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Il trio Marcinkus, Sindona e Calvi E' lo stesso Sindona a presentare a Marcinkus l'ultimo protagonista di questo gruppo, il banchiere Roberto Calvi. Siamo nel 1971, anno in cui Paolo VI nomina Marcinkus presidente dello Ior. I tre arrivano a condizionare e manipolare gli andamenti della Borsa di Milano con le società del Vaticano che finiscono a Calvi via Sindona. E con Sindona che riesce ad aggiudicarsi l'ennesima banca: la Franklin, al ventesimo posto nella graduatoria del credito Usa. Nel frattempo, i debiti e le partecipazioni gonfiate finiscono nel comparto estero dell'Ambrosiano, la banca di Calvi. Ma il castello di sabbia è destinato a franare. Saltano le protezioni negli Usa, complice il Watergate, in Italia il governo è talmente debole che la Dc uscirà sconfìtta alle elezioni amministrative del 1975. Si vivono le difficoltà della crisi eco nomica del 1973, con il governo diviso sulle scelte riguardo alla guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur. Bisogna prendere decisioni difficili dopo che gli arabi hanno ridotto le forniture di petrolio agli europei. Le protezioni politiche sono messe in gioco anche dal referendum che, nel maggio del 1974, con il 59,1 per cento dei voti a favore, introduce il divorzio. Il crac Sindona emerge dalla fine dell'estate del 1974. Due miliardi di dollari le perdite della Franklin, 300 milioni quelle della Banca Privata, con l'avvocato Giorgio Ambrosoli liquidatore, 82 milioni di dollari per il solo cambio estero della Fin-bank. Sindona evita l'arresto rifugiandosi all'estero. Marcinkus cerca di smarcarsi, assicura nel 1975 che «il Vaticano non ha perso un centesimo». Ma sono menzogne che evaporano subito. La Chiesa perde dai 50 ai 250 milioni di dollari. Mennini finisce arrestato e gli ritirano il passaporto. L'inchiesta dilaga, il principe Spada si dice allibito, sembra che nessuno entro le mura conoscesse le attività criminali di Sindona. Il posto del banchiere siciliano viene preso da Calvi. Con una peculiarità in più per lo Ior: creare un polo bancario cattolico in grado di competere con i gruppi internazionali e influenzare le politiche dei paesi dove opera, a iniziare dall'Italia. Il crollo della Banca Privata rende però l'azione di Marcinkus e Calvi ancora più spregiudicata. Da un lato le minacce ad Ambrosoli e a Enrico Cuccia da parte di Sindona, che da New York cerca d'opporsi all'estradizione, dall'altro Calvi che cerca di separare il suo destino da quello dell'ex amico siciliano. Ma Sindona non ci sta e inizia l'ultimo ricatto che nel 1978 determina un'ispezione della Banca d'Italia all'Ambrosiano. I controlli fanno emergere debiti, crediti senza coperture e alti rischi di liquidità. Paolo VI, protettore del trio Sindona-Marcinkus-Calvi, muore il 6 agosto 1978. Viene eletto il patriarca di Venezia Albino Luciani, Giovanni Paolo I, uomo di altissimo rigore morale che in passato ha già avuto dissapori con Marcinkus e Calvi. A iniziare dall'ira provocata con l'acquisto della Banca Cattolica del Veneto da parte dell'Ambrosiano all'insaputa della diocesi della laguna. Passano poche settimane e, il 12 settembre 1978, il giornalista piduista Mino Pecorelli pubblica i cento-ventuno nomi di esponenti vaticani che sarebbero affiliati alla massoneria. Tra questi Marcinkus, il suo segretario monsignor Donato de Bonis, che intanto cresce nelle segrete stanze della banca vaticana. A salire, il segretario di Stato Jean Villot, il ministro degli Esteri Agostino Casaroli, il cardinale Ugo Poletti, vicario di Roma. Luciani intende far pulizia allo Ior e trasferire tutti: Marcinkus, de Bonis, Mennini, de Strobel. Lo confida a Villot la sera del 28 settembre 1978. La mattina dopo il corpo senza vita di Giovanni Paolo I viene rinvenuto nel suo letto. Papa Luciani muore all'improvviso. Yallop e altri storici sostengono che sia stato ucciso mediante avvelenamento. Il referto ufficiale indica invece un arresto cardiaco. Il 16 ottobre 1978 viene eletto papa il polacco Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II. Il santo padre recupera la politica di Paolo VI e assicura a Marcinkus la continuità sull'indirizzo finanziario. Tutti rimangono ai loro posti, ma per Sindona la situazione è irreversibile. Disperato, organizza l'omicidio di Ambro-soli, che viene ammazzato l' 11 luglio 1979 a Milano da un killer di Cosa Nostra. Nel 1980 si celebra negli Usa il processo per il crac della Franklin Bank, che si conclude rapidamente con la pena, per Sindona, a venticinque anni di carcere. Ormai la situazione è fuori controllo. Nel marzo 1981, i magistrati Gherardo Colombo e Giuliano Turone, seguendo la «lista dei 500» clienti di Sindona esportatori di valuta, scoprono l'elenco degli affiliati alla loggia Propaganda Due di Gelli. Si innesca lo scandalo della P2 che porterà alla crisi del governo. Due mesi dopo Calvi finisce in carcere per reati valutari; il 20 luglio 1981 viene condannato a quattro anni di reclusione. È il turno dell'Ambrosiano. Che rischia il crac. Siamo ad agosto quando Marcinkus e Calvi s'incontrano in Vaticano. L'arcivescovo gli fa firmare una manleva: tutte le responsabilità per le operazioni passate e future sono colpa sua. In cambio lo Ior offre delle let tere di patronage che consentono all'Ambrosiano di garantire i debiti esteri sino al 30 giugno 1982.9 Poi, alla scadenza, 300 milioni allo Ior chiuderanno la partita. E una boccata d'ossigeno che garantisce a Calvi il tempo indispensabile per sanare i conti, dopo le indebite sottrazioni di titoli del Banco e dopo che Calvi si è appropriato di un milione di dollari. Insomma, il banchiere avrebbe avuto il tempo di sistemare le carte, di mettere a posto anche il comparto estero, dopo le alchimie con le società panamensi a favore dello Ior e dell'Ambrosiano. Almeno questo era l'obiettivo dell'accordo tra Marcinkus e Calvi. Il piano però fallisce. Il 31 maggio 1982, la Banca d'Italia denuncia rischi debitori per un miliardo e 300 milioni di dollari. Calvi fugge a Londra, dove viene ritrovato impiccato sotto il Black-friars bridge, il ponte dei Frati Neri, il 18 giugno 1982. E stato ucciso. Il giorno prima i consiglieri dell'Ambrosiano avevano chiesto il commissariamento della banca. Presto si scopre che i crediti dell'Ambrosiano riguardano le società estere legate allo Ior. Tanto che i commissari scelti da Banca d'Italia chiedono a Marcinkus di saldare il debito. Ma il presidente risponde picche. Il 6 agosto 1982 il ministro del Tesoro Beniamino Andreatta dispone la liquidazione del Banco Ambrosiano.