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Perché nel mondo dell'arte, e non solo, sono tutti pazzi per gli nft /2. Ed è sempre Dapper Labs a essere dietro uno dei progetti di nft di maggior successo: Nba Top Shot, piattaforma ufficiale della Nba su cui vengono vendute le clip delle azioni più spettacolari dei giocatori di basket statunitense. Il giro d’affari complessivo ha raggiunto quota 400 milioni di dollari e sta ovviamente destando l’interesse di molte altre leghe professionistiche. Un altro esempio è quello dei CryptoPunks, personaggi altamente pixelati che potete collezionare in quantità. Anche in questo caso, le quotazioni hanno raggiunto prezzi irrazionali (il record è di 700mila dollari). L’arte, quindi, fa la parte del leone, ma in questo mondo digitale hanno cittadinanza tutti gli esemplari rari di oggetti digitali (i cosiddetti collectibles). Gli nft rendono possibile che il concetto stesso di rarità esista nel mondo digitale. Ma grazie a questo nuovo strumento possono diventare collezionabili anche oggetti che fino a poco fa non avrebbero mai potuto esserlo. Per esempio, non vorreste possedere una canzone? Non un vinile raro, proprio la canzone: il bene immateriale. Come spiega TechCrunch, Mike Shinoda dei Linkin Park ha venduto l’nft del nuovo singolo Happy Endings. Ovviamente possedere quella canzone non dà nessun diritto in termini di copyright o sfruttamento commerciale. Di base, è come possedere un mp3 autografato digitalmente. C’è un altro elemento importante, soprattutto per chi vende le proprie opere d’arte: grazie agli smart contracts, alcuni nft danno la possibilità di ricevere automaticamente una quota fissa ogni volta che l’opera viene rivenduta. Se siete un digital artist e oggi accettate di vendere un vostro jpeg a mille euro perché avete bisogno di pagare l’affitto, potreste trovarvi nella fastidiosa condizione di assistere, in futuro, alla vendita della vostra opera a un milione di euro senza però ricevere una lira in più da questa nuova transazione. Grazie agli smart contracts potete invece incidere nel codice che vi spetta di diritto il 5% di ogni successiva transazione, rendendo così la vendita delle vostre opere qualcosa da cui potete continuare a guadagnare nel tempo. Non male. Come sempre, non è tutto oro quello che luccica. Da una parte c’è il rischio che qualcuno si appropri online di un’opera non sua e provi a venderla, confidando che nessuno se ne accorga (la blockchain garantisce l’autenticità delle transazioni e conserva i dati, ma non può verificare le genuinità dei dati che vengono immessi in primo luogo). C’è poi il rischio che qualcuno venda l’nft di un’opera unica per poi decidere di creare un altro nft della stessa opera (come quelli che vendono i vinili in edizione limitata e poi ne stampano nuove copie). E c’è poi il grave problema dell’impatto ambientale: gli nft usano infatti lo stesso meccanismo del mining che rende la creazione di bitcoin così dispendiosa dal punto di vista energetico (la blockchain di Ethereum sta compiendo la transizione a un sistema molto più sostenibile, ma ci vorrà ancora parecchio tempo). Tra bolle speculative, limiti nell’attribuzione della paternità dell’opera, rischi di truffe, scarsa intuitività del fenomeno e impatto ambientale, i contro degli nft sono parecchi e vanno attentamente indagati. Ma essere riusciti nell’impresa di portare il concetto di oggetti unici e rarità in un mondo, come quello digitale, caratterizzato dall’infinita riproducibilità rappresenta una vera e propria rivoluzione.