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Fare peggio del decennio passato è impresa ardua per la Scuderia Ferrari, la quale ha concluso gli anni ’10 del nuovo millennio senza riportare un solo titolo a Maranello tra mondiale piloti e costruttori, mai così male nella sua gloriosa storia, nella quale vanta il maggior numero di titoli mondiali e di anni di partecipazione alla massima serie automobilistica. Quindi le aspettative di tutta la dirigenza e dei tifosi si sono inevitabilmente riversate sul nuovo decennio, che peggio non poteva iniziare per la casa fondata da Enzo Ferrari, la quale non raccoglieva dal 1980 risultati paragonabili a quelli conseguiti dal Cavallino Rampante nell’anno del suo 1000° Gran Premio in Formula 1: sesto posto nel mondiale costruttori, zero vittorie e tre podi. Come già detto nel caso di Mercedes, il cambio regolamentare sarebbe stato il vero spartiacque da superare, sia per i campioni in carica sia per chi come Ferrari vuole invertire la rotta urgentemente, per riportare il titolo lì dove manca da ormai 13 anni. Questa ambizione non è stata nascosta dalla dirigenza, la quale nella figura di John Elkann ha espresso come priorità il progetto di sviluppo della nuova monoposto nata dal cambio regolamentare a partire dal 2022, tagliando fuori qualsiasi anelito verso anche una semplice lotta per le posizioni che contano in questi ultimi anni di regolamenti che ci portiamo dal 2017. Dello stesso parere il team principal Mattia Binotto, il quale non nutre particolari aspettative per la nuova stagione, consapevole non solo che il lavoro sulle nuove monoposto partirà per tutte le squadre solo da quest’anno, ma anche che Ferrari potrà essere competitiva solo per piazzamenti sul podio, dove l’unico obiettivo è togliersi da quel sesto posto che rappresenta una vera e propria onta per la casa di Maranello. Non solo le dichiarazioni, ma anche le altre scelte tecniche vanno nella direzione di un ridimensionamento delle aspettative e soprattutto delle spese: già dall’anno scorso Ferrari sta perdendo quei tecnici che avevano fatto la fortuna del cavallino 4 anni fa, come Simone Resta che è migrato verso la Haas, non più semplice scuderia motorizzata Ferrari ma parte integrante di un progetto che vede come obiettivo la creazione di una filiera di team la cui stretta collaborazione dovrebbe portare profitti, anche tecnici, alle parti in causa. Inoltre, l’addio del 4 volte irridato Sebastian Vettel, unito all’arrivo di Carlos Sainz Jr., propone una line-up che non si vedeva a Maranello dal 2007, dopo l’addio di Schumacher, quando alla guida della Rossa non c’era un campione del mondo. Oggi Leclerc può vantare due gran premi vinti, Sainz solo un secondo posto come miglior piazzamento ed è chiaro che questi siano solo la base, i presupposti per tornare a vincere, in un mix tra due piloti decisamente antitetici: uno noto per la sua concretezza e forte curva di crescita nel contesto di una proficua collaborazione con il team, l’altro funambolico, spettacolare ma sempre meno consistente come visto nell’annata passata, dove le 2 gare durate appena qualche centinaio di metri hanno sicuramente rappresentato i soli e veri due errori che un pilota della Ferrari non può permettersi nell’arco di una stagione già complicata. Nonostante le aspettative non siano le più rosee, a Maranello tutti gli ingegneri si sono dati da fare per apportare soluzioni nuove che cancellino il prima possibile il fallimento dell’anno passato: il primo elemento è quello riguardante il motore, il primo messo sotto accusa nella passata stagione a causa della ‘fuga’ in massa di cavalli dal modenese. Il responsabile Enrico Gualtieri ha parlato di continui aggiornamenti all’ICE e al turbocompressore, nella direzione di un’innovata efficienza che colmi invece le lacune di una parte ibrida sulla quale ancora tanto lavoro bisogna fare. Contestualmente al recupero di velocità sul dritto, è innegabile che l’enorme DRAG patito dalla SF1000 abbia inficiato su consumi e velocità, palesandosi nei momenti in cui la vettura superava i 200 km/h e l’accelerazione risultava sempre più faticosa. A tal riguardo, la nuova forma ovale dell’air scope, che segue la scuola Mercedes, garantisce il maggior raffreddamento delle componenti, permettendo lo snellimento di sidepods, pance e radiatori, in opposizione ad una carenza di efficienza dell’ala posteriore. Infatti, i sidepods risultano molto più spioventi e si allineano sempre con la filosofia Mercedes e quella Alpine, per quanto riguarda il downwash deputato ad indirizzare i flussi d’aria più verso il fondo e la zona dei diffusori, garantendo quel carico aerodinamico che si sarebbe perso con le modifiche al fondo. In questo modo Ferrari ha privilegiato l’efficienza del fondo a quella dell’ala posteriore, confermando la linea intrapresa l’anno passato, quando gli ingegneri hanno preferito intervenire sempre più sul fondo che sul retrotreno per recuperare downforce senza pagare dazio verso la resistenza all’avanzamento. Tuttavia, le voci di corridoio che troppe volte escono da Maranello ancora una volta hanno seminato i soliti dubbi riguardanti la scatola del cambio, un tormentone che dura dai tempi di Alonso e chissà per quanto ancora durerà. Quest’anno si è detto che la scatola del cambio subiva (come nel 2020, 2019, 2018…) preoccupanti deformazioni che andavano ad inficiare sul corretto allineamento delle ruote sul suolo, andando a creare carenze di aderenza degli pneumatici sotto l’azione dei carichi del gruppo sospensivo. Ovviamente, il lavoro riguardante il ridimensionamento della scatola del cambio non si è fermato ed è stato indirizzato verso la gestione delle alte temperature innescate dalle dimensioni compatte. Passando ad un altro ritornello che da un paio di anni risuona presso l’opinione pubblica italiana, Ferrari ha confermato il muso largo, risultando insieme ad Haas e Williams una strenua epigona di una filosofia ancora dura a morire. Nonostante l’ampio avantreno, il nuovo profilo della parte terminale del muso cerca di imitare l’assetto dato dal muso stretto, coadiuvato dal nuovo cape. Altre modifiche importanti hanno interessato le prese d’aria dei freni anteriori, il fondo e l’affinamento dei bargeboards nel centro-vettura. In conclusione, Ferrari ha dimostrato di voler subito rialzare la testa, dando prova di resilienza dopo un 2020 da dimenticare. Per ora i risultati sembrano essere incoraggianti, con dei test che hanno sicuramente lasciato diverse incognite in termini di passo gara e gestione delle gomme, ma hanno segnato un cambio di passo rispetto alla velocità sul dritto e l’affidabilità. Leclerc ha parlato di segnali promettenti e Sainz sembra riuscire adattarsi al meglio alla nuova squadra, completando 57 giri e dicendosi cauto rispetto a qualsiasi giudizio prestazionale. Quello che forse rappresenta lo snodo cruciale di questa annata è la buona correlazione tra i dati forniti dal simulatore e quelli dei test in Bahrain, un evento non così scontato, la cui mancata riuscita ha influenzato negativamente le passate annate della Ferrari. Per i tecnici ed i piloti del cavallino non resta che appurare la correlazione decisiva in termini di dati, quella tra simulatore e pista, nella speranza che sia la chiave di volta per una stagione diversa.