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Gatti, rane e criptoartisti (parte 3). Io stessa, incuriosita dalla rottura della bolla che queste piattaforme stanno provocando, mi sono ritrovata qualche sera fa a guardare di chi erano effettivamente le opere battute all’asta. Al di là del caso eclatante di Nyan Cat, molte delle opere digitali vendute in questi giorni – a prezzi che vanno dagli 11 ai 2000 dollari, fino ai 10.000 dollari – provengono da artisti o creators di tutti i tipi, dal designer o visual artist emergente alla 3D artist già un po’ affermata, per aver lavorato a video musicali, o aver partecipato a show di digital art, o essere stata pubblicata su riviste come Juxtapoz, o nei casi più straordinari per una feature su Adult Swim. Dalle informazioni fornite sul profilo talvolta è impossibile capire se l’artista ha già esposto da qualche parte o se sta fingendo di essere qualcosa che non è, e in quel caso mi domando se dietro la maschera fornita dall’approvazione, l’hype e il consenso della comunità appena nata del Digital Art Marketplace in questione non si celi l’ennesimo corpo estraneo, turista, troll, cercatore d’oro. Poi immagino i curatori o chi in questo momento si sta occupando della selezione dei nuovi creators in lista d’attesa. Non deve essere un lavoro facile. La cartina tornasole è però spesso fornita dal link al profilo Instagram o Twitter degli artisti, dove ci si può orientare leggendo la bio o facendo riferimento a bolle più familiari. Esplorando con attenzione mi è persino capitato di trovare creators provenienti dalla mia bolla che erano riuscite a vendere qualcosa e di pensare «buon per te, sorella». Che il mondo dell’arte digitale sia composto in gran parte di creativi condannati a fare due lavori, quello artistico o creativo non pagato e che però richiede un lavoro di autopromozione costante e quello del corporate, dei brand, dei lavori sottopagati come liberi professionisti, o nella migliore delle ipotesi, come dicevo, dei video musicali e delle visuals ai concerti, non è certo un segreto, e in questo scenario come ci insegna Dr. Pira, «essere pagati per fare cose a caso» è un obiettivo del tutto auspicabile. Continuando la mia perlustrazione nei Digital Art Marketplace noto che alcune delle opere esposte sono diretti riferimenti a Elon Musk, e non a caso. Insieme a Chamath Palihapitiya, chief executive di Social Capital e in precedenza dirigente di Facebook, Elon Musk ha largamente pubblicizzato i suoi investimenti in NFT, ricevendo gesti di estrema gratitudine da parte dell’attuale comunità cripto, dovuta ovviamente anche al recente acquisto da parte di Tesla del corrispettivo in Bitcoin a 1,5 miliardi di dollari, e ai suoi seguitissimi Tweet. Questo ci porta a un’altra questione da esplorare, ovvero: chi sono i maggiori collezionisti? Parlandone con Valentina Tanni, e come ci faceva notare Salvatore Iaconesi in un dialogo tenuto in chat, si tratta probabilmente di persone che hanno improvvisamente accumulato grandi somme di denaro in criptovalute e che oggi si trovano a sperimentare nuove possibili forme di mercato. Scrollando tra le opere attualmente in vendita è impossibile non notare dichiarate allusioni al criptoanarchismo anarcocapitalista, secondo il quale attraverso le cripto non solo il mondo dell’arte, ma anche quello della finanza potrebbe finalmente liberarsi dal giogo dei gatekeeper, dei galleristi, dei notai, a favore di un potere distribuito e decentralizzato, e per questo acquistare un francobollo digitale che ritrae l’iconico volto di Vitalik Buterin – co-fondatore di Ethereum – accanto a un alieno o in missione nello spazio circondato da unicorni e gattini è un gesto che per un crypto rich assume, come mi suggerisce Valentina Tanni, un alto grado di performatività simbolica. Del resto, le enormi quantità di denaro che in questo momento si trovano non nelle banche o investite in titoli azionari ma nelle cripto, e che da pochi mesi hanno superato il trilione, facendo l’insieme delle cripto la quinta valuta più usata al mondo, devono andare a finire da qualche parte, ovvero devono essere investite, e quindi ecco il mercato dell’arte digitale finalmente prendere il volo. Alle questioni artistiche e politiche si aggiungono problemi di tipo ambientale. Come racconta Joanie Lemercier, le conseguenze disastrose che la blockchain ha sull’ambiente per l’ingente di quantitativo di energia elettrica e acqua che i server necessitano per minare nuovi blocchi di transazioni verificate, hanno portato alcuni artisti a ritirare le loro opere dai Digital Art Marketplace, dopo la sconvolgente e a quanto pare inaspettata scoperta da parte della stessa Joanie che l’asta di sei delle sue opere digitali aveva richiesto un dispendio energetico al pari di quello che in due anni era occorso per alimentare la luce elettrica e i computer del suo stesso Art Gallery Studio. All’alba di quella che potrebbe essere una nuova era nel mondo del collezionismo d’arte, Joanie come molti altri artisti e curatori chiede onestà e trasparenza nei processi alla base dei nuovi Digital Art Marketplace. Si dice che lo scaling immediato di Ethereum risolverà il problema energetico degli NFT hostati su Ethereum. Si dice che la cripto arte potrebbe finalmente portare l’arte digitale da uno stadio subculturale a uno culturale. Io, insieme alla mia piccola bolla, rimango convinta che non siano possibili Digital Art Marketplace etici sotto il capitalismo. Nota: In questo articolo un po’ per gioco un po’ per amore dell’attribuzione ho voluto chiamare con nome e cognome, come di solito non si fa, tutte le persone con cui mi sono ritrovata a scambiare idee sulla questione. Oltre a loro ringrazio Franziska Von Guten, Noel Nicolaus, Aria Mag e Tomato Cappelletti, che dal 2016 mi accompagnano nel lavoro del Collettivo Clusterduck, ringrazio anche per i consigli sul tema cripto e Crypto Marketplace Giacomo Vannucchi, Gregorio Magini, Umberto Bosco e la persona che nel 2013 mi fece conoscere quei Bitcoin che non ho mai acquistato (*sigh*): Giulio Ammendola. Silvia dal Dosso Silvia dal dosso è ricercatrice in Machine Learning e subculture di Internet. È co-fondatrice del collettivo Clusterduck.