I depositi rilevanti in valuta italiana s'interrompono bruscamente nel maggio successivo, lasciando per il resto dell'anno pochi e non rilevanti cambi di valuta. A questi importi bisogna sommare l'enorme quantità di titoli di Stato depositati e ritirati per altri 42 miliardi di lire,12 corrispondenti a 32,5 milioni di euro. Ma da dove arrivano tutti questi soldi? Un primo indizio inequivocabile risale ad anni e anni prima. Nel marzo del 1981, una sedicente «Fondazione Spellman» era operativa. Davanti a esterefatti parlamentari della Commissione d'inchiesta su Sindona, Pietro Macchiarella, uomo ombra del finanziere siciliano e a capo della società Fasco ag, aveva ammesso buoni rapporti tra la Dc e Sindona, e aveva parlato di una donazione da 200 milioni di lire offerta dalla Fasco ad Andreotti, proprio per la fantomatica «Fondazione Spellman». Notizia ripresa qualche anno dopo da Massimo Teodori in un duro intervento sui rapporti tra Sindona e Andreotti a Montecitorio: «Sappiamo che soldi furono distribuiti a destra e a manca: all'Irades di Flaminio Piccoli (certo, restituiti nel 1976), alla "Fondazione Spellman" di Andreotti e via di seguito [...]».13 Intanto le valigette zeppe di denaro portate da de Bonis diventano ormai una consuetudine per gli impiegati dello Ior. Il monsignore ogni settimana consegna migliaia di fascette da centomila lire con depositi che arrivano anche a mezzo miliardo in contanti per volta. Non disdegna gli assegni circolari (da 4-500 milioni) né i bonifici esteri, soprattutto dalla Svizzera. A Ginevra i rapporti sono con la Union bancaire privée, a Lugano con Banca di credito e commercio SA e con Banque Indo-suez,14 mentre per le operazioni con il Banco di Lugano si utilizza per comodità il conto 101-7-13907 aperto dallo Ior in quell'istituto elvetico. Vengono depositati anche libretti al portatore con liquidazione del lavoro e risparmi personali. Né mancano i riferimenti alla politica. A un versamento da 40 milioni è allegata l'indicazione, su carta intestata «palazzo di Montecitorio», «trasferire in Spellman». Su un altro foglio viene appuntato «Sen. Lavezzari» in concomitanza con il deposito di assegni per 590 milioni di lire. Carlo Lavezzari, imprenditore siderurgico lombardo, era un amico personale di Giulio Andreotti. Ex senatore democristiano, a Roma aveva il suo ufficio sullo stesso pianerottolo di quello storico dell'ex presidente del Consiglio, in piazza san Lorenzo in Lucina. Su alcuni bonifici è invece indicata anche una motivazione di apparente beneficenza. Come per i 2 miliardi e mezzo che fece accreditare il barone siciliano Bruno di Belmonte. Motivazione: Caritas Fund. Se «la carità copre una moltitudine di peccati», come si legge nella prima lettera di san Pietro (capitolo 4.8), è vero che dal conto Spellman vengono periodicamente distribuite centinaia tra elemosine e donazioni a suore, monache, badesse, frati e abati, enti, ordini e missioni. L'elenco dei beneficiari è ster minato: suore ospedaliere della Misericordia, adoratrici dell'Eucarestia, orsoline di Cortina d'Ampezzo, oblate benedettine di Priscilla, carmelitane d'Arezzo. Ma anche ordini, istituti, parrocchie e monasteri: il monastero benedettino di clausura di Cesena, quello delle Clarisse di Spello, in Umbria, le trappiste a Vitorchiano, alle porte di Viterbo, sino alle monache agostiniane. Quindi comunità e associazioni: Nomadelfia di Grosseto, il club Marcia Lazio, il Centro solidarietà di don Mario Picchi, la Comunità di Sant'Egidio, i 100 milioni alla «Fondazione Tito e Fanny Legrenzi». Sino alle persone che si sono distinte per le opere di bene, come la badessa generale delle suore di santa Brigida, Tekla Famiglietti, padre Valerio di Carlo a cui arrivano 218 milioni per «Assisi per l'Amazzonia» e lo storico Abelardo Lobato. O imprenditori vicini a Comunione e Liberazione e amici di Andreotti come Raffaello Fellah con la sua associazione «Il Triangolo» di Roma. E ancora, il Villaggio dei Ragazzi in provincia di Caserta (aderente ai Legionari di Cristo) da sempre nel cuore di Andreotti, che riceve in tutto oltre due miliardi e 200 milioni.15 La gestione caritatevole del patrimonio rimane però marginale. Per il cassiere della Democrazia cristiana Severino Citaristi, pluricondannato in Tangentopoli, compare un assegno da 60 milioni. Tra il 1990 e il 1991 dal conto «Spellman» dello Ior escono invece 400 milioni per l'avvocato Odoardo Ascari. In quegli anni il penalista è difensore di Edgardo Sogno e patrono civile della famiglia del commissario Luigi Calabresi; poco tempo dopo verrà nominato da Andreotti come avvocato nei procedimenti aperti a Palermo per concorso in associazione mafiosa. Un miliardo e 563 milioni vanno a un fantomatico «Comitato Spellman» con prelievi in contanti o con il ritiro di pacchi di assegni circolari di taglio diverso (da 1, 2, 5, 10, 20 milioni). Solo beneficenza? Un milione di dollari al cardinale brasiliano Lucas Moreira Neves, sino al 2000 prefetto della Congregazione dei vescovi, mentre altri bonifici sono destina ti all'allora arcivescovo di New York, cardinale John O'Con-nor, al cardinale croato Franjo Kuharic dell'arcidiocesi di Zagabria, sino all'ausiliare di Skope Prizren monsignor Nike Pre-la «per i fedeli di lingua albanese». Presenti nell'elenco anche i diplomatici come Marino Fieri che si trova a Gerusalemme (30mila dollari), l'ambasciatore Stefano Falez, che nel 1992 riceve somme per «la stampa cattolica slovena», e il viceconsole onorario di New York Armando Tancredi. Dal fondo si prelevano anche i soldi per i congressi, come quello che si tiene a New York per gli studi su Cicerone nell'aprile del 1991. Dal «memorandum presidente Andreotti» allegato alle disposizioni dei bonifici e dalla contabilità dello Ior si deduce che dal conto vengono pagati lOOmila dollari per le 182 camere degli ospiti al Plaza e allo Sheraton hotel, 225 milioni per i biglietti aerei, le visite guidate e i trasferimenti.