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Dopo la rivoluzione russa, il comunismo ateo e a favore della lotta di classe era considerato in Vaticano uno dei principali nemici della fede. Papa Pacelli lo indicava come il male assoluto leggendo nel Patto di Varsavia e nell'espansione dei paesi comunisti il pericolo da affrontare. David A. Yallop, In nome di Dio. La morte di papa Luciani, Tullio Piron-ti editore, Napoli 1997. David Yallop, op. cit. Spellman curava anche i finanziamenti per evitare le infiltrazioni comuniste nei paesi Nato. Come l'assegno da oltre 10 milioni di dollari che nel Dopoguerra la Democrazia cristiana di Alcide De Gasperi ricevette dagli Alleati per vincere le elezioni del 1948. Tra i primi a sostenere questa tesi, il giornalista e scrittore americano Christopher Simpson, che cercava anche di individuare l'origine delle somme: «Fondi neri che non erano pagati dai contribuenti americani visto che una parte sostanziosa veniva dai beni sequestrati alla Germania nazista, incluso denaro e oro che le SS avevano rapinato agli ebrei» (Christopher Simpson Blowback, The First Full Account of America's Recruitment of Nazis and Its Disastrous Effects on the Cold War, our Domestic and Foreign Policy, Collier/Macmillan, London 1988). Negli anni Novanta il Congresso mondiale ebraico e alcuni storici americani hanno apertamente rilanciato la tesi e accusato la Chiesa sull'origine di quei soldi, sostenendo che provenivano dal bottino di guerra nazista, dai lager dell'Olocausto. Sul punto le versioni sono controverse. Angelo Caloia, per esempio, nega con forza la circostanza nel libro-intervista di Giancarlo Galli, Finanza bianca, la Chiesa, i soldi, il potere, Mondadori, Milano 2004. Gianfranco Piazzesi, Sandra Bonsanti, La storia di Roberto Calvi, Longanesi, Milano 1984. Fabrizio Rizzi, «L'Oro di Pietro», in «Fortune», aprile 1989. Sindona nasce a Patti nella poverissima provincia messinese nel 1920; dopo aver studiato in un istituto di gesuiti, nel 1942 conquista la laurea in legge, mentre le truppe anglo-americane occupano la Sicilia. Si allinea subito con il boss Baldassarre Tinebra. Da lui riceve partite di agrumi e di grano che vende al governo militare alleato. All'ufficio imposte di Messina prende confidenza con il sistema fiscale per trasferirsi a Milano e aprire, nel 1947, uno studio di consulenza fiscale nel centro della città. Sindona mostra a tutti le lettere di accredito dell'arcivescovo di Messina, che gli permettono di costruire una rete sempre più fìtta di rapporti sotto la Madonnina. L'abilità di Sindona si chiama elusione fiscale e doppia fatturazione. A lui ricorrono imprenditori e professionisti per sfuggire al fìsco. E Sindona li accontenta riparando all'estero. Già nel 1950 fonda la sua prima «scatola vuota» in Liechtenstein: la Fasco ag. Ma la clientela comprende anche famiglie mafiose come gli Inzeril-lo e i Gambino di New York, che rimangono colpite dalla spregiudicatezza e dal silenzio che questo siciliano assicura per carattere. A lui affidano i narcodollari. Sindona cresce ancora. Acquista la Banca Privata Finanziaria già Moizzi & C. di Milano grazie all'intercessione del segre tario dello Ior Massimo Spada, e nel 1959 centra un affare decisivo per la sua carriera. Trova il terreno e i 2 milioni e 400mila dollari necessari all'allora arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, per aprire la Madonnina, casa di riposo per anziani. Sindona è promosso consulente finanziario della Curia. Le lettere indicavano: «Signori, la presente è per confermare che noi, direttamente o indirettamente, controlliamo le seguenti società: Manic SA (Lussemburgo), Astolfine SA (Panama), Nordeurop Establishment (Liechtenstein), United Trading Corporation (Panama), Erin SA (Panama), Bellatrix SA (Panama), Belrosa SA (Panama), Starfield SA (Panama). Confermiamo anche la nostra conoscenza dei loro debiti verso di voi a tutto il giugno 1981 come risulta dagli estratti conto allegati». Firmato Pellegrino de Strobel e Luigi Mennini. David Yallop, op. cit. Firmato dai tre consiglieri, l'appunto «promemoria per Sua Eminenza il cardinale segretario di Stato» è del 17 agosto 1983 e porta le firme di monsignor Dardozzi, copresidente della Commissione costituita con il governo italiano e dei membri Pellegrino Capaldo e Agostino Gambino «per l'accertamento della verità sulle questioni pendenti tra Ior e Ambrosiano in liquidazione». I tre portavano avanti una posizione opposta a quella del governo italiano, sostenendo che lo Ior fosse «strumento inconsapevole di un disegno occulto di Calvi. [...] Gli alti dirigenti dello Ior possono aver commesso qualche imprudenza soprattutto per la fiducia riposta nel presidente dell'Ambrosiano. Si può comprendere la difficoltà di cogliere il disegno che questi andava realizzando con un fìtto intreccio di operazioni che, autonomamente considerate, potevano apparire normali. È anche comprensibile che data la lunga consuetudine di affari che lo legava al Banco Ambrosiano, lo Ior abbia per così dire allentato la vigilanza sulle operazioni che Calvi via via gli prospettava». Stralcio del verbale dattiloscritto della riunione tenuta da Casaroli il 29 agosto 1983. Renato Bricchetti, all'epoca giudice istruttore del crac Ambrosiano, autore di numerosi e autorevoli saggi di diritto, oggi è consigliere di Cassazione. Intervistato dall'autore il 30 ottobre 2008. Il futuro papa Ratzinger, commentando le indiscrezioni giornalistiche che anticipavano l'abolizione della scomunica, aveva affermato che «rimane immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche. I loro princìpi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa: perciò l'iscrizione alla massoneria rimane proibita». Carlo Palermo, Il quarto livello, Editori Riuniti, Roma 1996. 15 Franco Scottoni, «Ecco il testo dell'intesa tra Ior e Ambrosiano», in «la Repubblica», 5 marzo 1989. 16 Giancarlo Galli, op. cit. 17 «Anche per via dell'età avanzata (sono entrambi ultrasettantenni) sono stati di fatto accantonati. Risiedono nel pensionato di Santa Marta, mangiano nella mensa comune, fanno vita ritirata. Escono raramente la sera e solo per recarsi in qualche casa amica a recitare il rosario. Anche Marcinkus è stato ridimensionato dalla vicenda. Ha perso l'incarico di organizzatore dei viaggi del papa. Ha mantenuto invece quello di propresidente della Commissione di cardinali che amministra la città del Vaticano, il cosiddetto Governatorato. Ma si è giocato la porpora cardinalizia. [...] E anche il suo potere all'interno dello Ior è diminuito di molto a vantaggio della Commissione di vigilanza sullo Ior». Angelo Pergolini, «Dimenticare Marcinkus», in «Espansione» n. 222, 1° novembre 1988.