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Un sapere “da trasmettere” Nel modello di Develay si poteva notare un nuovo legame, quello che collegava il sapere scolastico con il sapere scientifico. La prima evidenza è questa: sono saperi differenti, ognuno di essi originato da una particolare comunità. La comunità scientifica opera continuamente per scoprire, teorizzare, modificare, rendere organico il sapere di una disciplina, la comunità professionale dei docenti è invece impegnata a “tradurre” questo sapere in una sequenza di situazioni didattiche che consentano all’allievo di impadronirsene. Questo processo complesso, che si sviluppa a diversi livelli, è la trasposizione didattica, così definita per la prima volta da Yves Chevallard (1991-1994)1, studioso ed esperto di didattica della matematica. Come si è precedentemente detto, la Didattica si dovrebbe occupare della “trasmissione del sapere”. L’azione del “trasmettere” presuppone che: 1. vi sia un “oggetto” da trasmettere, dotato di una propria struttura, consistenza ed è riconosciuto socialmente come utile o necessario per cui è opportuno trasmetterlo affinché ciascuno abbia la possibilità di accrescere il proprio potenziale di partecipazione alla vita sociale/culturale nella quale è immerso. Questo oggetto è il “sapere”, in particolare nella scuola si insegna “il sapere disciplinare” che ha una propria epistemologia, dei nuclei fondamentali che vanno appresi per riuscire a comprendere pienamente il valore del sapere stesso e a gestirne la trasferibilità di situazione in situazione; 2. il “sapere” sia strutturato in modo tale da poter essere trasmesso. Questo significa che si manifesta attraverso un linguaggio (simbolico, iconico); in Il primo tipo di sapere è quello che appare nel modello di Devealy sotto la definizione di “sapere scientifico”, quello che emerge dalla sistematizzazione progressiva che la comunità scientifica elabora nel tempo, in rapporto a nuove conoscenze, sperimentazioni, accurate analisi e valutazioni. Questo sapere è il risultato di una serie di processi che progressivamente hanno trasformato le singole scoperte in strutture, simbolizzazioni, concetti, operando una sorta di continua astrazione e sintesi, funzionale a raccogliere, organizzare e rendere comunicabile. Chevallard, riprendendo le osservazioni di Verret (1975)2, ritiene che nella scuola non si possa trattare tout court il sapere scientifico, ma che vi sia una trasposizione didattica, ovvero un processo che “di un oggetto del sapere da insegnare fa un oggetto di insegnamento” (Chevallard, 1985, 39)3. Il sapere scientifico viene denominato “sapere sapiente” che, attraverso un cammino di trasposizione da un contesto ad un altro, si trasforma in altro, il “sapere insegnato”. Per il Chevallard “ogni progetto sociale di insegnamento e di apprendimento si costituisce grazie alla designazione di contenuti di sapere come contenuti da insegnare. Tuttavia la trasposizione didattica non è solo un processo di designazione, ovvero di scelta, ma di trasformazione. In questo processo sono previsti i seguenti passaggi: innanzitutto un contenuto del sapere viene scelto come oggetto da insegnare, ovvero viene considerato degno di essere inserito in un il contenuto scelto come oggetto da insegnare subisce un insieme di trasformazioni adattive che lo fanno diventare oggetto di insegnamento. Nel processo di trasposizione didattica si verificano qui di due passaggi: oggetto del sapere -> oggetto da insegnare -> oggetto di insegnamento” (Rossi, Pezzimenti, 2012, 194)4. Verret aveva ampiamente criticato le modalità con le quali avveniva l’insegnamento nelle scuole e nei percorsi di istruzione superiore evidenziando la natura ormai spersonalizzata del sapere che veniva proposto, reso ormai così “burocratico e snaturato da qualsiasi collegamento con l’ambito nel quale si è sviluppato”, da renderlo di difficile comprensione. Ne è una esemplificazione l’insegnamento della matematica o della fisica in modo puramente tecnico-informativo, richiedendo agli studenti di ripetere formule e procedure senza alcun collegamento logico fra gli argomenti, le situazioni nelle quali possono essere utilizzate, isolandole dai contesti dai quali hanno preso origine (si pensi solo all’importanza di collegare l’osservazione dei fenomeni fisici alla loro traduzione in rappresentazioni e simboli). Chevallard riprende la critica di Verret e mette in evidenza come il sapere scientifico, una volta adattato all’ambito dell’insegnamento, Secondo Chevallard si danno due tipi di trasposizione: esterna e interna. La prima è predisposta dalle commissioni esterne: nel caso della scuola sono gli organismi ministeriali preposti alla definizione dei programmi, quei riferimenti che regolano tutti i passaggi successivi e orientano lo sviluppo culturale di una società. Come rileva Bruner, ogni generazione deve definire la natura, la direzione e gli scopi dell’educazione, per assicurare alla generazione futura il più alto grado di libertà e razionalità che sarà capace di raggiungere (Bruner, 1967)5. La selezione delle strutture di conoscenza da proporre nella scuola ha, quale finalità, lo sviluppo di persone che siano in grado di interpretare il proprio tempo e di contribuire al cambiamento verso un maggiore benessere sociale, utilizzando al meglio le conoscenze e alimentando le proprie competenze. Il percorso che conduce all’individuazione dei programmi è il risultato della sinergia fra il sapere maturato nelle varie discipline che influiscono sull’insegnamento (psicologia dell’apprendimento, sociologia, antropologia, pedagogia, didattica, neurologia, ecc.) e una visione politica intesa come modo in cui un governo affronta temi e problemi politici specifici, in questo caso l’educazione. È sufficiente esaminare tutte le stesure dei diversi programmi per la scuola dal dopoguerra ad oggi per comprendere come le visioni politiche e ideologiche condizionino pesantemente le scelte educative e in materia di istruzione. Il tipo di sapere che viene insegnato varia nel tempo, l’idea di sapere scientifico cambia anche in funzione delle pratiche sociali e professionali che lo contornano e lo contestualizzano in una data congiuntura storica (Damiano, 2013). Come si rende visibile nella rappresentazione grafica tratta dal testo di Damiano (2013), è opera di Martinard (1989) la riflessione su questo particolare aspetto. A lui si deve la nozione di pratiche sociali di riferimento con la quale vuole mettere in luce la relazione che si crea fra una comunità professionale, domestica o sociale e il tipo di saperi necessari per partecipare alla loro vita ed evoluzione. Tali “pratiche” divengono riferimenti obbligati per l’insegnamento, insieme al sapere scientifico (sapere sapiente). La trasposizione esterna si trova necessariamente a problematizzare il rapporto tra scuola e società per definire l’orizzonte verso il quale proiettare i soggetti in formazione6. Questa relazione tra sapere scientifico e pratiche sociali di riferimento è 6 L’attualità del concetto elaborato da Martinard è estremamente riscontrabile oggi nel rapporto che si viene a creare all’interno dei percorsi per la formazione iniziale, sia a livello scolastico che universitario, nell’ambito dei percorsi professionalizzanti, come accade nel corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria o Scienze dell’educazione e della formazione. La definizione delle competenze caratterizzanti la figura professionale, i saperi necessari per agire Università Telematica Pegaso La trasposizione didattica bidirezionale nel senso che si influenzano reciprocamente: i problemi che emergono dalle pratiche fanno sorgere la necessità di costruire una nuova conoscenza, così come una nuova teorizzazione influenza le pratiche. La trasposizione esterna si rende visibile attraverso i programmi, come precedentemente detto, e nella strumentazione che viene appositamente elaborata per la scuola, i manuali che divengono oggetto di studio e regolatori, in molti casi, dell’azione didattica. 7 Assiologia è termine derivant I saperi appresi possono presentarsi in molte forme, spesso caratterizzate da misconcezioni o concezioni ingenue (vedi dispensa I modelli di Per lungo tempo nelle scienze umane e dal greco axios (άξιος, valido, degno, dotato di valore) e loghìa (λογία da λόγος -logos- studio). È la teoria che studia i valori rilevanti per una società. si è stratificata una visione di separatezza fra la Pedagogia, quale ambito di riflessione, problematizzazione dell’educazione, e la Didattica, traduzione pratica di questa riflessione. Nell’insegnamento vi è una terza scienza fondamentale che comprende le epistemologie disciplinari, e che, come si può osservare dai diversi modelli sulla trasposizione didattica, costituisce un riferimento ineliminabile. Una tripolarità quella costituita da Pegagogia-Didattica-Epistemologia disciplinare all’interno della quale la scuola prova ad elaborare modelli e strategie di insegnamento che però, a loro volta, abbisognano di altri saperi, quelli prodotti dalle Scienze dell’educazione. Negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, in ambito francofono, si è avuta una vera e propria rivoluzione rispetto al dualismo Pedagogia e Didattica: Debesse e Maialaret (1967-1978)8 sostituirono di fatto la Pedagogia con una costellazione di scienze ormai fondamentali per pensare l’educazione e fondare scientificamente l’insegnamento. L’insegnamento è, di fatto, una sinergia mobile, flessibile, fra tante e diverse conoscenze provenienti dalle scienze dell’educazione opportunamente interpretate e mediate per rendere possibile ciò che Bruner auspicava, poter insegnare tutto a tutti.