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I mediatori attivi si compiono attraverso l’esperienza diretta, intesa come azione fisico- percettiva. Vengono spesso proposti all’interno della scuola, in particolare nella scuola dell’infanzia e primaria, dove la possibilità di utilizzare molti mediatori simbolici, è ridotta vista l’età e il le modalità di accesso alla conoscenza dei bambini. Questo non significa però che il mediatore attivo venga escluso nei livelli scolastici più elevati o che con l’adulto non si debba usare. Basti pensare all’esperienza diretta che un soggetto effettua quando inizia dei percorsi di apprendistato, dove l’agire, il fare esperienza di situazioni, costituisce l’avvio inevitabile per la formazione. La progettazione dell’utilizzo del mediatore attivo richiede al docente di curare la distanza- vicinanza con la realtà. Si tratta di far percepire al soggetto che sta effettuando una reale esperienza di una situazione, ma al contempo, di aver perimetrato quella situazione affinché garantisca la non pericolosità per l’individuo, gli fornisca un margine di azione per lui reale, per l’insegnante “controllato”. Fare esperienza di sperimentazioni in laboratorio permetterà certamente allo studente di partecipare, causare, osservare processi di cambiamento, ma questi non dovranno mai costituire né un’occasione per incorrere in problematiche per la salute. Per loro natura, i mediatori attivi richiedono uno spazio-tempo spesso esterno alla scuola, e in ogni caso non possono essere condensati in orari ristretti. generative per costruire altra conoscenza. Il potenziale formativo di un mediatore attivo è molto alto perché coinvolge la persona nella sua interezza, gli consente di immergersi in una realtà d’azione prima non conosciuta e quindi di elaborare nuovi schemi interpretativi. Data la generatività e l’emblematicità che dovrebbero comportare all’interno di un percorso didattico, visto anche l’impegno temporale e progettuale che richiedono, vanno accuratamente posizionati nel calendario scolastico: se posti in fase di avvio costituiscono un’ottima occasione per iniziare a strutturare il dominio di conoscenza, se posizionati al termine del percorso possono diventare occasione per manifestare le competenze in situazioni (si pensi alla predisposizione di un orto scolastico), se collocate nel medio termine fungono da momenti di “controllo”: potrebbero infatti consentire di capire se il sapere mediato in aula viene utilizzato per riconoscere elementi storici (ad esempio durante un’uscita sul territorio), o per orientarsi nello spazio (es. attività di orienteering). 3 Quale potenzialità per l’apprendimento Tutte le persone fanno continuamente esperienze ma non per questo riescono ad accrescere il loro potenziale di conoscenza. Questo è dovuto a due aspetti particolari di cui occorre tener conto. L’apprendimento nascosto. Il primo potrebbe essere definito come apprendimento nascosto, o conoscenza tacita (Polanyi, 1967)2. Polanyi sosteneva che «noi possiamo conoscere più di quello che riusciamo ad esprimere». La sua argomentazione parte da una serie di osservazioni che lo portano ad affermare che la visione complessa costruita da ogni individuo su un particolare evento o soggetto, è l’esito di un processo di conoscenza nel quale si sviluppano e si compongono innumerevoli elementi in modo non consapevole all’individuo stesso. Vi può essere è un ricordo globale della situazione vissuta, oppure si memorizzano aspetti singoli particolarmente significativi, anche dal punto di vista emotivo. Raramente ci si sofferma sulle relazioni che determinano la situazione. Questo non significa che non vi sia una conoscenza tacita, costituita da molti elementi che non vengono portati a livello di coscienza e verbalizzati: si sa più di quanto si riesce ad esprimere. Ed è proprio per questa necessità di portare alla luce il non esplicito che subentra il secondo aspetto: la riflessione sull’esperienza. Attraverso la rivisitazione di quanto accaduto diventa possibile realizzare due operazioni: recuperare e connettere quanto percepito, comprendere le relazioni che sono state stabilite tra gli eventi, relazioni che spesso consentono di effettuare quell’anticipazione che caratterizza la conoscenza. - l’immedesimazione che permette di «entrare» nella situazione e di viverla nella sua interezza e complessità (è lo spazio del significato globale); - l’analisi dei particolari per comprendere il loro rapporto con il globale (è lo spazio della consapevolezza profonda del significato inizialmente assegnato). Un esempio può essere costituito dallo studio di un testo. Nella fase iniziale si effettua una lettura globale ed emergono elementi di gradimento e giudizi complessivi. Poi si procede ad una meticolosa analisi del testo che può determinare la perdita di una visione globale del testo ma che, una volta effettuata, fornisce maggiori elementi per una più profonda comprensione. La ricostruzione dettagliata dei particolari, che in se stessa provocherebbe la distruzione del significato, vale da guida alla loro integrazione successiva e stabilisce così un più sicuro ed accurato significato di quei particolari. Ritornando all’esempio precedente, l’analisi del testo deve essere effettuata sugli elementi che hanno una relazione con la piacevolezza che ha creato, con il senso estetico; vanno identificate le parole che evocano immagini e sensazioni, vanno evidenziate metafore, rime e ritmi. Pensare che «stante la loro maggiore tangibilità, la conoscenza dei particolari offrirebbe un’idea autentica delle cose, è fondamentalmente sbaglia-to» (Polanyi, 1967, 35). Sempre sul rapporto tra particolare e generale, Polanyi afferma che « la devoluzione del compito, quel processo che fa sì che l’attività da etero-imposta divenga un progetto per sé, una sfida da affrontare. Inoltre l’attivarsi, soprattutto in ambienti esterni per cimentarsi con attività non consuete, pone al soggetto l’opportunità di sviluppare altre percezioni, sensazioni, di arricchire al contempo la conoscenza dell’ambiente e di sé nell’ambiente. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 13 Università Telematica Pegaso I mediatori attivi 4 Alcune riflessioni Si potrebbe dire a questo punto, utilizzando le parole di Damiano (2013), che “L’esperienza diretta è un mediatore che si pone tra il soggetto e ambiente per attivare il processo di astrazione e coscientizzazione che può favorire l’apprendimento; per essere efficace come mediatore l’esperienza diretta ha bisogno di far ricorso ad altri mediatori che sono più adatti ad attivare l’astrazione” (Damiano, 2013, 176). Ed è quest0ultimo aspetto che pone il mediatore attivo quale “esperienza clou” ma nello stesso tempo non autosufficiente, come per ogni mediatore. In particolare il mediatore attivo dovrà essere integrato con mediatori di tipo iconico e simbolico per facilitare il passaggio dall’indistinto al particolare esplicitato, dalla globalità alla relazione che lega gli elementi. Altre attenzioni vanno però poste, nel momento della progettazione di un mediatore attivo: - le attese dei diversi attori in situazione. Le attese possono esser davvero diverse: ad esempio, un bambino si può aspettare di poter “finalmente essere libero” di giocare, di sperimentare, di fare quello che vorrebbe, mentre l’insegnante si aspetta che vi sia un’osservazione mirata degli elementi che verranno incontrati durante l’uscita. Dovrà quindi progettare degli strumenti per supportare l’attenzione, dovrà essere molto chiaro sugli obiettivi dell’uscita così da costruire una co-visione sull’esperienza da vivere. Allo stesso modo un tutor che segue un tirocinante o uno stagista deve avere contezza delle aspettative dell’altro: potrebbe voler apprendere immediatamente a “fare qualcosa” quando invece il pensiero progettuale del tutor è volto a “fornire informazioni”. Ecco che diviene fondamentale l’allineamento delle aspettative e la co-regolazione; - il mediatore attivo non è l’unica occasione di apprendere. Un errore che può essere commesso è quello di ipotizzare che solo in quell’occasione l’altro (bambino, studente,