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La riunione storica del 29 agosto 1983 Di fronte a questi scandali e all'emorragia finanziaria causata dalle truffaldine operazioni di Sindona-Calvi, l'astro di Marcinkus è destinato a inabissarsi. L'arcivescovo gode però della protezione incondizionata di Giovanni Paolo II. Protezione dovuta soprattutto ai fondi per oltre 100 milioni di dollari che il Vaticano inviò al sindacato polacco Solidarnosc.10 Infatti, è solo per le insistenze del segretario di Stato Agostino Casaroli che l'arcivescovo non viene promosso cardinale. Già nel 1980 sempre Casaroli, contravvenendo alle disposizioni di Wojtyla, aveva impedito che Marcinkus testimoniasse nel processo Sin-dona a favore del finanziere di Patti sei anni dopo il crac. Evitando così un'ulteriore figura alla già critica posizione nella quale si era ritrovata la Chiesa. L'azione di Andreatta accelera lo scontro tra l'arcivescovo di Cicero e Casaroli. Il segretario vuol mettere alla porta Marcinkus visti i danni d'immagine e finanziari cagionati. Wojtyla, per esempio, deve proclamare l'Anno Santo straordinario nel 1983 (già tenutosi nel 1975) pur di far lievitare le donazioni e rimpinguare le casse. Per portare a termine il piano Casaroli si deve muovere con calma, senza sbagliare una mossa. Impiegherà così molto più tempo del previsto: Marcinkus lascerà la banca vaticana solo nel 1989. La strategia per uscire da questa stagione prevede diverse fasi. Innanzitutto l'istituzione di una Commissione interna sulla vicenda Ior-Ambrosiano. La seconda mossa è quella di creare, con lo Stato italiano, una Commissione mista che determini le responsabilità vaticane nel dissesto dell'Istituto di Calvi. Bisogna infatti chiudere il contenzioso con l'Ambrosiano rapidamente e con il minor danno possibile. La Santa Sede partecipa così ai lavori per risolvere le questioni pendenti tra Ior e i liquidatori della banca di Calvi, con tutte le carte consultabili presso un notaio svizzero. Viene convocato Marcinkus che si rifiuta di deporre. Ben presto si crea una spaccatura insanabile. I tre commissari scelti dal Vaticano, ovvero il presidente della Banca di Roma, Pellegrino Capaldo, vicino a Ciriaco De Mita, l'avvocato Agostino Cambino, già difensore della Banca Privata di Sindona, e monsignor Renato Dardozzi, ascoltatissimo consigliere di Casaroli, comprendono che la loro tesi minimalista sulle responsabilità dello Ior, «strumento inconsapevole» di Calvi, non è condivisa dai membri italiani. Così nell'agosto del 1983 prospettano a Casaroli la sciagurata ipotesi che la Commissione possa naufragare, concludendo i lavori con relazioni separate tra governo italiano e Santa Sede. E gli consegnano un documento11 dai toni drammatici: «I membri di parte italiana sembrano propendere per l'ipotesi di uno Ior socio di Calvi nella realizzazione di un disegno occulto che si è concretizzato nella realizzazione di operazioni finanziarie che hanno portato al dissesto del Gruppo Ambrosiano». La posizione sarebbe in linea con quella dell'allora ministro Beniamino Andreatta, che quantificò in 1200 milioni di dollari il debito del Vaticano nel crac della banca di Calvi. I rischi finanziari e d'immagine che si profilano per la Santa Sede sono enormi. Il promemoria riduce le ipotesi d'azione: Ne deriverà un contenzioso estremamente oneroso e complesso. Oltre a tenere presumibilmente lo Ior alla ribalta della cronaca internazionale per lungo tempo, rischia di porre in crisi lo Ior medesimo, a causa dei possibili sequestri di cui potrebbero essere oggetto i suoi beni, compresi i depositi presso varie banche italiane e straniere. E evidente che un eventuale dissesto dello Ior ne causerebbe l'impossibilità di restituire ai depositanti (Diocesi, Istituti Religiosi ecc.) quanto essi hanno, nel tempo, affidato. In questo quadro i membri di parte vaticana valutano positivamente l'opportunità di assecondare iniziative volte a un componimento amichevole della questione, in termini che non configurino attribuzioni di colpa, siano finanziariamente accettabili e tali inoltre da condurre alla definitiva chiusura dell'intera vicenda. Insomma serve una pietra tombale. Di fronte a questo scenario Casaroli stringe i tempi. Convoca per il 29 agosto 1983 una riunione ristretta che determinerà le mosse del Vaticano con il governo italiano. Una riunione che rimarrà storica per le scelte adottate, per l'assunzione di responsabilità intrapresa seppur a porte chiuse, e per la messa in minoranza di Marcin-kus e dei suoi alleati. Casaroli invita, oltre agli estensori del documento, anche Marcinkus e monsignor Eduardo Martinez Somalo, all'epoca sostituto della segreteria di Stato, ordinato poi cardinale nel Concistoro del 28 giugno 1988 da Giovanni Paolo II. Nella stanza scelta dal segretario di Stato l'aria è pesante. Gambino prende la parola. Difende a tutto campo Marcinkus. Rileva solo «anomalie formali», inezie: La documentazione raccolta non ha evidenziato alcun elemento certo di colpa nei confronti del presidente e dei dirigenti dello Ior e segnatamente nessuna risultanza capace di far supporre che essi fossero consapevoli del disegno occulto del banchiere Calvi, concretatosi in operazioni finanziarie che hanno determinato il dissesto del Gruppo Ambrosiano. Da tale situazione potrebbero derivare azioni giudiziarie e provvedimenti di sequestro nei confronti dello Ior, essendo configurabile una responsabilità civile e patrimoniale anche in assenza di colpa.12