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Terenzio Andria ATTO I SIMONE - SOSIA1 SIMONE. (entrando con Sosia e alcuni servi) Portate dentro codeste cose, voi, andate!2 (escono i servi) Sosia, tu aspetta un attimo; voglio parlarti un momentino. SOSIA. Fa' come se mi avessi già parlato; tanto vuoi dirmi di aver cura di questa roba, vero? SIMONE. No, è un'altra cosa. SOSIA. Che cosa c'è, oltre a questo, che la mia ingegnosità possa fare per te? SIMONE. Non c'è affatto bisogno di codesta ingegnosità per ciò che voglio fare io, ma di quelle doti che ho sempre saputo che tu possiedi, la fedeltà e la segretezza. SOSIA. Sono qui pronto ai tuoi desideri. SIMONE. Da quando ti ho acquistato – ed eri un bambino allora – in casa mia sei sempre stato trattato, anche se servo, in modo giusto e indulgente, e tu lo sai. Da servo che eri, ho fatto sì che diventassi mio liberto,3 proprio perché mi servivi con la dignità di un uomo libero; ti ho dato il premio più grande che potevo. SOSIA. Me lo ricordo bene. SIMONE. E io non mi pento di averlo fatto. SOSIA. Sono felice, Simone, se ho fatto o faccio qualcosa che ti va a genio, e ti porto riconoscenza per avere gradito i miei servigi. Però quello che hai detto mi dispiace; perché questo volerlo rammentare è quasi un rimprovero fatto a uno che abbia dimenticato il beneficio. E allora dimmi, in poche parole, che cos'è che vuoi da me. 1 Siamo informati da Donato del fatto che, all'inizio dell'Andria menandrea, il vecchio Simone era solo e si esprimeva quindi in un monologo; la scena dialogata che abbiamo in Terenzio è invece derivata dalla Perinthia, ove però il colloquio era tra il vecchio e sua moglie. La sostituzione di quest'ultima con il liberto Sosia è necessaria perché funzione precipua di questa prima scena è quella di informare il pubblico sull'antefatto della commedia mediante una serie di notizie che nell'originale greco erano contenute nel prologo (v. Introduzione, § 4); tali elementi di base peraltro, come ad es. l'educazione di Panfilo, erano ovviamente già noti alla moglie di Simone, mentre risultano nuovi per Sosia. La figura del liberto è con ogni probabilità d'invenzione terenziana e rientra nella categoria dei personaggi chiamati da Donato “protatici”, quelli cioè la cui presenza è limitata alle prime scene della commedia e finalizzata soltanto a fornire ad altri lo spunto per raccontare gli avvenimenti dell'antefatto. 2 Simone si rivolge ai servi che tornano dal mercato recando gli acquisti fatti in vista della celebrazione delle nozze di Panfilo. 3 L'affrancamento degli schiavi era piuttosto frequente a Roma, più ancora che in Grecia. Il liberto continuava però spesso a vivere presso il suo ex padrone, al quale prestava i suoi servigi. SIMONE. Sì, lo farò. Ma prima voglio premetterti una cosa: questo matrimonio, che tu credi vero, in realtà non lo è.4 SOSIA. E allora, perché imbastisci questa finzione? SIMONE. Ti racconterò tutto, fin dall'inizio; in questo modo saprai con certezza qual è la vita di mio figlio, il mio proposito e qual è il ruolo che assegno a te in questa faccenda. Dunque, da quando è uscito dall'adolescenza,5 Sosia, ha avuto la possibilità di vivere con più libertà; prima, infatti, come si sarebbe potuto conoscere o anche intravedere il suo carattere, mentre l'età giovane, la reverenza ed il maestro lo trattenevano? SOSIA. È così. SIMONE. Di ciò che fanno quasi tutti gli altri giovanotti, dedicarsi a qualche attività come allevare cavalli o cani da caccia, oppure andare a sentire i filosofi,6 tra tutte queste cose egli non si applicava in particolar modo a nessuna, ma le praticava tutte senza troppo impegno. Io ne ero contento. SOSIA. E facevi bene; infatti io penso che questo soprattutto sia utile nella vita, non fare mai nulla di eccessivo.7 SIMONE. Così era la sua vita: tollerare tutti di buon grado e mostrarsi disponibile; dedicarsi senza riserve a tutti coloro con cui stava assieme, assecondare i loro interessi, non mettersi contro nessuno, non tentare di prevaricare gli altri; è così che è più facile evitare l'invidia, ricevere lodi e farsi degli amici. SOSIA. È una norma di vita intelligente; perché oggigiorno la compiacenza ti procura gli amici, la schiettezza ti rende odioso. SIMONE. Nel frattempo una donna, tre anni fa, dall'isola di Andros è venuta ad abitare qua vicino, costretta dalla povertà e dall'incuria dei suoi parenti; era una donna molto bella e anche di giovane età. SOSIA. Ahi! Temo che la donna di Andros ci porti qualche malanno! SIMONE. In un primo tempo costei menava una vita onesta, fatta di sacrifici e di stenti; si guadagnava da vivere filando la lana e tessendo.8 Ma poi, quando si fece avanti uno spasimante a prometterle dei regali, prima uno e poi un altro, siccome l'indole di tutti gli uomini è portata a passare facilmente dagli stenti alle comodità, finì per accettare e poi cominciò a fare la vita. Ora, un giorno, i suoi spasimanti di allora - sai come succede? - portarono lì anche mio figlio, perché stesse insieme a loro. E io subito, tra me e me: “Di certo è in trappola, visto e preso!” E la mattina seguente tenevo d'occhio i loro 4 Comincia a questo punto la parte informativa sull'antefatto della commedia, con una serie di notizie che gli originali greci usavano concentrare nel prologo; v. Introduzione, § 4. 5 I giovani ateniesi raggiungevano la maggiore età e i pieni diritti civili dopo l'efebia, il periodo di addestramento ginnico e militare che andava dai 18 ai 20 anni; a Roma invece la toga virilis, con cui si diveniva cittadini a tutti gli effetti, era indossata a 17 anni. 6 Si fa qui riferimento a usanze tipicamente greche: allevare cani da caccia e cavalli era un'occupazione molto diffusa tra i giovani ateniesi di famiglia benestante (cfr. Aristofane, Nuvole 15; Menandro, Samia 14-15); anche la frequentazione dei filosofi era comune ad Atene, mentre appare piuttosto rara a Roma (il caso dell'ambasceria di Carneade e Critolao nel 155 a.C., che ebbe molto successo presso i giovani romani, è da ritenere un caso eccezionale). 7 La moderazione (mesótes) era uno dei cardini della morale greca comune. 8 Erano questi i tipici lavori femminili in Grecia e a Roma, che caratterizzavano lo status della donna onesta. Con questo richiamo si vuole perciò rimarcare la fondamentale rettitudine morale di Criside, che solo successivamente – e unicamente a causa delle ristrettezze economiche – si era traviata. schiavetti che andavano e venivano;9 e domandavo: “Ehi, ragazzo, per piacere, dimmi un po': chi c'è stato ieri con Criside?”. Questo infatti era il nome della ragazza di Andros. SOSIA. Ho capito. SIMONE. E loro mi dicevano: “Fedro”, o “Clinia”, o “Nicerato”, perché allora questi tre la frequentavano tutti assieme. “Ehi, e Panfilo che ha fatto?” “Che vuoi che abbia fatto? Ha pagato la sua quota e ha cenato.”10 E io ero contento. Poi ripetevo le stesse indagini un altro giorno, e sempre venivo a sapere che Panfilo non c'entrava affatto. Credevo ormai ch'egli fosse di provata onestà e che fosse anzi un grande esempio di rettitudine; perché uno che ha da combattere con gente di simil fatta e, ciò nondimeno, non si lascia trascinare in un affare del genere, si può stare certi che è in grado di darsi da solo una condotta di vita. E se questo mi rendeva contento, c'era anche il fatto che tutti, in coro, mi facevano grandi complimenti e mi rammentavano la mia fortuna, perché avevo un figlio tanto assennato. Che debbo dire ancora? Indotto da questa buona fama è venuto da me Cremete, di sua spontanea volontà, a offrirmi la sua unica figlia in moglie per il mio figliolo, e con una grossa dote. Sono stato d'accordo e ho dato la promessa. Oggi è il giorno stabilito per le nozze.11 SOSIA. Che cos'è che impedisce di farle sul serio? SIMONE. Ora sentirai. Più o meno in quei giorni in cui si fecero queste trattative, questa nostra vicina Criside muore. SOSIA. È una bella fortuna! Mi hai tranquillizzato. Questa Criside mi faceva paura. SIMONE. In quel periodo mio figlio frequentava molto quelli che erano stati gli amanti di Criside. Si occupava insieme a loro del funerale, era sempre triste e ogni tanto piangeva. Questo fatto, lì per lì, mi fece piacere; e pensavo così: “Costui, per averla frequentata un po', si affligge per la sua morte come se fosse una di famiglia; che farebbe se ne fosse innamorato? E per me, che sono suo padre, che farà?”. Io pensavo che queste fossero tutte manifestazioni di sensibilità di carattere e di bontà d'animo. Insomma, perché farla lunga? Anch'io, per amor suo, vado al funerale, senza pensare ancora a nulla di male.