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Sono rimaste invariate le norme che regolano la convocazione dei creditori, gli accertamenti del commissario giudiziale e la relazione che il commissario medesimo è chiamato a depositare prima dell’adunanza dei creditori. Lo svolgimento dell’adunanza è disciplinato dalle vecchie norme e occorre richiamare l’attenzione su due aspetti. Secondo quanto statuisce l’art. 175. 1° comma, nell’adunanza il commissario giudiziale illustra la sua relazione e “le proposte definitive del debitore” se ne era desunto che la proposta ed il piano sulla base del quale è formulata, potessero essere modificati sino all’apertura dell’adunanza. Con il decreto correttivo si è statuito espressamente che “la proposta di concordato non può più essere modificata dopo l’apertura delle operazioni di voto”. È rimasta immutata la disciplina dell’ammissione al voto dei crediti contestati. La legittimazione al voto è riconosciuta ai creditori chirografari e, ove ne sia previsto il soddisfacimento non integrale, anche ai creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, equiparati ai chirografari per la parte residua del credito. Il voto va espresso – personalmente o per delega – nell’adunanza dei creditori. La rilevanza del silenzio è stata oggetto di due modifiche legislative, che si sono succedute nel breve lasso di tre anni: si è così passati dal silenzio-diniego (già previsto prima dalle riforme del 2005-2007) al silenzio-assenso (introdotto nel 2012), salvo tornare al silenziodiniego con la Miniriforma del 2015. La disciplina delle maggioranze necessarie per l’approvazione del concordato e quella dell’omologazione sono state uniformate a quelle previste per il concordato fallimentare. Se le maggioranze non sono raggiunte il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale, che provvede alla dichiarazione di inammissibilità della domanda (art. 179). Se le maggioranze sono raggiunte, si apre il procedimento di omologazione, con fissazione della relativa udienza, il cui provvedimento di fissazione deve essere notificato a cura del debitore al commissario giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti (art. 180). Se il concordato non viene omologato va contestualmente dichiarato il fallimento con separata sentenza: ma, solo “su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero” e previo accertamento dei “presupposti di cui agli articoli 1 e 5” (art. 180 comma 7). Se il concordato viene omologato, secondo quanto statuisce l’art. 181, “la procedura di concordato preventivo si chiude”: Alla norma non sembra potersi attribuire altro significato che quello della immediata esecutorietà del provvedimento di omologo, in conformità alla previdente disciplina.